Il recente terremoto nelle isole Eolie, non distante dallo Stretto di Messina, alimenta nuovamente le domande sulle effettive performance sismiche del futuro Ponte sullo Stretto: come avrebbe reagito, quale magnitudo massima può sopportare?
In questo articolo ci addentriamo nello specifico del progetto definitivo approvato per il Ponte sullo Stretto, descrivendo i punti principali che caratterizzano la capacità sismica dell’infrastruttura e le strategie di progetto seguite.
Gli studi condotti sulla pericolosità sismica del sito in cui sorgerà il Ponte sullo Stretto rispecchiano lo stato dell’arte nella valutazione delle azioni sismiche di progetto. Nel linguaggio comune, si è soliti parlare di capacità sismica riferendosi alla magnitudo massima sopportabile dal ponte. La stessa società Stretto di Messina S.p.A., nel riprendere le caratteristiche di progetto a oggi, dichiara performance sismiche soddisfacenti fino a una magnitudo 7.1 della scala Richter, rimarcando il concetto che l’estensione della zona sismogenetica (sorgente sismica convenzionale) di maggiore interesse per lo Stretto non è in grado di produrre terremoti di magnitudo più elevata. Questa, per inciso, fu la magnitudo del terremoto più violento mai registrato in questa zona (e in Italia): quello di Messina e Reggio Calabria del 1908.
Tuttavia, l’informazione fornita dalla magnitudo è incompleta, perché la valutazione è macchiata da due distinti fattori.
La magnitudo misura l’energia rilasciata dall’evento sismico alla sorgente e non tiene conto di come si propagano le onde sismiche in superficie, che dipendono anche dalla profondità del sisma. A parità di magnitudo, infatti, terremoti superficiali possono creare danni maggiori alle costruzioni rispetto a terremoti profondi.
I terreni attraversati dalle onde sismiche generate a seguito della rottura possono essere di vario tipo. Al variare della tipologia di terreno cambiano le caratteristiche di trasferimento delle onde sismiche, risultando in un possibile filtraggio o amplificazione degli effetti energetici generati a seguito della rottura.
Questi sono i due motivi principali per i quali, quando c’è un terremoto, persone in posti diversi avvertono distintamente e in maniera differente gli effetti.
Più che in magnitudo, la capacità sismica di una costruzione viene definita in relazione alle massime accelerazioni al suolo da essa sopportabili. Essendo queste associate a eventi probabilistici, si può anche parlare tecnicamente di Periodo di Ritorno dell’accelerazione sismica di progetto, cioè il tempo che passerebbe mediamente tra due terremoti, sviluppabili nella zona di interesse, in grado di produrre accelerazioni sismiche più grandi di quelle di riferimento. Il Ponte sullo Stretto è stato progettato considerando questo valore pari a 2000 anni circa: per fare un confronto, gli edifici comuni sono progettati tramite azioni simiche che hanno periodi di ritorno di circa 500 anni.
Cosa succede allora se dovesse arrivare un terremoto più forte di quello “di progetto”? La strategia di progetto applicata nel caso specifico vuole che il ponte permanga in campo elastico, cioè privo di danni, fino alle intensità sismiche che caratterizzano i periodi di ritorno prima citati. La struttura può quindi essere perfettamente operativa anche a valle di un evento sismico catastrofico, come è prassi considerare nel caso di strutture strategiche.
Importante ricordare però che la progettazione strutturale segue oggi un approccio prestazionale, basato su concetti probabilistici. Questo è necessario perché l’entità e la posizione del prossimo terremoto non è nota a priori (nonostante, come detto prima, la magnitudo possa considerarsi limitata a un valore massimo “noto”).
In tale ottica, e nonostante tutti i discorsi fatti fino a questo punto, non si può escludere mai a priori la probabilità che si verifichi un evento in grado di far collassare l’opera. Tuttavia, sebbene il calcolo sia fatto in modo tale da mantenere estremamente basse le probabilità di accadimento di questo fenomeno, la struttura continuerà a conservare una capacità implicita associata al possibile danneggiamento dei materiali, che – senza generale un crollo – contribuirebbero a dissipare energia sismica in ingresso garantendo un margine di sicurezza anche per terremoti con periodi di ritorno maggiori a quelli di progetto. Si parla in questo caso di rischio implicito: si accetta una probabilità di fallimento nel momento in cui si realizza un’opera, ma si è tuttavia consapevoli del fatto che questa sarà nella realtà minore di quella accettata come target prestazionale, per effetto della presenza di fenomeni conservativamente esclusi nelle fasi di progettazione.
La caratterizzazione dell’evoluzione del danneggiamento al variare dell’intensità sismica, fino al collasso, è uno dei punti di approfondimento richiesti ai progettisti dal Comitato Scientifico, che ha recentemente revisionato il progetto definitivo. Rappresenta un livello di analisi aggiuntiva, non richiesto per opere ordinarie, e mira a massimizzare la robustezza strutturale dell’infrastruttura.
In conclusione, il Ponte sullo Stretto di Messina, come oggi pensato, conserva canoni di progettazione sismica comuni alle nuove costruzioni, sebbene con target prestazionali più alti, cioè quelli delle opere strategiche. I rischi associati a un possibile scenario di crollo sono noti e sono gli stessi rischi accettati in qualsiasi altra costruzione, come un ospedale, sebbene mitigati in parte in questo caso dalla specifica conformazione strutturale che contraddistingue in generale una struttura molto flessibile come quella di un ponte sospeso.
Il comitato scientifico selezionato dallo stesso ministero delle Infrastrutture e dei trasporti per decidere se il progetto del ponte sullo stretto di Messina fosse realizzabile, ha dato il suo via libera nel mese di febbraio. Tuttavia nell’analisi individua 68 punti deboli nel piano finale proposto da Eurolink, il consorzio privato incaricato del progetto e gestito dalla società pubblica Stretto di Messina spa. Ad esempio, come si legge nella relazione: “Il comitato ritiene opportuno che in fase di progetto esecutivo si verifichi la robustezza della struttura del ponte in maniera più ampia”. O ancora: “Il comitato chiede lo svolgimento di analisi non lineari dell’impalcato soggetto a vento turbolento”.
Il presidente della società Stretto di Messina, Pietro Ciucci, ha assicurato la solidità delle integrazioni al progetto finale. Ciucci ha sottolineato che sono state condotte prove in galleria del vento su 11 modelli di ponte in 5 laboratori specializzati, tra i più importanti al mondo. Secondo i risultati ottenuti, la stabilità del ponte è garantita anche con venti fino a 275 chilometri orari, e la massima velocità del vento registrata nei controlli degli ultimi 20 anni è stata di 128 chilometri orari. Inoltre, Ciucci ha assicurato che il quadro sismico sarà aggiornato nella fase del progetto esecutivo, tenendo conto delle ricerche condotte negli ultimi 20 anni.
Fonti
Gaetano Cantisani
Romero and Bravo – Seismic Analyses of the Messina Bridge Project, 2007
Callisto, Rampello and Viggiani – Soil-Structure Interaction for the Seismic Design of the messina Strait Bridge, 2013
Bontempi – Basis of Design & Seismic Action for Long Suspension Bridges: the case of the Messina Strait Bridge.
Iervolino I. – Dinamica delle strutture e Ingegneria Sismica
Strait of Messina Bridge – WeBuild-led eurolink consortium, delivers updated documentation of the final project to Stretto di Messina Company
Stretto di Messina s.p.a. – Il progetto Definitivo