Matteo Salvini deposita il simbolo di ‘Italia sicura’, utile per eventuale perdita della segreteria

Canzoni popolari, bandiere della Palestina,  simboli antifascisti. E non mancano bandiere No Tav, né lo striscione dei lavoratori portuali dell’Usb. A Livorno, da piazza Grande il corteo si dirige verso il teatro 4 Mori. Una sola voce:  “Salvini attento, a Livorno ancora fischia il vento”.

Questa è l’accoglienza che circa 200 livornesi spontaneamente riuniti senza sigle di partito, soprattutto studenti giovani e giovanissimi, hanno riservato al leader della Lega Matteo Salvini, al teatro 4 Mori per presentare il suo nuovo libro “Controvento. l’Italia che non si arrende”.

La scelta del teatro da parte del Ministro potrebbe essere stata provocatoria, per occupare un luogo che ha sempre rappresentato la sinistra livornese.

Dal corteo si grida: «Salvini sta privatizzando i porti, e va in un teatro gestito dai lavoratori portuali». Non è solo per questo che si contesta il leader leghista: «unici stranieri leghisti nei quartieri», è il coro che viene urlato, dopo aver sottolineato che «Livorno è cresciuta con le persone migranti. Salvini è colpevole di politiche razziste come il decreto che porta il suo nome e come la gestione del caso della SeaWatch».

Non è un periodo politicamente  felice  per Matteo Salvini e se la Lega lo processasse, dopo le elezioni europee, Salvini sarebbe pronto a lanciare un nuovo marchio. Si chiamerebbe ‘Italia sicura’ e i militanti lombardi ne parlano come di un paracadute in caso di lancio del leader fuori dalla cabina di pilotaggio.

Il logo di ‘Italia sicura’  sarebbe stato depositato dal notaio e potrebbe essere  una zattera,  per i disposti a tutti, i deputati e i senatori che ripetono a Salvini: “Ti seguiremo sempre”. A Milano, i militanti in rivolta dicono che “Salvini vuole lasciarci la carcassa della Lega e tenersi mani libere, staccarsi se dovesse servire, allestire un gruppo, un partito suo”. Con Salvini occorre sempre fare attenzione alle parole d’ordine. Non è niente di  nuovo. Esiste un parcheggio di loghi che ha depositato in questi anni. E’ una pratica che in molti casi serve a blindare idee, in altri si rivelano delle provvidenziali vie di fuga. Salvini, ogni volta che va in televisione  lancia almeno uno slogan.  La prima linea che segue Salvini è composta da Claudio Durigon, Andrea Crippa, Luca Toccalini, Andrea Paganella, Roberto Marti, Susanna Ceccardi, Andrea Cecchetti, e poi c’è il resto della Lega.

La Lega vivendo un tracollo, sia al Nord che al Centrosud. ta perdendo pezzi in ogni regione, ma al Centrosud è un tracollo. Dai sindaci siciliani ai dirigenti calabresi, dagli assessori campani a quelli toscani, il cartello «Exit only» sembra campeggiare sulla sede di via Bellerio. Nelle ultime settimane sono stati innumerevoli i dirigenti locali e regionali a lasciare. Buon ultimo il capogruppo del Carroccio in Regione Umbria, Stefano Pastorelli. «Con profondo dispiacere annuncio la mia decisione di dimettermi dalla carica di capogruppo in consiglio regionale per Lega Salvini premier e di rinunciare al mio ruolo di sostenitore attivo della Lega, dopo oltre 17 anni di dedizione e impegno durante i quali ho affrontato stagioni più entusiasmanti e stagioni più dure», le parole di commiato di Pastorelli. In Sardegna, dopo il tracollo elettorale leghista, si è dimesso l’ex assessore regionale alla Sanità, Mario Nieddu, rimproverano in una lettera a Salvini di aver «tradito per prima la promessa di un nuovo modo di fare politica».

Nieddu è stato seguito da Andrea Piras, ex consigliere regionale sardo, che ha annunciato il suo passaggio all’Udc. «Ho rassegnato le mie dimissioni dal partito della Lega. Si arriva a un momento in cui si deve dire basta e preservare la propria integrità morale», scrive. Anche in Regione Toscana va registrato l’addio del consigliere Andrea Ulmi. Anche lui se la prende sdegnosamente con Salvini. «La mia scelta è sofferta perché la Lega è stato il mio primo e unico partito: esco dalla Lega per dare voce alla protesta e perché questa abbia un respiro toscano e non limitato ad un unico territorio. C’è stata un’emorragia di fuoriusciti ma, silenziosamente, dalla dirigenza è stato digerito tutto, con un unico obiettivo: mantenere il potere che la rendita di posizione conquistata dalla Lega negli anni precedenti poteva consentire loro». L’attacco a Matteo Salvini è frontale. E da tutti i fronti.

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