“La più grossa opportunità di investimento per il nostro Paese è il Pnrr. Stanno sprecando i soldi. Hanno fatto fuori la Corte dei conti, ma resta l’ufficio di bilancio che ha certificato che su 33 miliardi da spendere quest’anno ne sono stati spesi 2, quasi tre.
Gli obiettivi necessari a sbloccare la terza rata – fa sapere il ministro responsabile del dossier, Raffaele Fitto – sono stati tutti raggiunti e il lavoro con Bruxelles prosegue solo su aspetti amministrativi. Incontri sono in programma anche con Celine Gauer che guida la task force Pnrr della Commissione Ue e che è arrivata a Roma dove oggi parteciperà ad un convegno dell’Anci proprio sull’attuazione del Pnrr. “Sulla terza rata – sottolinea Fitto – stiamo lavorando attraverso un confronto costante con la Commissione Ue, siamo in una fase in cui gli obiettivi da raggiungere erano 55 al 31 dicembre 2022, li abbiamo raggiunti, c’è una valutazione, ci sono aspetti di carattere tecnico e amministrativo che stanno vagliando”. Per Fitto il ritardo di cui si parla “è un dato oggettivo”, ma “una comparazione con altri Paesi Ue ci aiuta a capire che al momento solo 3 Paesi hanno chiesto la terza rata”. Ad averla richiesta sono solo Italia, Spagna e Grecia. Gli altri Paesi sono ancora alla prima o alla seconda.
“Il Pnrr va implementato senza tentennamenti ma nel modo giusto e nei prossimi giorni. Non nei prossimi mesi – ha detto il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi –. Siamo convinti e ottimisti che possiamo riuscirci. Noi insistiamo da moltissimo tempo sulla necessità di una operazione verità. Stiamo indebitando le prossime generazioni e non ha senso farlo per progetti che non contribuiscono alla crescita. Abbiamo fatto diversi richiami e proposte e riteniamo che i fondi debbano andare a progetti in grado di generare investimenti e crescita. E devono andare alle imprese che sono in grado di metterli a terra nella direzione, appunto, della crescita. E qui rientrano i progetti legati alla transizione digitale”. Ma, avverte il presidente di Confindustria: “Se dobbiamo progettare, realizzare, pagare e rendicontare tutto entro il 2026 è evidente che non riusciamo a farlo. E questo perché abbiamo un sistema di burocrazia che è molto complicato e molto lungo che frena la realizzazione delle infrastrutture. Ma nel Pnrr c’è la soluzione, ossia le riforme. Queste sono la parte più importante del piano. Sono importanti i fondi ma la parte principale sono le riforme che il nostro Paese attende da 35-40 anni. Noi vogliamo un Paese efficiente, moderno e inclusivo e quindi ci servono le riforme per andare a fare quelle opere che ci consentiranno di ridurre i gap che ci sono”.
Il confronto con Bruxelles
Dall’Unione europea, al momento, nessuna notizia sullo sblocco della terza rata, che da marzo continua a slittare. Vi sono, tuttavia, rassicurazioni sul fronte degli asili, obiettivo già slittato nei mesi scorsi. L’ipotesi circolata sulla stampa di un taglio dei fondi in arrivo perché verranno ampliate strutture vecchie e non saranno costruite ex novo, non troverebbe riscontro nelle regole europee. Bruxelles precisa che la creazione di 264mila nuovi posti per i servizi educativi e di assistenza alla prima infanzia da zero a sei anni (Obiettivo M4C1-18, indicativamente entro il quarto trimestre del 2025) “può avvenire attraverso la costruzione o la riqualificazione di asili nido, con l’obiettivo di aumentare i posti disponibili”. Ed è in corso il lavoro con il governo per assicurare il target.
Il piano b del Mef
Nonostante le rassicurazioni di Fitto, il ministero dell’Economia e delle Finanze starebbe già pensando a un “paracadute” nel caso del mancato incasso dei 19 miliardi di euro della terza rata del Pnrr e dello slittamento della quarta rata da 16 miliardi che – legata all’esito della trattativa in corso con Bruxelles per rinegoziare alcuni dei 27 obiettivi semestrali che non sono stati centrati entro la scadenza del 30 giugno – potrebbe arrivare addirittura l’anno prossimo. A dare l’indiscrezione e La Repubblica che identifica tale paracadute nel fare nuovo debito pubblico: “la soluzione a portata di mano – scrive il quotidiano – c’è: modificare il calendario delle emissioni previste per quest’anno, aumentando il valore già fissato all’interno di un intervallo importante, tra i 310 e i 320 miliardi. Ma allargare il perimetro significherebbe appesantire il fardello del debito”. Una soluzione alternativa per scongiurare nuovo debito – spiega La Repubblica – potrebbe affacciarsi nel caso in cui a ottobre emergesse la possibilità di incassare la quarta rata del Pnrr entro la fine dell’anno. In tal modo – ipotizza il quotidiano – sarebbe possibile “anticipare una parte delle emissioni già calendarizzate, senza così fare nuovo debito. Garantendosi un cuscinetto di cassa, che potrebbe essere impiegato nell’attesa di compensare l’esborso con i 16 miliardi del Piano di ripresa e resilienza, quando arriveranno”.