L’improvviso attacco del ministro dell’Interno Gérald Darmanin a Giorgia Meloni per la gestione dei migranti ha creato un vero e proprio incidente diplomatico, che ha scosso fortemente i già precari rapporti tra Italia e Francia, come testimoniato dalla decisione del ministro degli Esteri Tajani di annullare il bilaterale di Parigi.
A Darmamin, protagonista dell’infelice sortita contro Giorgia Meloni e il suo governo, sfuggiva che due anni fa, Francia e Italia firmarono il Trattato del Quirinale. Il premier Mario Draghi e il presidente francese, Emmanuel Macron, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, stabilirono una cooperazione bilaterale rafforzata. Veniva stabilito, tra l’altro, ‘l’istituzione di un servizio civile italo-francese e creiamo un’unità operativa condivisa a sostegno delle forze dell’ordine. Per promuovere le relazioni tra regioni di confine, prevediamo un comitato di cooperazione transfrontaliera. In ambito migratorio, riconosciamo la necessità di una politica di gestione dei flussi e d’asilo condivisa a livello europeo, basata sui principi di responsabilità e solidarietà. Ci impegniamo a tutelare i nostri sistemi agricoli e riconoscere le loro unicità. Diamo il via a nuove forme di cooperazione in ambito energetico e tecnologico, nella ricerca e nell’innovazione. Stabiliamo un meccanismo per cui, almeno una volta ogni trimestre, un ministro italiano parteciperà a un Consiglio dei ministri del governo francese, e viceversa…’.
L’infelice sortita di Darmanin ha creato imbarazzo nei suoi colleghi di governo. Da qui la corsa a metterci una pezza. Il primo a parlare è stato il portavoce del governo francese, Olivier Véran, assicurando ai microfoni di CNews che ‘non c’era nessuna volontà di ostracizzare l’Italia in alcun modo’.
Dopo di lui è toccato al ministro delle Finanze Gabriel Attal esprimere la certezza che ‘questo incidente sarà molto presto dietro di noi, perché la Francia ha troppo bisogno dell’Italia e l’Italia ha troppo bisogno della Francia su tutti i temi, e singolarmente, sulla questione dell’immigrazione’.
Molto critico il ministro Raffaele Fitto, di Fratelli d’Italia. ‘Devo dire che è stata una vera e propria caduta di stile. Ed è anche molto grave e fuori luogo che per coprire tensioni interne si possano utilizzare polemiche esterne. Penso che non aiuti né l’Italia né la Francia, né l’Europa che un ministro possa immaginare un attacco frontale così sguaiato’.
Il ministro Tajani è chiaro: ‘Ci sono atteggiamenti che non possono essere accettati. Non posso permettere che la mia nazione venga offesa. Mi pare che ci sia stata una presa di distanza da parte del ministro degli Esteri e anche del governo francese. Ma il problema dell’offesa e dell’insulto gratuito rimane, è stata una sorta di pugnalata alla schiena’. Tajani, infine, riprende Darmanin per aver definito di ‘estrema destra’ il governo Meloni: ‘Non lo siamo un governo. Alcuni toni si possono risparmiare e mi auguro che siano solo le parole di un ministro in campagna elettorale. Noi non abbiamo nessuna voglia di interrompere le relazioni con la Francia’.
Fra Italia e Francia non ci sono solo rivalità: al di là delle offese e della tensione ci sono anche rapporti economici e finanziari miliardari. Alzare i toni dello scontro può essere rischioso.
Nella maggior parte dei casi gli italiani e i francesi hanno trovato modo di litigare per la gestione dei flussi migratori, ma non sono mancate, da ambo le parti, anche variazioni sul tema come ingerenze nella politica dell’altro Paese, sgambetti commerciali e tentativi di aumentare il proprio prestigio in seno all’Unione europea a scapito dei cugini d’Oltralpe.
Le frizioni fra i due Paesi sono ormai un genere letterario. A ottobre scese direttamente in campo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in difesa del Bel Paese. E a novembre si innescò una polemica per la gestione della nave umanitaria Open Viking. Allora la polemica si chiuse con un compromesso: la Francia accolse i migranti della Open Viking, ma sospese il previsto accoglimento di 3.500 rifugiati. Questo solo per citare i casi più recenti.
Italia e Francia non sono solo partner politici all’interno dell’Unione europea, ma hanno anche rapporti economici e finanziari delicati e strategici.
Se alcuni politici si beccano, altri si mettono d’accordo: a inizio marzo il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha firmato una dichiarazione congiunta di politica industriale con Bruno Le Maire, ministro dell’Economia francese. La dichiarazione di intenti prevede ‘maggiore flessibilità nell’utilizzo dei fondi europei’ e ‘l’istituzione di un fondo sovrano a sostegno della capacità produttiva nei settori strategici’.
Uno dei dossier più delicati riguarda Tim e lo scorporo della rete. La fetta più ricca di Tim appartiene al gruppo francese Vivendi che, in qualità di azionista di maggioranza, ha potere decisionale. Vivendi punta a valutare offerte da almeno 30 miliardi, avendo rifiutato le offerte giunte finora che erano tutte sotto i 20 miliardi.
Italiani e francesi sono poi fra i partner europei del futuristico progetto dell’Agenzia Spaziale Europea finalizzato a creare connessioni internet via satellite.
C’è poi una spinosa questione relativa alla politica estera, ovvero la gestione del dossier Libia: il governo Meloni ha recentemente cercato un dialogo con il generale Khalifa Belqasim Haftar, dominus della Cirenaica, suscitando l’irritazione di Macron. Per gli interessi di Francia e Italia la Libia non rappresenta solo il possibile tappo ai flussi migratori, ma anche una terra ricca di petrolio e uranio. L’uranio fa gola ai francesi perché materiale essenziale per il funzionamento delle loro 56 centrali nucleari.
La locomotiva europea è, de facto, guidata da un asse franco-tedesco. Inimicarsi i francesi potrebbe avere ripercussioni politiche a livello comunitario. Il difficile obiettivo dell’Italia è dunque quello di difendere gli interessi nazionali mantenendo basso il livello delle frizioni con Parigi.