Ponte sullo Stretto ed espropri. L’amarezza di un espropriando: ‘Mi legherò con le catene e vediamo chi mi butta fuori casa’

«È un atto formale, un obbligo di legge, viene amplificato perché rientra nella strategia comunicativa adottata dal Governo e dalla società “Stretto di Messina”». Il prof. Antonio Saitta ha sempre seguito con estrema attenzione le vicende del Ponte sullo Stretto, in particolare le procedure espropriative. Lo ha fatto da politico (è stato assessore comunale all’Urbanistica e vicesindaco nella Giunta guidata da Francantonio Genovese), da esponente del Pd, da illustre costituzionalista quale è e da avvocato al quale si sono rivolte numerose famiglie, i cui terreni o fabbricati rientrano nelle particelle d’esproprio.

Il suo giudizio sul Ponte è sempre stato fortemente negativo, «ma oggi non conta quello che penso io, oggi contano i timori, l’inquietudine, i drammi di molte persone che perderanno le proprie abitazioni, o attività economiche, frutto di enormi sacrifici familiari e personali. Cittadini che non avranno mai il coltello dalla parte del manico, perché in caso di mancato accordo sull’indennità, l’immissione in possesso con decreto d’urgenza avverrà in ogni caso. E guardate che gli espropriati non sono “furbetti” che vogliono speculare, sono migliaia di cittadini che da decenni vivono nell’incertezza e che vedono nuovamente materializzarsi un incubo».

Saitta lo definisce «una dramma sociale», così come aveva dichiarato qualche giorno fa in un’intervista al “Sole 24 Ore”: «Saltano interi quartieri, numerosi fabbricati, lidi balneari, attività commerciali, sono di più di quelli previsti nel 2011 e alcuni sono lontani anche 10 km dalle Torri e dall’impalcato del Ponte».

‘E’ vero che accade così per le opere pubbliche – afferma Saitta – ma qui stiamo parlando di un’opera dall’enorme impatto su un territorio, quale quello messinese, totalmente urbanizzato. Stiamo parlando di una radicale riorganizzazione urbanistica che viene imposta dall’alto alla città di Messina. Occorreva, a mio avviso, studiare e proporre alternative, e non lo si è fatto.

La questione è delicata. Perché da un lato, se il cittadino accetterà l’offerta per l’esproprio, i tempi dell’indennizzo saranno brevi. Mentre chi non si metterà d’accordo, dovrà essere consapevole dei tempi lunghi della causa. Sicuramente saranno in tanti che impugneranno il decreto di appropriazione di fronte al Tar, ma tutti, una volta emanato il decreto d’immissione in possesso, saranno costretti a lasciare case e terreni e, poi, rivalersi nelle sedi della giustizia amministrativa’.

‘Mi hanno detto che devo fare questo esproprio. Io non sono d’accordo. Mi legherò con le catene e vediamo chi mi butta fuori dopo tredici anni che ho comprato casa e devo pagare ancora sette anni di mutuo. Non so cosa dire. Mi sembra un sogno’, sono state le prime parole di Antonino Casella, espropriando di Contesse, dopo aver chesto delucidazioni allo sportello della Stretto di Messina, aperto al Palacultura, sulle procedure espropriative per la costruzione del Ponte sullo Stretto.

«Mi hanno parlato di un indennizzo – ha proseguito – ma anche se mi pagate e mi date i soldi io che cosa ci devo fare a 68 anni? Mi metto di nuovo a comprare casa, traslochi. mutui e roba varia. Non mi sembra una cosa fattibile. Non mi hanno dato alternative. Mi hanno detto: vi diamo i soldi e vi comprate casa. Ma dove sono queste case visto che siamo tre o quattromila persone espropriate che devono trovare casa?»

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