Si tratta di un serpente con molte teste. L’11 settembre, l’attentato alle torri gemelle, d’improvviso diede la conferma che il terrorismo di matrice islamica fosse la minaccia più seria che il mondo dovesse affrontare. Un nemico invisibile con proseliti dall’Afghanistan al Medio Oriente e persino in Europa. Un mostro con molte teste, delle quali molte furono tagliate dalla scure occidentale, ma il mostro non morì, anzi è sopravvissuto ed ha allungato sempre di più i suoi rovinosi artigli, ha continuato ad espandersi in Africa e nelle regioni più remote dell’Asia. Il ritorno del terrorismo in modo preponderante è dovuto al fatto che per qualche anno, si è abbassata la guardia ritenendo, a nostro avviso errando, che la sfida al terrore non fosse più insidiosa perché il mondo stava cambiando ed entrava in una nuova fase storica ed economica-sociale. Un relativo declino della potenza degli USA a cui si contrapponeva l’ascesa del dragone cinese ed il ritorno della Russia alla sua antica postura aggressiva. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio del 2022, ha riportato il mondo indietro nel futuro. Nulla di nuovi agli occhi degli storici e di chi conosce la storia: un Paese invade ed un altro si difende, la posta in gioco è il territorio conteso è il rapporto di forza che a secondo di chi vincerà la guerra potrà sedersi al tavolo delle grandi potenze. Tornando ai nostri giorni una vittoria russa sull’Ucraina, darebbe a Mosca un vantaggio strategico e politico sull’Occidente e viceversa. L’ uno o l’altro esito andrebbe ad influenzare le strategie di Pechino che è altresì impegnata nella competizione con le potenze occidentali. Quindi nulla di nuovo per gli storici e per chi ama la storia. I francesi direbbero un deja’ vu. Ma l’attentato di Mosca ci riporta al presente e ci ricorda che nel mondo connesso di oggi la politica internazionale non è una faccenda che riguarda i singoli Stati che lottano tra loro per la conquista di nuovi territori o per riprendere quelli che in passato avevano perso, ma all’orizzonte è riapparsa con forza l’ombra oscura del terrorismo transnazionale di matrice islamica che in un certo qual senso rivendica una poltrona intorno al tavolo del potere internazionale. Siamo, quindi, in una fase storica in cui oltre ai conflitti tra singoli stati ci ritroviamo di nuovo la sfida al terrorismo globale che occupa una parte dell’attenzione dei singoli governi. Ci sono situazioni in cui alcune super potenze a fasi alterne hanno cavalcato ed ancora oggi lo fanno, il terrorismo transnazionale. Del resto la Russia putiniana negli ultimi anni ha favorito nel continente africano l’espandersi dell’Islamismo con l’intento di creare difficoltà agli occidentali. Sia ben chiaro che il terrorismo islamico non è solo un fenomeno indotto o etero diretto, ha anche una sua dinamica autonoma con capacità di fare proselitismo quando riesce ad entrare in sintonia con gli interessi e le esigenze delle comunità islamiche locali, dalle regioni caucasiche all’Africa, al Medio Oriente. Il risultato è che le organizzazioni terroristiche, al pari delle mafie, ma diverse tra loro in quanto a strategie ed obiettivi, cercheranno di avvantaggiarsi dello scontro tra le grandi potenze. Dopo il massacro di Mosca la sfida per l’Occidente diventa particolarmente insidiosa. L’Occidente nel corso dei secoli ha subito un processo di progressiva secolarizzazione e per tale motivo ha un notevole svantaggio di fronte al fanatismo religioso. Non riesce a comprenderlo e quindi a fronteggiarlo. L’indulgenza spontanea o interessata che sia, con cui in Occidente si guarda alle componenti integraliste islamiche fa si che queste trovino sempre più appoggi e proseliti. Che il mondo diventi sempre più complesso, ormai è sotto gli di tutti, perché alla competizione delle super potenze e dei singoli stati si contrappone la super potenza del terrorismo transnazionale di matrice islamica, un nemico invisibile e che non è facile da capire dove e quando colpirà. La democrazia però ha i suoi inibitori, anche quelli morali, per attrezzarsi alle sfide più gravi . Quantomeno lo speriamo o ce lo auguriamo.
Andrea Viscardi