C’era una volta una bambina di otto anni, capelli biondi, occhi scuri e curiosi. Senza neppure pensarci troppo, una sera uscì di casa per cercare il luna park del giorno prima, approfittando del fatto che i genitori stessero dormendo. Dentro i suoi occhi si muovevano ancora i riflessi colorati delle giostre tra zucchero filato e musica pop. Il suo nome era Jasmine e questo, dopo quella notte, non cambiò. Cambiò, invece, o andò perduta, la fiducia nel mondo. Da quella notte Jasmine iniziò a vivere sul confine di un’identità prossima a sgretolarsi, seppur inconsapevolmente, condizionando pensieri e azioni. Cosa accadde quella notte? Il lettore lo scoprirà già nelle prime pagine.
Jasmine, infatti, è la protagonista del romanzo “Amore e kick boxing” di Roberto Cristiano (Edizioni Progetto Cultura), 125 pagine interessanti e piene di contenuto ambientate a Napoli, luoghi descritti con accuratezza e oggettività definendo, come di riflesso, la geografia interiore dei personaggi.
Quella notte avrà, per Jasmine, il sapore delle storie che iniziano con C’era una volta. C’era una volta una bambina spensierata. C’era, prima di un tentato stupro. Perché le dita del pedofilo che le scivolarono nell’intimità non aggredirono soltanto il suo corpo, la violarono dentro insinuandole nel pensiero quanto fosse corrosiva l’esistenza.
La vita di Jasmine sarebbe potuta rimanere condizionata dai meccanismi di distruzione e autodistruzione che si innescato dopo uno stupro. Avrebbe vissuto distaccata dal mondo, affetta da possibili anaffettività. Tra i sintomi: “diminuzioni di prospettive future, aspettandosi di non poter avere una carriera […] vivrebbe stabilmente con un livello di ansia molto più intenso rispetto al periodo precedente al trauma”, come si legge a p.95.
Il meccanismo involutivo venne interrotto dal padre, Jack, un uomo intelligente e complesso che, attraverso lo sport, il kick boxing, appunto, riuscì ad allontanare Jasmine dall’autodistruzione e a rimetterla in equilibrio con la vita. Jasmine diventò una professionista del Krav Maga, tecnica degli agenti del Mossad, capace di uccidere usando poche azioni, e cintura nera undicesimo Dan. Forse molte donne avrebbero avuto bisogno di un padre come Jack.
Ma “Amore e kick boxing” è molto di più. È un testo sensibile e accurato che si svela procedendo per dialoghi, attraverso i quali i personaggi si raccontano e si confrontano su temi che, oltre a condizionare le loro vite, impattano sulla nostra. L’aborto, gli aspetti giuridici e psicologici delle violenze, la castrazione chimica come pena per gli stupratori e, ancora, argomenti che riguardano concetti di esistenza oltre la vita sulla terra.
I personaggi sono tutti diversi e interessanti, appaiono perfettamente plasmati dalle mani sapienti dello scrittore. Celeste, madre di Jasmine, donna allegra e paziente che si rapporta con la complessità della figlia, cercando sempre il modo di farle guardare il mondo con uno sguardo un po’ meno bellicoso. Jack, il padre ormai scomparso, ci arriva dai ricordi dei personaggi. Fulvio, il toscano, disorientato dagli aspetti spigolosi di Jasmine. Turi, personaggio particolare e carismatico, funzionale nell’ingranaggio dei rapporti, arriva dalla Sicilia portando con sé un enorme bagaglio di conoscenze esoteriche.
La scrittura di Roberto Cristiano è semplice e lineare, costruita sul linguaggio parlato senza sacrificare la profondità della ricerca. Alcune frasi rimangono impresse nella mente del lettore come fossero citazioni. Le caratteristiche stilistiche dell’autore sono l’erudizione del contenuto e, come anticipato, la costruzione del testo che avviene attraverso i dialoghi, conferendo alla storia un impatto cinematografico, capace di concretizzare immediatamente i personaggi dalla carta alla vita.
Perché leggere il romanzo di Roberto Cristiano “Amore e kick boxing”? Perché senza edulcoranti racconta quanto profonde siano le tracce degli stupri e quanto complessa e incapace continui ad essere la società di oggi. Un romanzo denuncia, quindi, con un finale atteso che, a mio avviso, non aggiunge carattere alla storia, perché il valore della vicenda si apprende già dalle prime pagine, dal modo in cui i personaggi respirano e si muovono nei loro mondi.
Valentina Di Salvo