Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, respinge al mittente le accuse dell’opposizione, secondo cui il governo con il decreto lavoro avrebbe incrementato la precarietà. Le misure, invece, chiarisce l’esponente del governo, servono ad abbattere i contenziosi, affidando la definizione delle causali per i contratti a termine alla contrattazione collettiva. Dunque, “il problema dove sta?”, chiede il ministro, sottolineando non vedere le ragioni per “tutta questa polemica”.
“L’intervento fatto nel dl è un intervento che elimina le causali di difficile approvazione e che possono generare contenzioso”, ha detto il ministro, intervenendo a Radio24, dove ha anche ricordato che il provvedimento affida ai contratti nazionali e territoriali , “e quindi coinvolgendo le parti sociali”, la definizione delle causali. Inoltre, prosegue, “c’è la clausola che dice che nel caso non ci sia in questo momento una previsione da parte del contratto nazionale si dà alle parti la possibilità di prorogare per una finestra temporale limitata, in attesa della contrattazione, con un richiamo alle ragioni tecniche e produttive legate all’attività delle aziende”. Dunque, “non vedo tutta questa polemica rispetto alla precarietà”, ha sottolineato Calderone, ricordando che la proroga scadrà al 30 aprile 2024.
”Se guardiamo realisticamente ai numeri il problema delle causali è un problema confinato al 2,5% dei contratti a termine visto che più del 97% durano meno di 12 mesi. E questo perché il dl Dignità applica le causali per quelli che vanno dai 12 ai 24 mesi. Oggi dunque – ha ricordato il ministro – per un rapporto a termine entro i 12 mesi si sottoscrivono contratti senza causale. Allora dove sta il problema? E perché questo problema non viene posto in questa accezione: cioè il fatto di aver prodotto un percorso per cui alcuni contratti sono di breve durata?”. “Non è un tema che impensierisce. C’è un dinamismo, vanno rinnovati i contratti, credo sia uno strumento per incentivare una nuova stagione di accordi. Vorrei avere strumenti di facile applicazione. Dove c’è una necessità temporanea per motivi organizzativi e produttivi è giusto che le aziende possano fare contratti a termine”. La precarietà d’altra parte, ha concluso il ministro, “nasce anche da abuso di una certa forma contrattuale, dal voler stressare una norma”. “Quello che invece cerchiamo di fare – ha chiarito – è individuare una norma che sia ben assestata e che attribuisca le responsabilità ai soggetti che definiscono anche i percorsi di contrattazione. E questo stante il fatto che noi guardiamo al contratto a tempo indeterminato”.
Poche parole e fatti oggettivi: soldi in più che i lavoratori si ritroveranno in busta paga: il ministro Giorgetti risponde alle polemiche intavolate da sinistra e sindacati prima, durante e dopo la discussione e l’approvazione del Dl lavoro, approvato in Cdm. Il decreto legge lavoro, ribadisce il titolare del dicastero dell’economia, «è la risposta concreta alle chiacchiere». Speculazioni e pretesti cavalcati soprattutto dalla Cgil di Landini, al tavolo della consultazione come in piazza, che non interrompono il cammino intrapreso dal governo di centrodestra. E che, afferma Giorgetti in queste ore, va avanti con decisione: «Continuiamo sulla strada responsabile della crescita – ribadisce infatti il ministro – concentrandoci sulle emergenze sociali».
Giorgetti non commenta le polemiche, ma enumera i fatti. «Il taglio del cuneo contributivo in busta paga, che arriva fino al 7%, produrrà un aumento nella busta paga dei dipendenti stimato, nel periodo luglio-dicembre, fino a 100 euro mensili di media», sottolinea il ministro, precisando a chiare lettere come e perché il «decreto legge lavoro è un aiuto reale contro il carovita». Chiarendo sul punto, approcci e metodo seguiti dal governo in carica: «Investiamo sui lavoratori e sulle famiglie», soggetti deboli che pandemia, crisi occupazionale, economia e recessione hanno fin qui messo a dura prova.
E allora, «circa 4 miliardi di euro vengono destinati, nel periodo compreso tra il 1 luglio e il 31 dicembre 2023, all’incremento di 4 punti percentuali del taglio del cuneo fiscale per i dipendenti rispetto a quanto già previsto in legge di bilancio», spiega Giorgetti. Non solo. Entrando nel merito del provvedimento, il ministro spiega che la misura appena varata contiene uno «sgravio contributivo, tutto a beneficio dei lavoratori. Viene quindi elevato dal 3% al 7% per i redditi fino a 25 mila euro. Mentre viene innalzato dal 2% al 6% per i redditi fino a 35 mila».
Il decreto legge lavoro inoltre «prevede 142 milioni nel 2023 per innalzare fino a 3 mila euro la soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit aziendali per tutti i lavoratori dipendenti con figli minori. Si tratta di una misura che punta, come ribadito, a sostenere le famiglie limitando l’impatto dell’inflazione sui redditi», aggiunge Giorgetti. Che poi argomenta sul punto, chiarendo che con il provvedimento «è stato inoltre approvato dal governo un pacchetto di misure per il lavoro che attivano la riforma del reddito di cittadinanza e incentivano all’assunzione». La misura, peraltro, prevede anche «il rifinanziamento del fondo per riduzione della pressione fiscale prevista dalla scorsa legge di bilancio».
È incredibile come possano esserci polemiche dopo un provvedimento che ha messo soldi in più nelle tasche degli italiani. Abbiamo raddoppiato e triplicato il taglio al cuneo fiscale. Per noi questa è la priorità». Aggiungendo – se gli argomenti e i numeri esposti non dovessero bastare – in conclusione: «Lo spread è diminuito. Abbiamo i conti a posto. Oggi abbiamo dato un grande sconto fiscale soprattutto ai lavoratoridipendenti più in difficoltà. Spiace per la sinistra, ma con noi al governo va tutto bene».