Il Governo Meloni affida la delicata questione del salario minimo al CNEL. Molti italiani non sanno cosa sia, altri pensavano che fosse stato abolito. Uno zombi delle nostre istituzioni, che non vive , non muore, con all’attivo una serie di progetti di legge per la sua soppressione: il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro e’ un ente inutile che è costato ai cittadini italiani più di un miliardo di euro dal giorno della sua istituzione. Ma la Presidente del Consiglio, il 12 agosto, durante la seduta del Consiglio dei ministri avente ad oggetto la discussione sul salario minimo, affida proprio al CNEL la stesura di una proposta complessiva da sottoporre ai partiti di maggioranza e di opposizione, alle parti sociali. Come in un celebre film ‘ il ritorno dei morti viventi, una sorta di miracolo della resurrezione. Tenete conto che il CNEL e’ in regime di prorogatio e i nuovi membri si devono ancora insediare . Ad ogni buon conto entro 60 giorni o saprà fare proposte adeguate che vanno al merito delle questioni o la percezione dei sindacati e delle rappresentanze delle imprese subiranno un nuovo contraccolpo. Le parti sociali dovranno in ogni caso farsi carico del problema salariale mettendoci del proprio. Sono due i punti principali su cui imprese e sindacati dovranno concentrare la propria attenzione: la definizione della rappresentanza( chi può contrattare e che cosa) e la struttura della contrattazione stessa. Riguardo a quest’ultima bisogna dare assolutamente concretezza alla cosiddetta contrattazione di secondo livello oltre al contratto nazionale di categoria, per poter redistribuire la ricchezza in modo corretto nei luoghi in cui viene prodotta, cioè nelle aziende. Ad oggi, la contrattazione aziendale la si trova applicata in un’impresa su cinque. Questo strumento se applicato contrasterebbe il lavoro povero e farebbe crescere i salari medi, non solo i minimi, aiuterebbe in modo sostenibile tutto il sistema produttivo. Poi c’è la questione della rappresentanza. Secondo l’OCSE i salari reali arretrano ormai dal 1990 e questo accade essenzialmente per tre motivi in particolare. Perché i contratti si rinnovano con moltissimo ritardo. Perché anche quelli firmati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative spuntano aumenti da fame. Infine perché i contratti sono tanti e spesso in concorrenza tra loro anche nello stesso settore. Poi ci sono migliaia di contratti sottoscritti da sigle del tutto sconosciute. Su quest’ultimo punto le parti sociale potrebbero decidere quale siano le organizzazioni rappresentative che possono sottoscrivere contratti con dei minimi prestabiliti, al di sotto dei quali nessun altro può trattare. Ci rendiamo conto che parliamo di obiettivi ambiziosi da raggiungere e realizzare e su cui le parti sociali si confrontano da più di un ventennio. Ma stavolta non potranno sottrarsi al loro dovere/ compito. Diversamente si andrà verso il caos con danni irreparabili per i lavoratori e le imprese. L’alternativa sarebbe una sorta di commissariamento delle parti sociali. Da parte politica l’istituzione di un salario minimo. Il Paese è stanco di aspettare e soprattutto di stare a guardare .
Andrea Viscardi