Riparte, pur a rilento, il tavolo fra governo e parti sociali per parlare di riforma delle pensioni. Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha convocato i sindacati per discutere di previdenza, presso la sede del ministero, il prossimo 26 giugno. Si proverà a capire se ci sono margini per andare oltre la conferma delle misure già in atto, come fatto finora.
Le opzioni al vaglio
L’ipotesi più suggestiva ma anche quella meno probabile è che l’esecutivo possa contare su un tesoretto che va dagli 8 ai 10 miliardi così da poter superare almeno parzialmente la Legge Fornero, mettendo in atto una maxi riforma del sistema attraverso la soluzione caldeggiata in particolare dal centrodestra: estendere a ogni lavoratore la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica.
Non solo: potrebbe anche esserci margine per un balzo in avanti delle pensioni minime, tema sul quale Forza Italia è in pressing in scia alla necessità di mantenere quanto promesso da Berlusconi durante la campagna elettorale.
Il solito problema: le coperture
Se invece il Governo dovesse accontentarsi di una dotazione minore – tra 4 e 8 miliardi – ci sarà spazio solo per interventi mirati. In questo caso, ci si potrebbe limitare alla sola Quota 41 per tutti, che da sola costerebbe dai 4 ai 5 miliardi di euro, salutando Opzione donna
La terza opzione – quella che prevede risorse per meno di 4 miliardi è la più probabile: in questo caso, sarebbe decisamente ridotto il margine di manovra da parte dell’esecutivo che dovrebbe “congelare” Quota 41 e temporeggiare confermando Quota 103 per un anno in attesa di trovare la soluzione. E, soprattutto, le risorse necessarie. Spetterà all’Osservatorio sulla spesa previdenziale istituito lo scorso marzo presso il ministero del Lavoro con il compito di valutare “gli effetti di determinati provvedimenti in tema di esodi aziendali e ricambio generazionale”, mettere nero su bianco su quanti soldi si potrà contare per fare il “restyling” al sistema pensionistico a partire dal prossimo anno.
Proroga quota 103?
In base alle coperture, occorrerà trovare una soluzione che consenta il forme di pensionamento in linea con quanto avvenuto negli ultimi anni, senza appesantire eccessivamente i conti pubblici. L’ipotesi più probabile vede una rivisitazione della Quota 103, che oggi permette di andare in pensione a 64 anni con 41 anni di contributi. Probabile proroga anche per l’ApE Sociale, che pure scade a fine 2023.
Addio Opzione Donna?
Al termine del 2023 si esaurirà anche Opzione Donna, l’uscita anticipata con il ricalcolo contributivo dell’assegno, che con l’ultima legge di bilancio è stata limitata dal governo Meloni a un ristretto bacino di lavoratrici. Cgil, Cisl e Uil, così come anche le opposizioni, chiedono da mesi il ripristino dei requisiti in vigore nel 2022 (58 anni d’età, 59 per le lavoratrici autonome, e 35 di contributi). Il ritorno alle precedenti regole si scontra con il consueto nodo risorse. Più probabile un tramonto della misura.