Fra meno di due mesi scadono le concessioni per lo SPID, già prorogate da dicembre. Cosa cambierà? Quando arriverà l’app unica nazionale annunciata dal Governo?
Ad aprile 2023 calerà il sipario sul sistema dello SPID così come l’abbiamo conosciuto finora. Addirittura potrebbe scomparire, per fare spazio alla cosiddetta Identità Digitale Nazionale. Fra due mesi scadranno infatti le convenzioni per la gestione del Sistema Pubblico di Identità Digitale, prorogate d’ufficio dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) dopo la deadline originaria stabilita a fine 2022 (ne avevamo parlato anche qui).
Che fine farà lo SPID?
In assenza di un ulteriore accordo, il 22 aprile diremo dunque addio allo SPID. Il progetto del Governo Meloni, già annunciato a dicembre, è l’introduzione di una nuova Identità Digitale Unica Nazionale, gestita dallo Stato. In altre parole, unire lo SPID alla CIE (Carta d’identità elettronica) per dar vita a un’unica applicazione da utilizzare per l’accesso ai servizi pubblici online.
Proprio a dicembre il sottosegretario con delega all’Innovazione, Alessio Butti, aveva manifestato l’intenzione di chiudere definitivamente il sistema SPID, ritenuto poco versatile perché gestito da aziende private. La volontà è quella di offrire un’applicazione come SPID, ma che sia nazionale. Nella riunione svoltasi con AGID, la posizione di Assocertificatori ha registrato il sostegno anche del 5% dei servizi digitali come SPID, PEC e firma elettronica che non prende parte all’associazione. Tra i soci figurano Aruba, Infocert e Poste Italiane, che da sola conta il 76% dei profili SPID rilasciati.
“Vista la criticità rappresentata dal servizio, siamo disposti ad accettare un’ulteriore proroga di alcuni mesi. A patto però che ci sia la volontà politica di affrontare il problema della sostenibilità economica del sistema. Siamo disponibili a collaborare per definire insieme una strategia”, ha affermato il presidente di Assocertificatori, Carmine Auletta.
Una nuova Identità Digitale unica: quando arriverà
Tra i servizi di autenticazione digitale, lo SPID è il più utilizzato a livello europeo. Impensabile, dunque, eliminare il meccanismo dell’identità digitale, come ha anche sottolineato lo stesso Butti. Lo scopo finale è renderla unica, nazionale e gestita dallo Stato. Per quattro motivi fondamentali:
semplificare la vita digitale dei cittadini;
aumentare la sicurezza;
rendere più accessibili i servizi digitali;
tagliare le spese pubbliche.
Entro marzo il Governo vorrebbe mettere a bando la gara per la nuova app unificata. Prima si dovrà però passare da un tavolo tecnico, con gli esperti che nutrono già dubbi pratici sulla sicurezza come il collegamento del profilo a una carta fisica (come attualmente previsto dal sistema CIE). Al momento il Dipartimento per la Trasformazione Digitale n on ha confermato né smentito.
Il problema dei costi
Il 20 febbraio le aziende hanno ribadito le loro richieste in un incontro col direttore generale di AGID, Francesco Paorici, riassumendo la loro posizione in una lettera indirizzata ad Alessandro Musumeci, capo della segreteria tecnica del sottosegretario all’Innovazione. Il problema principale emerso riguarda i costi di gestione dei servizi di assistenza agli oltre 33 milioni di cittadini e alle 12mila Pubbliche Amministrazioni che hanno adottato il sistema. Costi troppo alti, per di più non coadiuvati (con riferimento diretto al Governo) da un meccanismo che spinga i privati ad adottare lo SPID e quindi a promuovere entrate per le aziende che gestiscono il servizio.
L’idea alla base della nascita dello SPID, otto anni fa, era quella di offrire un servizio gratuito a cittadini e Pubbliche Amministrazioni, da finanziare coi flussi di cassa dei provider che avrebbero dovuto essere ripagati dalle transazioni dei privati. Nel frattempo però l’Esecutivo non ha creato le condizioni per raggiungere l’obiettivo. Nella lettera al sottosegretario Butti, i gestori chiedono dunque un fondo ad hoc per coprire i costi del servizio e gli investimenti in innovazione.
Assocertificatori sottolinea come nel 2022 le autenticazioni abbiano raggiunto quota un miliardo e realtà come l’INPS hanno risparmiato decine di milioni di euro grazie allo SPID. Una somma ingente, di cui i gestori non hanno però percepito neanche una piccola frazione. Nel 2022 l’AGID aveva proposto l’erogazione una tantum di un milione di euro da ripartire tra tutti. Che sarebbe stata comunque insufficiente. Il vero ostacolo da superare per il prossimo accordo sarà proprio questo.
Cosa sono SPID e CIE: quali differenze
Come si legge sul portale online del Governo, lo SPID rappresenta “la chiave di accesso semplice, veloce e sicura ai servizi digitali delle amministrazioni locali e centrali”. Esso permette di usufruire dei servizi sul web della Pubblica Amministrazione per effettuare pagamenti, iscrizioni o accedere a bonus e agevolazioni. La sua erogazione avviene attraverso vari “identity provider” accreditati (qui abbiamo spiegato come ottenerlo).
Ad oggi questi provider sono nove:
Aruba Pec;
In.Te.Sa;
InfoCert;
Lepida;
Namirial;
Poste italiane;
Register;
Sielte;
TI Trust Technologies.
I cittadini possono quindi scegliere a chi rivolgersi e, attraverso lo SPID, utilizzando sempre la stessa password e lo stesso nome utente, accedere con qualsiasi dispositivo a tutti i servizi della PA abilitati.
Qui abbiamo parlato dello SPID per i minorenni.
La CIE, invece, non è altro che l’evoluzione della carta d’identità cartacea. Ha le dimensioni standard di una carta di credito e possiede due microchip contenenti i dati personali del titolare e le informazioni per l’autenticazione online. Anche questa può quindi essere utilizzata per l’accesso ai servizi sul web delle Pubbliche Amministrazioni. E oltre ad accertare l’identità del titolare, permette di firmare documenti digitali attraverso la Firma Elettronica Avanzata (FEA).
Come già accennato, lo Spid viene rilasciato dai cosiddetti “gestori di identità digitale”, in gran parte aziende private che si occupano di gestire la raccolta dei dati degli utenti e il loro interscambio con la Pubblica amministrazione. Il costo varia a seconda da chi eroga il servizio. La CIE è invece gestita direttamente dai Comuni e dal Ministero dell’Interno. Da qui il riferimento del sottosegretario Butti alla carta “nazionale e gestita dallo Stato” (ne abbiamo parlato anche qui). Spedita direttamente a casa del cittadino utente dopo la richiesta all’ufficio Anagrafe, al costo di circa 20 euro.
L’autenticazione
Anche per quanto riguarda l’autenticazione online, i due servizi registrano delle differenze. Mentre l’accesso ai servizi via cellulare è abbastanza simile (si tratta di inserire codici o avvicinare la carta al dispositivo mobile), il procedimento via computer è completamente diverso: a differenza dello SPID che non lo richiede, la CIE necessita invece di un software dedicato e un lettore di smart card.
Per quanto riguarda la sicurezza, il Sistema Pubblico di Identità Digitale garantisce una soglia di primo e secondo livello. La Carta d’Identità Elettronica arriva invece al terzo livello, che è anche quello richiesto dagli standard fissati dall’Ue per l’identità digitale europea, che dovrebbe vedere la luce a partire dal 2025.