Il governo lavora alla riforma del reddito di cittadinanza, che potrebbe lasciare spazio alla Mia, ovvero la Misura di inclusione attiva, un sussidio più ‘leggero’ e di minore durata pensato per due tipologie di fruitori, occupabili o meno, con un assegno massimo di 500 euro al mese.
Da settimane, a quanto filtra, l’esecutivo starebbe lavorando ad un testo, per ora si tratterebbe solo di una bozza, per superare il Reddito, come previsto dall’ultima legge di bilancio che ha ridotto ad 8 mesi per il 2023 lo strumento di sostegno alle fasce sociali più svantaggiate in attesa di una revisione. Il Ministero del Lavoro potrebbe portare il decreto in Consiglio dei ministri già nelle prossime settimane, per poi avviare un dibattito in Parlamento per apportare eventuali correttivi. Le forze politiche di maggioranza, infatti, avrebbero espresso approcci simili ma non identici sui contenuti del provvedimento.
Dopo le indiscrezioni di stampa però il Mef precisa che, al momento, nessuna bozza sulla riforma del reddito di cittadinanza è all’esame degli uffici, nè mai è pervenuta la relazione tecnica indispensabile per qualsiasi valutazione.
Al momento circa 1,1 milioni di nuclei familiari percepiscono il Reddito, con un importo medio di 549 euro. La Mia potrebbe prevedere un sussidio di massimo 500 euro per coloro che sono considerati non occupabili, con una riduzione a 375 euro in caso di persone adatte a lavorare. In questa seconda categoria rientrerebbero anche i percettori di redditi da lavoro molto bassi, fino a 3mila euro annui. La durata dell’assegno sarebbe inferiore a quella attuale: 12 mesi in luogo di 18.
Dalla revisione dell’Rdc, varato nel 2019 con il primo governo di Giuseppe Conte, a maggioranza M5s-Lega, strumento portato avanti su proposta dei pentastellati, l’esecutivo di centrodestra punta a risparmiare a pieno regime tra 2 e 3 miliardi di euro annui da reinvestire nelle politiche attive del lavoro, versante su cui il reddito ha dimostrato finora lacune e limiti di intervento.
“Il Mia nasce dalla volontà di risolvere il tema delle politiche attive e di spostare quello che oggi è un sussidio sul tema della politica attiva. Quindi, ovviamente, non è una retromarcia. Si era detto che si sarebbe cambiato il Reddito di cittadinanza”, afferma Federico Freni, sottosegretario all’Economia.
“Si era detto che si sarebbe immaginata una misura che avrebbe consentito a chi non può lavorare – aggiunge – di essere sostenuto e a chi non vuole lavorare di dover lavorare per forza, se la vuole. E questo si sta facendo. Con il Mia ci sarà, entro certi limiti, la concorrenza tra lavoro e Reddito di cittadinanza”.
Il testo in preparazione prevederebbe anche il coinvolgimento delle agenzie privare per il lavoro e la presenza di maggiori controlli per evitare le truffe verificatesi in questi anni nella fruizione del Rdc.
Come deciso con la manovra, scrive il Corriere della Sera, verranno divisi in due platee: famiglie povere senza persone occupabili e famiglie con occupabili. Le prime sono quelle dove c’è almeno un minorenne o un anziano over 60 o un disabile. Le seconde quelle dove non ci sono queste situazioni ma almeno un soggetto tra 18 e 60 anni d’età. In sostanza, gli occupabili (stimati in 300 mila nuclei monofamiliari più 100 mila nuclei con più membri), che beneficiano dell’attuale Reddito al massimo per 7 mesi nel 2023 e comunque non oltre il 31 dicembre, scaduta la prestazione potranno presentare la domanda per la Mia: che però, per loro, sarà meno generosa e avrà una durata inferiore rispetto al Reddito di cittadinanza e anche alla Mia di cui beneficeranno le famiglie senza persone occupabili.
Per quanto riguarda gli importi si prevede che le famiglie povere continueranno a ricevere un sussidio, cioè Mia, il cui importo base (per un single) dovrebbe restare di 500 euro al mese, come nel Reddito. Si sta invece ancora ragionando sulla quota aggiuntiva nel caso in cui il beneficiario debba pagare l’affitto. Il Reddito prevede fino a 280 euro al mese. Ma la stretta maggiore colpirà gli occupabili. Qui l’ipotesi che ha più chance è quella che vede l’assegno base ridotto a 375 euro.