“Da quando il governo ha annunciato pene severissime contro i trafficanti di vite umane i viaggi e gli sbarchi sono triplicati.
“Non una parola – affermano Foti e Malan – contro i mafiosi che mettono a repentaglio centinaia di vite umane per soldi, che fanno morire annegate le persone legandole al timone di una barca che affonda, che si fanno pagare migliaia di euro per un viaggio su una carretta, che minacciano i passeggeri intimando loro di non fornire elementi sugli scafisti.
Noi no. Noi non indietreggiamo mai di fronte alla mafia. Non indietreggiamo di fronte ai mercanti di uomini, e neanche di fronte ai loro – concludono Foti e Malan – consapevoli o meno, utili idioti”.
Il numero di sbarchi ha toccato punte record in questi giorni: a Lampedusa l’8 marzo si è avuto il record di sbarchi (ben 41) nonostante il meteo registrasse il mare di Sicilia tra mosso e molto mosso. Da aggiungere che i migranti vengono indirizzati da organizzazioni criminali che gestiscono in modo cinicamente manageriale i viaggi della disperazione.
“Un importante giornale anticipa notizie di un rapporto dei servizi segreti italiani che parlano di circa 700mila clandestini pronti a partire dalla Libia verso l’Italia. Devo immaginare che la notizia sia fondata, dall’autorevolezza sia della fonte istituzionale che del giornale che la diffonde. Sarebbe un’emergenza tragica. L’Italia non è certamente in grado di fronteggiare un’invasione di questa dimensione”. Lo dichiara il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (FI) .
“Il governo – dice Gasparri – ha il dovere, se in possesso di queste notizie, di attivare tutte le autorità internazionali. Non basta più nemmeno l’Ue ma bisogna salire di livello, perché non possiamo subire passivamente un’invasione di queste dimensioni. Di cui peraltro già si vedono le avvisaglie con i migliaia e migliaia di sbarchi in questi giorni. Il centrodestra è al governo per garantire, accanto alla solidarietà possibile, la sicurezza necessaria dell’Italia e dell’Europa. Abbiamo detto, a 360 gradi: ‘Basta sbarchi, blocchiamo gli scafisti’. Occorre quindi una ulteriore e ancora più decisa iniziativa italiana nelle sedi europee e globali per affrontare questa emergenza. Se quanto viene attribuito ai nostri servizi segreti avesse un fondamento saremo di fronte a una situazione tragica, che non può certo essere affrontata solo dalla Guardia Costiera italiana, dai nostri amministratori locali, dalle nostre strutture nazionali, pubbliche o del volontariato. Agire con immediatezza per bloccare il pericolo di un’autentica invasione”, conclude.
“La presenza del governo nella sua totalità a Cutro era un segnale che andava dato, innanzitutto per rispetto delle vittime”. Lo evidenzia il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Che giudica surreali le polemiche delle opposizioni: “Rispetto alle proteste invece mi lasci precisare che io c’ero giovedì non mi pareva che fossero così prevalenti. Ho visto molti cittadini apprezzare la nostra presenza in Calabria. È surreale invece la narrazione delle opposizioni che pare abbiano più interesse a combattere il governo che i trafficanti. Tra loro in molti sembrano sostenere che il governo abbia agito colposamente, o peggio, dolosamente per favorire la disgrazia, e questo è davvero inaccettabile“.
Inaccettabile tanto più quando si va sempre più delineando il contesto nel quale il naufragio è avvenuto, provocando un numero molto alto di vittime, tra cui oltre trenta bambini. I contorni del quadro si fanno più netti grazie alle testimonianze dei sopravvissuti. I superstiti hanno raccontato agli inquirenti la condotta criminale degli scafisti.
“Appena giunta vicino alla spiaggia italiana, nel tardo pomeriggio del 25 febbraio, uno scafista turco ci ha detto che eravamo giunti in Italia e che potevamo salire sopra coperta per pochi minuti – inizia così il racconto di una superstite del naufragio dello scorso 26 febbraio, ascoltata lo scorso primo marzo dagli investigatori che indagano sulla tragedia. Abbiamo fatto pure un piccolo video inneggiando alla fine del viaggio anche se non riuscivamo a vedere la costa.
Nonostante ciò l’imbarcazione spegneva il motore senza pertanto navigare verso costa. In quel momento” uno dei due scafisti “faceva dei video con il proprio telefono cellulare inneggiando a un trafficante asserendo che i suoi migranti erano giunti in Italia”.
“Avete chiesto perché l’imbarcazione non raggiungeva la costa?”, chiede l’inquirente alla donna. Risposta: “Lo abbiamo chiesto ma questi non rispondevano. Intanto il mare diveniva sempre più agitato e uno degli scafisti turchi ci mostrava una mappa sul cellulare cercando di tranquillizzarci e dicendoci che eravamo ormai vicini all’Italia”. “Nonostante ciò noi migranti ci stavamo un po’ agitando perché non comprendevamo il motivo per cui si stava esitando a raggiungere la costa – prosegue la superstite – Peraltro noi non potevamo nemmeno telefonare ai soccorsi perché i membri dell’equipaggio erano dotati di un sistema elettronico che bloccava le linee telefoniche. Gli scafisti invece erano dotati di una ricetrasmittente satellitare ma non chiamavano i soccorsi, peraltro gli scafisti avevano anche invertito la rotta allontanandosi”. In questa fase gli scafisti “scendevano sottocoperta a dirci di non denunciarli alla Polizia in caso di controllo ma di riferire che erano migranti come noi”.
“A un certo punto – è un altro dei racconti raccolti dagli inquirenti – io ho visto delle luci provenienti dalla spiaggia, in quel momento la barca stava navigando ad alta velocità per poi virare repentinamente. Subito dopo questa manovra l’imbarcazione si capovolgeva spezzandosi e imbarcando acqua. A questo punto è scoppiato il panico e ho appreso da altri migranti che gli scafisti erano fuggiti via con un gommone”.
Nonostante gli annunci e il trasloco eccezionale del consiglio dei ministri a Cutro, in Calabria, il governo Meloni ha partorito un decreto che non cambierà quasi nulla per rafforzare i canali di ingresso regolari degli immigrati in Italia. E soprattutto non cambierà quasi nulla per l’ingresso dei lavoratori stranieri. Cosa che gli imprenditori chiedono con una certa insistenza.
Oltre all’inasprimento delle pene per i trafficanti, nel provvedimento approvato a Cutro si parla di un nuovo decreto flussi, cioè la legge annuale che permette l’ingresso in Italia ad alcune categorie di lavoratori stranieri, con validità triennale e non più annuale.
Ci sarà quindi un primo decreto flussi per una quota massima di ingressi di circa 83mila persone (44mila riservate agli ingressi per motivi di lavoro stagionale) le cui domande partiranno il 27 marzo. A questo si dovrebbero aggiungere poi altri ingressi per soddisfare il bisogno di manodopera straniera richiesto dalle aziende.
La misura stabilisce le quote in ingresso per lavoro dei cittadini stranieri, per nazionalità e per settori di occupazione. L’ultimo decreto, per esempio, prevede ingressi solo per autotrasporto, edilizia e turistico-alberghiero, nonché meccanica, telecomunicazioni, alimentare e cantieristica navale. Un canale, dunque, riservato solo all’immigrazione economica e lavorativa.
La quota esatta per il 2023 è di 82.705 immigrati. È il numero più alto degli ultimi dieci anni, ma 24.105 devono arrivare da una lista di 33 Paesi, 14 dei quali con gli arrivi dai barconi non c’entrano nulla (come Giappone, Corea del Sud, Guatemala). Solo 6mila gli ingressi previsti per i non stagionali dai Paesi «con i quali nel corso dell’anno 2023 entrino in vigore accordi di cooperazione in materia migratoria».
Dall’introduzione (1998) a oggi, con il decreto flussi sono entrati 800mila lavoratori stranieri, escludendo gli stagionali.
A questi si devono aggiungere però ben 2 milioni di lavoratori che hanno invece usufruito delle cosiddette sanatorie. Cioè quelli che erano irregolari già presenti sul territorio italiano e che sono stati sanati, cioè regolarizzati. Stando ai numeri, dal 2002 in poi, la vera modalità di assunzione e stabilizzazione degli stranieri in Italia è stata affidata alle sanatorie periodiche.
Il datore di lavoro che vuole assumere un immigrato deve prima di tutto verificare presso un Centro per l’impiego che non vi sia un lavoratore già disponibile in Italia, una formalità che il governo Meloni ha trasformato in un obbligo.
L’intera procedura richiede che il lavoratore sia nel suo Paese d’origine.
Il problema poi è che, in base alla legge “Bossi-Fini”, possono entrare in Italia soltanto lavoratori stranieri che hanno già ricevuto un’offerta di lavoro da un’azienda. In pratica, il datore di lavoro deve far arrivare dall’estero il lavoratore già con un impegno all’assunzione, anche se non l’ha mai visto. Per un’azienda è difficile assumere persone “al buio”, così spesso succede che si regolarizzino persone che si trovano già in Italia e che lavorano in nero.
L’immigrato non regolare che il datore di lavoro vuole assumere deve tornare al suo Paese per ritirare il visto e poi ripresentarsi, con una perdita di tempo di almeno due mesi. Una finzione ripetuta ogni anno da 20 anni.
Ma se i lavoratori non rientrano in quei settori, senza sanatorie non c’è modo di assumere e mettere in regola una persona già presente in Italia ma senza documenti, con cui magari si ha già un rapporto di lavoro informale, come spesso accade nel lavoro di cura e domestico. Per colf e badanti, ad esempio, i flussi sono chiusi da 12 anni.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha ammesso che la Bossi-Fini va cambiata, ma la bozza del decreto-legge di Cutro non cambia la sostanza della “Bossi-Fini”.
Secondo Gianfranco Schiavone, esperto di diritto e membro di Asgi, Associazione studi giuridici per le migrazioni, quello che serve, per ridurre davvero i naufragi in mare e nello stesso tempo rispondere alla necessità italiana di lavoratori, è una riforma dei canali regolari di ingresso seria.
Nel 2022 su 105.140 sbarchi, più della metà dei migranti arriva da tre Paesi: Egitto, Tunisia e Bangladesh. Gli accordi vanno fatti proprio con quei Paesi dove c’è il maggior numero di partenze. I Paesi hanno tutto l’interesse a collaborare, perché potranno poi contare sulle rimesse dei loro giovani che lavoreranno con contratti regolari, e non sottopagati e in nero. La Banca Mondiale ha reso noto quanto ha incassato l’India dai suoi migranti nel 2022: 100 miliardi di dollari.
Questo avviene perché negli ultimi anni l’India ha fatto accordi con quei Paesi dove gli stipendi sono più alti: Singapore, Stati Uniti e Gran Bretagna. Ben altro rispetto al decreto flussi.