41-bis e Marco Travaglio: ‘Cospito mandò i dem a parlare con i boss’

Sul caso Cospito la premier è categorica. “Serve chiarezza, Cospito è un anarchico condannato per strage, perché ha sparato alle gambe di un dirigente di Ansaldo nucleare. Finisce al 41 bis perché inviava dal carcere messaggi in cui diceva agli anarchici di continuare la lotta”.  “Dal 41 bis fa lo sciopero della fame perché rifiuta l’istituto- continua – nel ’91 già decise di fare lo sciopero della fame e fu graziato, è uscito dal carcere per sparare a della gente. Non stiamo quindi parlando di una vittima, forse ritiene che rifare lo sciopero della fame” potrebbe avere gli stessi effetti. “Gli anarchici ora minacciano lo Stato italiano”, dice Meloni. “La domanda è: lo Stato minacciato da chi dice di togliere il 41 bis altrimenti vi facciamo saltare in aria può indietreggiare o no?”. “Lo Stato non tratta con la mafia e non tratta con il terrorismo”, sottolinea. “Sul tema mi ha colpito – conclude – il silenzio di fronte alle minacce ricevute”. “Se stabilissi il principio – ha detto ancora Meloni – che chiunque sta al 41 bis fa lo sciopero della fame e io lo tolgo dal 41 bis, noi – ha continuato – domani quanti mafiosi avremmo che fanno lo sciopero della fame? E se non tiriamo fuori quei mafiosi che fanno lo sciopero della fame al 41 bis altrimenti ci fanno saltare le macchine, quante macchine salterebbero?”.

Le quattro celle sono l’una accanto alle altre: Alfredo Cospito, Francesco Di Maio, Francesco Presta, Pietro Rampulla. Rispettivamente, terrorista anarchico, boss dei Casalesi, killer di ‘ndrangheta e “artificiere” di mafia. Tutti e quattro scontano il carcere di Sassari in regime di 41-bis. Stando a quanto scrive il Fatto Quotidiano la delegazione del Pd – Debora Serracchiani, Andrea Orlando, Walter Verini e Silvio Lai – giunta nell’istituto di pena per accertarsi delle condizioni di salute di Cospito,  in sciopero della fame dal 20 ottobre scorso, si sarebbe intrattenuta anche con gli tre detenuti. Tutto lecito, ci mancherebbe.

Quel che tuttavia stupisce è il fatto che abbiano deciso di farlo solo dopo che l’anarchico l’aveva posta come condizione per rispondere alle loro domande. «So che siete venuti per me, ma prima dovete parlare con loro», è il virgolettato del giornale diretto da Marco Travaglio. E già questo è a dir poco irrituale, per non dire altro, perché le visite dei parlamentari in carcere osservano protocolli rigidi e regole stringenti. Non è, per intenderci, come andare a trovare un amico. Verini conferma il resoconto del Fatto, seppur tendendo a minimizzarne l’impatto. «Ma non abbiamo mica obbedito a Cospito – si difende -: l’avremmo fatto comunque, anche se non ce l’avesse chiesto».

Ma l’ambiguità della delegazione del Pd raggiunge vette inimmaginabili quando – scrive sempre il Fatto – Cospito «mette in chiaro, davanti a loro, che il suo sciopero della fame non ha il solo scopo di far revocare il carcere duro, ma quello di ottenerne l’abolizione per tutti, compresi i vicini mafiosi».

E soprattutto perché, nonostante avessero conosciuto dalla viva voce dell’anarco-terrorista le reali finalità del suo ricatto, abbiano continuato a sostenerne le pretese trincerandosi dietro la “questione umanitaria” legata alle sue condizioni di salute? Solo l’altro ieri un tweet dell’ex-guardasigilli Orlando guardasigilli, lo stesso della delegazione, caldeggiava la revoca del 41-bis a Cospito «proprio in ossequio allo stato di diritto». E il giorno prima era stata la volta di Giuseppe Provenzano, un altro ex-ministro. Ma ora, alla luce delle clamorose rivelazioni del Fatto Quotidiano, tutto cambia. E tutto assume l’amaro retrogusto dell’ambiguità. Per altro su un tema, quello del contrasto a mafiosi e a terroristi, che ambiguità non ammette. Né ora né mai.

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