Lo sciopero di Poste Italiane fermerà i servizi per 24 ore. I sindacati protestano contro le privatizzazioni del governo Meloni e contro il lavoro precario
Lo sciopero di Poste Italiane del 21 marzo paralizzerà i servizi per 24 ore: l’agitazione coinvolge tutti i reparti di Poste ovvero operatori di sportello, consulenti finanziari, postini e addetti allo smistamento di lettere e pacchi che operano in sede. Risentirà dell’agitazione anche la consegna dei pacchi di servizi terzi che si appoggiano a Poste.
I perché dello sciopero di Poste Italiane
I dipendenti di Poste protestano per una serie di motivazioni, fra le quali spiccano la privatizzazione, il lavoro precario e l’aumento generalizzato delle tariffe senza un corrispondente incremento nella qualità dei servizi o scatti significativi nella retribuzione.
L’agitazione è stata proclamata da Cobas Poste, Cub Poste, Slg-Cub Poste con il sostegno dell’Associazione consumatori utenti (Acu). I dipendenti di Poste scenderanno in piazza a Roma e a Milano.
A Milano il primo appuntamento è fissato per le 9:30 a piazza Cordusio; un sit-in di protesta è poi fissato alle 15:00 in corso Monforte, di fronte alla Prefettura. A Roma l’appuntamento è alle 10:00 di fronte al Pantheon. Si prevede una massiccia partecipazione: solo a Roma e provincia, secondo i dati forniti dai sindacati, sono circa 8.000 i lavoratori del comparto. 3.000 di essi sono attivi nel recapito.
Protesta contro il governo
Come dichiarano i sindacati, lo sciopero di Poste Italiane del 21 marzo è un messaggio diretto al governo dopo l’annuncio della “volontà dichiarata di un’ulteriore privatizzazione, del 29%, annunciata dal governo Meloni”.
Nel corso della conferenza stampa di fine anno, la premier Giorgia Meloni aveva parlato dell’intenzione di rimodulare la presenza dello Stato puntando sulle privatizzazioni di Poste e Trenitalia con l’obiettivo di reperire risorse per sostenere le misure annunciate nella Manovra, senza alzare le tasse. “La mia idea è ridurre la presenza dello Stato dove non è necessaria e riaffermarla dove lo è”, aveva detto Meloni.
Le richieste dei sindacati
I sindacati si scagliano “contro la privatizzazione di Poste Italiane che regala i profitti ai privati e socializza i costi e le perdite; che taglia l’occupazione, chiude uffici e servizi ai ceti popolari, prevede la cessione di rami d’azienda”. Le sigle sono per “la totale pubblicizzazione di Poste Italiane perché i servizi essenziali devono essere un diritto di tutti i cittadini in eguale misura e qualità; i profitti generati dal sacrificio dei Lavoratori devono rimanere in mano pubblica e non regalati a faccendieri e speculatori”.
I lavoratori scenderanno in piazza contro il precariato e i contratti a termine “che mortificano i lavoratori e negano anche i più elementari diritti con ignobili ricatti”. Si chiede dunque di stabilizzare i precari e procedere all’esaurimento delle attuali graduatorie con il “blocco dell’uso abnorme ed immotivato dei contratti a termine, perché non c’è futuro in una esistenza precaria”. I sindacati, nello specifico, chiedono un nuovo contratto “che recuperi il potere d’acquisto perso in questi anni e dia dignità al lavoro e alla qualità di vita; che preveda il ripristino degli scatti d’anzianità; che introduca la terzietà nei provvedimenti disciplinari usati come arma di ricatto”.