“Dreams – Le belle addormentate”: intervista al regista Giuseppe Convertini

Oggi alle ore 21 presso il Teatro Le Maschere di Roma ultima rappresentazione di “Dreams – Le belle addormentate”, scritto e diretto da Giuseppe Convertini con Caterina Carlucci, Rebecca Minafra e Maria Antonia Pagliara.
Lo spettacolo, inserito nel cartellone “Parole Appassionate”, si ispira all’opera pittorica: “Vièneme ‘Nzuonno-Scètame” di Pasquale Nero Galante.
“Siamo fatti anche noi della materia di cui sono fatti i sogni e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita.” Ci ricorda W. Shakespeare. Ma quando il sogno, il desiderio di una vita ci è negato, quando ci si domanda ma ‘o sole, o’sole mio addò stà? Il vuoto è tale che non ci rimane che rivolgersi al sonno e sussurrare disperatamente vieneme’nzuonno, sì, vieneme’nzuonno. E ricercare in quel sogno e il quel sonno quello che la vita ci ha negato. Allora il sonno totale e definitivo diventa l’illusione che sia l’unico ambito in cui il desiderio possa trovare soddisfazione. Non c’è più bisogno della vita.
Lo spettacolo che narra di un fatto realmente accaduto in Puglia negli anni ’50, è un atto unico toccante e commovente. Ne parlo con il regista Giuseppe Convertini che incontro per qualche domanda.

L’idea di questo lavoro teatrale nasce quando nella galleria Curva Pura di Roma vedi per la prima volta la mostra pittorica “Vièneme ‘Nzuonno Scètame” di Pasquale Nero Galante. Sei in rapporto stretto con le arti visive, immagino. Di esse cosa hai portato nel tuo nuovo spettacolo?
Conoscevo già da tempo l’artista e in quella occasione però, c’è stato qualcosa che mi ha colpito maggiormente. Queste donne sole, ritratte in spazi intimi chiusi, mi riportavano al mio vissuto pugliese: rivedevo mia madre, mia zia e le mie cugine.

“Dreams – belle addormentate”: chi sono oggi le belle addormentate per te?
Non credo che oggi ce ne siano ancora. Penso che queste “belle addormentate” facciano parte di un preciso momento storico sociale di provincia.

Le figure del tuo spettacolo sono donne complesse che dormono per sognare una realtà onirica più appagante della realtà materiale o sono semplici letargiche figure fiabesche?
Appartartengono alla prima categoria: donne che hanno scelto il sonno e quindi il sogno, piuttosto che la vita.

C’è un nesso con “La bella addormentata”, nota anche come “La bella addormentata nel bosco”, la celebre fiaba tradizionale europea?
Penso che inconsciamente tutto arrivi dalle fiabe, tenendo presente che esse derivano nella maggior parte dei casi da “Lu cuntu de li cunti”, ovvero una raccolta di 50 fiabe in lingua napoletana scritte da Giambattista Basile.

La pièce è ambientata in una Puglia post bellica. Hai una relazione con questo posto o lo hai scelto per necessità narrative?
Per una strana coincidenza io e l’artista Pasquale Nero Galante arriviamo dalla stessa terra. Sull’ultima pagina del catalogo della mostra, Pasquale aveva scritto una dedica a Mimina, una ragazza realmente esistita a Carovigno nell’alto Salento negli anni ’50.
La sua vicenda destò molto clamore. E proprio su questa vicenda che prende vita la scrittura del testo dello spettacolo.

L’amore può mutare e far cambiare tante cose, sembra dire la sinossi del tuo lavoro . Per te è stato così?
L’amore può mutare tante cose, ma non sempre con accezione positiva.
In “DREAMS Belle addormentate” infatti raccontiamo una favola nera.

Ultima domanda. Come hai scelto le tre attrici che sono in scena?
Nello spettacolo c’era la necessità che le attrici dovessero esprimersi in dialetto pugliese e per questa ragioni, Caterina, Rebecca e Maria Antonia, sono tutte e tre pugliesi. Per il ruolo di Mimina cercavo una donna che potesse evocare la sua singolarità: Mimina era una donna diversa da tutte le altre, per aspetto fisico e per sensibilità. Per queste ragioni la scelta di questa “bella addormentata”, dipinta da Galante, è ricaduta su Maria Antonia.

Barbara Lalle

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