Mentre prosegue nel tira e molla con l’Unione europea relativamente ai fondi del PNRR ed all’approvazione del MES, il governo italiano si trova di fronte a un vecchio-nuovo nemico: lo spread, ossia la differenza di rendimento tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, che a suo tempo furono fatali al governo Berlusconi costretto a dimettersi per evitare il crack del paese sottoposto alla pressione speculativa. Un rischio che secondo alcuni osservatori rischia a breve di correre anche l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.
A preoccupare i mercati – i report delle agenzie di rating fungono da ‘consiglio’ agli investitori sui titoli da tenere e quelli di cui liberarsi – sono l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, la crescita definita “anemica” e i maggiori costi di finanziamento, spinti dalle scelte della BCE sull’aumento dei tassi di interesse perpetrati nelle ultime settimane e che probabilmente vedranno altri ritocchi in su a breve, con tutte le ricadute del caso su prestiti e mutui.
La BCE si prepara infatti ad un nuovo aumento dei tassi di interesse, nel contesto di una politica monetaria che resta restrittiva anche per la Federal Reserve americana, a fronte di un’inflazione che resta piuttosto elevata e, presumibilmente, tornerà a salire nei mesi a venire. Stando alle attese prevalenti, il Consiglio direttivo della BCE di inizio maggio dovrebbe procedere con un aumento dei tassi limitato in 25 punti base, confermando da un lato la necessità di nuovi aumenti, stante l’alta inflazione, dall’altra la prudenza innescata dalla instabilità finanziaria causata dalle crisi bancarie.
E’ questo il quadro emerso negli ultimi giorni da una serie di interventi di esponenti dell’Eurotower, che non si sono concentrati sul “se” aumenteranno i tassi di interesse – mossa data per scontata – ma hanno indicato “perchè” verrà aumentato il costo del denaro in UE.
Per Goldman Sachs la scelta da fare è chiara: tra i titoli di Stato italiani, i BTP, e quelli spagnoli, i Bonos, la banca statunitense consiglia ai suoi clienti di ridurre il rischio Italia.
Lo spread finora ha tenuto, ma ci sono segnali di un possibile cedimento – avverte Goldman Sachs – che suggerisce di “andare corti” sui BTP italiani, preferendo i titoli di Stato spagnoli, alla luce di un contesto macro “sfidante” e della politica monetaria restrittiva della BCE.
Gli esperti americani si attendono che lo spread tra i BTP e il Bund salga a 235 punti base entro la fine dell’anno, con i primi messi sotto pressione dall’accelerazione del Quantitative Tightening (QT) a giugno e dagli ulteriori rialzi dei tassi da parte della Banca centrale europea. Inoltre, secondo Goldman Sachs una cattiva attuazione del PNRR peserà sulle già fiacche previsioni di crescita del Prodotto nazionale lordo.
In questo contesto, “raccomandiamo di essere corti sui BTP a 10 anni rispetto ai Bonos, in vista di un’accelerazione del QT della BCE a partire da giugno. Riteniamo che questa struttura riduca il costo per “shortare” i BTP e sia in grado di beneficiare della sovraperformance spagnola, grazie alle migliori prospettive di crescita e ai solidi progressi rispetto agli obiettivi di finanziamento”.
Anche Moody’s ha evidenziato le criticità rispetto all’Italia. L’agenzia newyorkese ricorda infatti, a pagina 8 del suo ultimo rapporto, quanto sia precaria la situazione italiana con due grafici, uno su disavanzo e debito pubblico e uno sulla crescita del Pil, per definire una situazione che rischia di deragliare. Netto il giudizio: “L’Italia è attualmente l’unico Paese sovrano con rating Baa3 e outlook negativo”.
Qualcuno, come il sito Dagospia, si spinge a dire che in queste condizioni si rischia una riedizione del 2011, quendo il governo Berlusconi fu sostanzialmente obbligato a dimettersi dal rialzo dello spread fino a rischiare che il paese si ritrovasse letteralmente con le casse vuote. Al momento gli indicatori non dicono questo, visto che sembra prevalere una certa prudenza da parte degli investitori. Tuttavia il consiglio a puntare sulla Spagna invece che sull’Italia è un pericolo tangibile, che potrebbe presentare il conto nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. E allora sì che per l’esecutivo, oltre che per il paese, potrebbe risultare difficile tenere il punto anche su temi in qualche modo identitari come la ratifica, se non il ricorso, all’odiato MES.