‘La segretaria Schlein ha pieno diritto di tentare di realizzare la piattaforma politico-culturale e programmatica con cui ha vinto il congresso. Noi, che abbiamo limpidamente avversato quella piattaforma, mettendo in evidenza il rischio di un regresso verso un antagonismo identitario incoerente con la natura stessa del Pd come partito a vocazione maggioritaria, abbiamo non solo il diritto, ma anche il dovere di far vivere, e di far percepire all’esterno del partito, una visione, una cultura politica e una proposta programmatica distinta e, per molti aspetti, alternativa a quella di Schlein’ scrivono in un intervento pubblicato su Repubblica.it Stefano Ceccanti, Enrico Morando e Giorgio Tonini.
Sono da evitare come la peste – aggiungono – sia le scissioni ad opera di minoranze sconfitte in regolari Congressi, sia le sollecitazioni ad accomodarsi fuori rivolte da maggioranze inconsapevoli ed arroganti a chi non condivide la linea politica e le scelte del leader pro-tempore. Schlein sembra tentata — in tema di riforme istituzionali — dal rifugiarsi nell’Aventino, con il fallace argomento che non si tratterebbe di questione prioritaria nell’agenda del Paese, tocca a noi riformisti un’aperta contestazione di una scelta che — contraddicendo una delle architravi della piattaforma del Pd e, prima ancora, dell’Ulivo del 1996 — finirebbe per trasferire gratuitamente alla destra un patrimonio di riformismo istituzionale costitutivo dell’identità stessa del Partito democratico.
Certo, Schlein può ignorare queste sollecitazioni della minoranza riformista e proseguire sulla sua strada. Sarà un peccato, perché per questa via il Pd potrà forse recuperare qualche punto percentuale a danno del M5S, ma non riuscirà a ridurre la distanza rispetto a Meloni sul terreno che conta davvero: la credibilità della proposta di governo. Il timore di non riuscire a modificare l’orientamento di Schlein non può tuttavia indurci al silenzio rassegnato della fase post-congressuale: c’è una larga parte dell’elettorato di centrosinistra che ha bisogno di un riferimento solido, e oggi non lo trova. I riformisti del Pd, con una visibile battaglia delle idee all’interno del partito, possono fornirglielo.
Prima tramortiti dal trionfo di Elly Schlein alle primarie, poi allarmati dal malpancismo dei moderati, gli orfani di Stefano Bonaccini hanno pensato bene di lanciare il guanto di sfida alla segretaria attraverso un appello pubblicato da Repubblica.
In poche parole, i tre accusano la Schlein di andare indietro piuttosto che avanti. Infatti, fatta salva la ribadita collocazione ‘atlantista ed europea’, del nuovo corso dem Ceccanti, Morando e Tonini apprezzano ben poco. A cominciare dal ventilato ‘Aventino’ sul tema delle riforme istituzionali, ‘con il fallace argomento che non si tratterebbe di questione prioritaria nell’agenda del Paese’. Un rischio, appunto. Perché, spiegano, ‘finirebbe per trasferire gratuitamente alla destra un patrimonio di riformismo istituzionale costitutivo dell’identità stessa del Partito democratico’. Su presidenzialismo e premierato, insomma, l’esortazione alla Schlein è di confrontarsi nel merito e non procedere per slogan e demonizzazioni.