Elly Schlein e Pd: forte disagio nel partito, non solo il caso-Liguria e i riformisti

«È sempre un dispiacere quando qualcuno decide di andare via, dopodiché se noi ci rendiamo conto che qualcuno che possa non sentirsi a casa in un Pd che si batte per il salario minimo, per la scuola, per l’ambiente, per i diritti, per il lavoro di qualità, allora forse l’indirizzo era sbagliato prima». Elly Schlein, ospite della festa del Fatto quotidiano, rilancia sui temi della sua agenda e attacca coloro che (come i 31 dem liguri passati ad Azione) si sono chiamati fuori dal nuovo corso. Nel partito, però, intanto non mancano le discussioni. La minoranza riformista aveva messo in conto di aspettare le europee (e un eventuale risultato sotto il 20%) per tornare alla carica ma il flop dell’estate militante (nonostante l’intesa con le altre opposizioni sul salario minimo) ha fatto alzare il sopracciglio anche a esponenti dem a lei vicini.

Elly Schlein, grande sostenitrice del salario minimo, afferma che la misura in questione tutelerebbe i dipendenti. Evidentemente la segretaria dem non ha fatto i conti con la realtà e con le ripercussioni che questo sistema avrebbe sul mondo del lavoro italiano. Ecco perché la paga oraria minima non funziona.

In merito alla misura Elly Schlein ha affermato: “Su salario minimo continuiamo battaglia, favorisce consumi e concorrenza”. È proprio in tema di retribuzione che la paga oraria minima va a incidere soprattutto sugli effetti inflazionistici che la stessa avrebbe sul mercato. Infatti le imprese scaricherebbero i costi del lavoro sui consumatori finali disincentivandoli quindi ad acquistare prodotti più cari. Di conseguenza il salario minimo non favorisce i consumi, anzi, li riduce.

Il salario minimo rischia di oscurare la contrattazione collettiva. Infatti secondo il documento “Salario minimo in Italia: elementi per una valutazione” elaborato dalla Fondazioni Studi Consulenti del Lavoro sulla base di dati Inps e Cnel si afferma che più del 50% dei CCNL presi in analisi oltrepassa la soglia dei 9 euro, la cifra imposta dal salario minimo. Lo studio ha preso in esame 63 contratti collettivi di cui 39 superano lo stipendio richiesto dalla Schlein, 18 vanno da 8 a 8,9 euro e gli ultimi 4, invece, sono tra i 7 e i 7,9 euro.

«Bisogna darsi una mossa». Pierluigi Bersani non è certo un critico di Schlein, tanto da essere rientrato alla base (dopo la parentesi Articolo 1) proprio a seguito della sua elezione a segretaria dem. Eppure,  le chiede maggiore incisività. «Aumenta il livello della discussione politica» anche su temi “scomodi” (come la maternità surrogata) e continua sul terreno delle alleanze, costruendo un asse che va da Calenda al M5s, sono i due consigli alla sua erede alla guida del Pd

Poi c’è il Pd ligure, che ha visto 31 esponenti passare di colpo ad Azione di Carlo Calenda: tra di loro il consigliere regionale Pippo Rossetti e la consigliera comunale Cristina Lodi (la più votata alle ultime amministrative a Genova). Altro materiale per le accuse dell’area più riformista, che non ha mancato di farsi sentire: da Lorenzo Guerini («non bisogna ignorare il disagio») alla eurodeputata Pina Picerno («occorre riflettere con attenzione sul disagio che sta investendo un numero notevole di amministratori locali»).

La fuga in Liguria destinazione Calenda di trenta dirigenti ha confermato i malumori nei confronti della linea di Elly Schlein, ma la segretaria non sembra intenzionata a ricucire, anzi. Le parole alla festa del Fatto Quotidiano hanno acuito le divisioni e il clima nell’area riformista dem è di stupore, sconcerto e irritazione.

“Delle due, l’una: o Schlein non ha capito che sta succedendo nel partito, nei territori oppure ci vuole buttare fuori”, dice un dirigente della minoranza. Parole nette, forti, che seguono il monito di Lorenzo Guerini: “Non si può ignorare il disagio”. Nella serata di sabato è arrivato anche il commento di Stefano Bonaccini: “Io penso che chi esce sta sbagliando, ma quando vieni eletto segretario di un partito hai il dovere di ascoltare e rappresentare anche chi non ti ha votato tra gli iscritti, bisogna anche cogliere qualche malessere”, le sue parole alla festa nazionale dell’Unità a Ravenna.

“Io non mi sento minimamente a disagio, ma mi aspetto che domani Elly Schlein faccia un discorso che rassicurerà sul fatto che abbiamo bisogno non di un partito che diventi più piccolo e più radicale ma che diventi più largo e che sappia essere il perno di un nuovo centrosinistra”, ha aggiunto Bonaccini: “Non possiamo deludere le aspettative di milioni di persone che dopo tante sconfitte hanno voglia di vederci presto tornare a vincere”.

In questo scenario, entra ora nel vivo la questione Europee: Schlein vorrebbe mettere cinque capilista donne per dare un segnale, ma potrebbe cedere in favore di nomi più “sicuri” per gli elettori. Tra questi, magari anche quegli amministratori locali al secondo mandato (come Giorgio Gori, Antonio Decaro, Dario Nardella, lo stesso Bonaccini) che però in qualche caso sembrano piuttosto puntare alla deroga per un terzo mandato. «Non è previsto dalla legge e non abbiamo, ad ora, notizie che la maggioranza voglia andare in quella direzione, c’è una discussione interna al Pd e affronteremo quella discussione», ha detto a tal proposito Schlein.

Di certo però c’è che, sia verso un rafforzamento del campo-largo o un patto di non belligeranza con i riformisti, un cambio di passo sembra atteso.

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