Spiare ministri e sottosegretari ci dice che siamo di fronte a un fatto molto grave. Se ci sono alcune banche dati che servono per eventuali indagini ma vengono utilizzate per fini non istituzionali, e cioè a scopo di ricatto o per montare macchine del fango, significa che dati riservati possono finire in mano a chiunque e che tutti possiamo essere potenziali vittime di campagna scandalistiche. Per colpire questo tipo di attività illegale le norme ci sono, e se non sono sufficienti vanno aggiornate alla luce delle moderne tecnologie. Ci vuole una presa di consapevolezza della gravità di questo fatto che non riguarda solo le persone oggetto di attività illecite ma riguarda tutti e in più può avvelenare la vita politica. Scavare nella vita privata delle persone è un’attività che si usa nei regimi totalitari. Uno magari si ritrova la reputazione rovinata perché si è scoperto un movimento di denaro e ci viene ricamata sopra una campagna scandalistica. Poi magari non si tratta di reati ma lo si scopre dopo e intanto quella persona ha perso prestigio e autorevolezza. Quando uno intraprende un’attività violando le norme per cercare chissà quale scheletro nell’armadio l’intento di colpire l’avversario è chiaro. Ma siccome scheletri nell’armadio non ci sono, non li hanno trovati. Tommaso Cerno ha scritto che se fossero stati violati i dati riservati di ministri di sinistra già ci sarebbe la gente in piazza. Che sia grave e che vi siano stati comportamenti illegali è evidente, ma dobbiamo ancora capire bene i contorni. La Lega lo chiama lo “scandalo spioni” che non si deve insabbiare. Fratelli d’Italia, con il senatore Lucio Malan, osserva che l’abitudine di spiare il privato delle persone è tipica dei regimi totalitari. L’inchiesta di Perugia sugli accessi illegali alle notizie riservate di centinaia di personaggi – in gran parte del centrodestra – sta mettendo in subbuglio il mondo politico. E mentre le sinistre si fanno notare solo per un’eccessiva e silente prudenza, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso fa sapere che solo dopo “dopo le audizioni a Melillo e Cantone deciderò se chiederla anche io”.
L’Ufficio di presidenza della commissione parlamentare antimafia, guidata dalla presidente Chiara Colosimo, ha infatti calendarizzato le audizioni del Procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, per mercoledì 6 marzo e quella del procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, per giovedì 7 marzo. I due magistrati ieri avevano chiesto di essere auditi dalla stessa commissione oltre che dal Csm e dal Copasir in merito all’inchiesta.
L’editore del quotidiano “Domani” De Benedetti, intanto, difende i suoi cronisti, che risultano indagati. “Con riferimento all’inchiesta di Perugia che ha coinvolto anche alcuni giornalisti del quotidiano Domani da me fondato voglio esprimere la vicinanza nei loro confronti certo che sapranno chiarire pienamente il loro operato professionale. La magistratura saprà senz’altro distinguere ogni eventuale responsabilità nella vicenda. Ancora una volta voglio però ribadire l’importanza di difendere il fondamentale diritto alla libertà di stampa inteso sia come diritto ad informare ed essere informati sia, con riferimento specifico al mio ruolo di editore, come obbligo morale a non interferire in alcun modo nel lavoro dei giornalisti, come è testimoniato dalla mia storia nei giornali ora del gruppo Gedi e oggi in editoriale Domani”.
“Vietato disturbare il potere. Indagati i cronisti di Domani Giovanni Tizian, Nello Trocchia, Stefano Vergine e Federico Marconi” . Così titola il Domani del 2 marzo 2024 che racconta che “Tre giornalisti del quotidiano sono sotto inchiesta a Perugia per accesso abusivo e rivelazione di segreto” coinvolti dall’esposto del ministro Crosetto che “ha chiesto ai magistrati di individuare le nostre fonti” scrive Domani che sottolinea come sia “vietato pubblicare notizie riservate sul ministro della Difesa Guido Crosetto, sui finanziamenti illeciti ai partiti, sul riciclaggio di mafiosi e lobbisti. Il rischio è passare non da giornalisti d’inchiesta, ma da avvelenatori di pozzi. Un monito a Domani e a tutta la categoria dei giornalisti”.
Lo scontro tra Crosetto e Domani è nato quando il quotidiano ha accusato il neo ministro della Difesa per potenziali conflitti d’interesse tra le sue attività da consulente nel settore della difesa e il ruolo istituzionale che ricopre come ministro. Crosetto che ha lavorato a lungo con aziende che si occupano di armi, incluso Leonardo, ha annunciato la liquidazione delle sue società, decisioni considerate non sufficienti per allontanare i sospetti su alcune scelte che potrebbe fare come ministro, come hanno denunciato anche altri giornali, tra cui il Giornale con il suo direttore Alessadro Sallusti, querelato da Crosetto.
La vicenda che vede protagonisti i giornalisti di Domani fa parte dell’inchiesta della procura di Perugia, guidata dal procuratore capo Raffaele Cantone, in cui sono indagati il magistrato Antonio Laudati e l’ufficiale della guardia di finanza Pasquale Striano, entrambi destinatari di un avviso a comparire per l’interrogatorio da rendere in una fase che è ancora di indagini preliminari, per presunti accessi abusivi a sistemi informatici e banche dati. Striano, in servizio alla Procura Nazionale Antimafia, è accusato di almeno 800 accessi abusivi alle banche dati tributarie, antiriciclaggio e dell’antimafia con il solo scopo di reperire informazioni di cui si vuole capire la finalità.
Tra gli indagati, indicati negli atti, anche se non hanno ancora ricevuto nessun avviso di garanzia ci sono i giornalisti che formano il team investigativo del Domani: il responsabile del team, Giovanni Tizian, l’inviato Nello Trocchia e il collaboratore Stefano Vergine (che co-firmano l’articolo), per reati di accesso abusivo a sistema informatico, in concorso con l’ufficiale Striano, e rivelazione di segreto. “Per l’accusa il finanziere avrebbe inviato ai tre giornalisti documenti estratti dalla banca dati Sidda-Sidna, il sistema informatico utilizzato dalla direzione nazionale e dalle direzioni distrettuali antimafia”, scrive Domani che specifica “Gli invii coprirebbero un arco temporale di tre anni e mezzo, dal maggio 2018 all’ottobre del 2022. Dalle contestazioni della procura non è chiaro il contenuto di tutti i documenti che Striano avrebbe inviato per e-mail, utilizzando l’applicazione WeTransfer, ai tre giornalisti”. “Spuntano solo alcune indicazioni, nell’intestazione dei documenti o nel messaggio inviato dal finanziere della direzione nazionale antimafia: ci sono i nomi di atti giudiziari di alcuni politici (protagonisti di casi giudiziari o sospettati di vicinanza ad ambienti criminali), ma i più riguardano esponenti delle più pericolose organizzazioni criminali del paese, collegate al mondo della politica e dell’imprenditoria, o al traffico internazionale di stupefacenti. O informazioni relative ad alcuni degli appalti del periodo più duro della pandemia di Covid-19, finite anche nelle indagini di diverse procure nazionali. Non c’è traccia di invii delle ricerche effettuate da Striano di informazioni finanziarie, relative alle dichiarazioni dei redditi o ai conti bancari di politici e imprenditori, o segnalazioni di operazioni sospette, come paventato ieri da alcuni giornali nazionali” continua Domani che chiarisce come “Nelle informazioni che Striano avrebbe mandato ai giornalisti, quindi, non c’è nessun ‘dossier su politici e vip’ ma solamente documenti agli atti delle procure: ordinanze di custodia cautelare e informative delle forze dell’ordine già disponibili ai magistrati inquirenti e alle difese”.
Nelle carte sono citati, ma non sono indagati, anche il direttore Emiliano Fittipaldi per gli articoli scritti due anni fa insieme a Tizian sui compensi ricevuti dal ministro Crosetto da Leonardo prima di entrare nell’esecutivo, e Federico Marconi per un articolo su una speculazione edilizia.
Domani rivela che tra gli indagati nell’inchiesta di Perugia ci sarebbero anche altre sei persone, giornalisti e un ex finanziere, tutti per farti slegati tra loro, ma sempre per accesso abusivo e rivelazione di segreti. “L’indagine di Perugia tenta così di entrare nella carne viva dei rapporti tra fonti e giornalisti…. in questo ennesimo caso di attacco all’informazione, il livello sale: equiparare le notizie a dossier impacchettati per colpire, non per informare”, denuncia il giornale.
“All’indignazione si aggiungono sconcerto e preoccupazione per i particolari sull’attività di Dossieraggio che ha coinvolto ministri, parlamentari, esponenti dello spettacolo, calciatori – commenta Fabio Rampelli – Alla faccia delle tante volte invocato Stato di diritto e della tutela della privacy. L’intrusione informatica che ha coinvolto anche me nel periodo del rinnovo della carica di sindaco a Roma solleva domande: chi ha dato questo ordine, la sua esecuzione quali conseguenze ha determinato? Queste informazioni a chi sono state trasmesse e in cambio di cosa? Le notizie secondo cui queste attività sarebbero state utilizzate poi da un quotidiano, il cui proprietario e’ uno degli uomini piu’ ricchi e potenti d’Italia, lascia intendere un uso improprio di informazioni carpite illecitamente, teso a condizionare l’opinione pubblica. Non e’ vero che il quotidiano non ha responsabilità – continua Rampelli riferendosi al “Domani” – perché l’accertamento della liceità della fonte fa parte delle responsabilità deontologiche di un giornalista, a sua tutela. Il silenzio da parte della sinistra, che avrebbe gridato al colpo di Stato a parti invertite, evocando scenari da P2 , dimostra la cattiva coscienza dei garantisti a corrente alternata. Mi auguro che la magistratura e il Copasir facciano chiarezza quanto prima secondo le proprie competenze”.
“Vietato disturbare il potere. Indagati i cronisti di Domani Giovanni Tizian, Nello Trocchia, Stefano Vergine e Federico Marconi” . Così titola il Domani del 2 marzo 2024 che racconta che “Tre giornalisti del quotidiano sono sotto inchiesta a Perugia per accesso abusivo e rivelazione di segreto” coinvolti dall’esposto del ministro Crosetto che “ha chiesto ai magistrati di individuare le nostre fonti” scrive Domani che sottolinea come sia “vietato pubblicare notizie riservate sul ministro della Difesa Guido Crosetto, sui finanziamenti illeciti ai partiti, sul riciclaggio di mafiosi e lobbisti. Il rischio è passare non da giornalisti d’inchiesta, ma da avvelenatori di pozzi. Un monito a Domani e a tutta la categoria dei giornalisti”.
Lo scontro tra Crosetto e Domani è nato quando il quotidiano ha accusato il neo ministro della Difesa per potenziali conflitti d’interesse tra le sue attività da consulente nel settore della difesa e il ruolo istituzionale che ricopre come ministro. Crosetto che ha lavorato a lungo con aziende che si occupano di armi, incluso Leonardo, ha annunciato la liquidazione delle sue società, decisioni considerate non sufficienti per allontanare i sospetti su alcune scelte che potrebbe fare come ministro, come hanno denunciato anche altri giornali, tra cui il Giornale con il suo direttore Alessadro Sallusti, querelato da Crosetto.
La vicenda che vede protagonisti i giornalisti di Domani fa parte dell’inchiesta della procura di Perugia, guidata dal procuratore capo Raffaele Cantone, in cui sono indagati il magistrato Antonio Laudati e l’ufficiale della guardia di finanza Pasquale Striano, entrambi destinatari di un avviso a comparire per l’interrogatorio da rendere in una fase che è ancora di indagini preliminari, per presunti accessi abusivi a sistemi informatici e banche dati. Striano, in servizio alla Procura Nazionale Antimafia, è accusato di almeno 800 accessi abusivi alle banche dati tributarie, antiriciclaggio e dell’antimafia con il solo scopo di reperire informazioni di cui si vuole capire la finalità.
Tra gli indagati, indicati negli atti, anche se non hanno ancora ricevuto nessun avviso di garanzia ci sono i giornalisti che formano il team investigativo del Domani: il responsabile del team, Giovanni Tizian, l’inviato Nello Trocchia e il collaboratore Stefano Vergine (che co-firmano l’articolo), per reati di accesso abusivo a sistema informatico, in concorso con l’ufficiale Striano, e rivelazione di segreto. “Per l’accusa il finanziere avrebbe inviato ai tre giornalisti documenti estratti dalla banca dati Sidda-Sidna, il sistema informatico utilizzato dalla direzione nazionale e dalle direzioni distrettuali antimafia”, scrive Domani che specifica “Gli invii coprirebbero un arco temporale di tre anni e mezzo, dal maggio 2018 all’ottobre del 2022. Dalle contestazioni della procura non è chiaro il contenuto di tutti i documenti che Striano avrebbe inviato per e-mail, utilizzando l’applicazione WeTransfer, ai tre giornalisti”. “Spuntano solo alcune indicazioni, nell’intestazione dei documenti o nel messaggio inviato dal finanziere della direzione nazionale antimafia: ci sono i nomi di atti giudiziari di alcuni politici (protagonisti di casi giudiziari o sospettati di vicinanza ad ambienti criminali), ma i più riguardano esponenti delle più pericolose organizzazioni criminali del paese, collegate al mondo della politica e dell’imprenditoria, o al traffico internazionale di stupefacenti. O informazioni relative ad alcuni degli appalti del periodo più duro della pandemia di Covid-19, finite anche nelle indagini di diverse procure nazionali. Non c’è traccia di invii delle ricerche effettuate da Striano di informazioni finanziarie, relative alle dichiarazioni dei redditi o ai conti bancari di politici e imprenditori, o segnalazioni di operazioni sospette, come paventato ieri da alcuni giornali nazionali” continua Domani che chiarisce come “Nelle informazioni che Striano avrebbe mandato ai giornalisti, quindi, non c’è nessun ‘dossier su politici e vip’ ma solamente documenti agli atti delle procure: ordinanze di custodia cautelare e informative delle forze dell’ordine già disponibili ai magistrati inquirenti e alle difese”.
Nelle carte sono citati, ma non sono indagati, anche il direttore Emiliano Fittipaldi per gli articoli scritti due anni fa insieme a Tizian sui compensi ricevuti dal ministro Crosetto da Leonardo prima di entrare nell’esecutivo, e Federico Marconi per un articolo su una speculazione edilizia.
Domani rivela che tra gli indagati nell’inchiesta di Perugia ci sarebbero anche altre sei persone, giornalisti e un ex finanziere, tutti per farti slegati tra loro, ma sempre per accesso abusivo e rivelazione di segreti. “L’indagine di Perugia tenta così di entrare nella carne viva dei rapporti tra fonti e giornalisti…. in questo ennesimo caso di attacco all’informazione, il livello sale: equiparare le notizie a dossier impacchettati per colpire, non per informare”, denuncia il giornale.