Si avvicina la data del voto europeo e parlano anche i candidati di punta dei partiti alla guida della commissione Ue. Ursula von der Leyen ha accusato Afd e il Rassemblement National della Le Pen di voler distruggere l’Ue. “Penso che sia molto importante stabilire dei principi molto chiari per lavorare con i membri del Parlamento europeo. Il primo è a favore dell’Europa, il secondo è a favore dell’Ucraina, cioè contro Putin, e il terzo è a favore dello Stato di diritto. Se guardiamo, ad esempio, al Rassemblement National, o all’AfD in Germania, o a Konfederacija in Polonia, tutti questi partiti possono avere nomi e principi diversi, ma hanno una cosa in comune: sono amici di Putin e vogliono distruggere la nostra Europa, e noi non permetteremo che ciò accada’’.
Parole che ignorano quanto, già a marzo, affermava Marine Le Pen, con uno smarcamento netto dalle posizioni filo-Putin: «Nel 2022 la Russia ha scatenato una guerra alle porte dell’Unione europea e una crisi geopolitica che è senza dubbio la più drammatica degli ultimi 20 anni. Ogni giorno dobbiamo il nostro rispetto e il nostro sostegno alla nazione ucraina aggredita ed è grazie all’eroica resistenza del popolo ucraino che la Russia si è trovata a subire uno scacco».
Il candidato socialista Nicolas Schmit ha invece attaccato con durezza la destra italiana e il governo di Giorgia Meloni. “Noi – ha detto – siamo disposti a cooperare con tutte le forze democratiche, ma non ritengo che l’Ecr o l’Id siano forze democratiche. Basta guardare quelli che sono al potere. Anche in Italia, vediamo un assalto ai media, ai diritti delle donne. Quindi, queste sono cose che non corrispondono ai valori fondamentali”. Parole sulle quali il capodelegazione di Fratelli d’Italia al parlamento europeo, Carlo Fidanza ha chiesto a Elly Schlein di dissociarsi.
A sua volta Antonio Tajani attacca sia Afd sia il Rn di Le Pen. Ma come saranno composti i gruppi dopo il voto dell’8 e 9 giugno è tutto da vedere: di sicuro l’eurodestra punta a una coalizione formata da Ppe, Ecr, Id e spezzoni del gruppo liberaldemocratico. Gruppo attenzionato da FdI. ”La cosa più interessante sta accadendo tra i Liberali – afferma Fidanza – che nella scorsa legislatura sono stati l’ago della bilancia nelle varie votazioni. Il partito di Macron ha chiesto l’espulsione di Rutte perché in Olanda ha fatto il governo con Wilders. E i liberali danesi gli hanno risposto che se ne possono andare loro. Una risposta che apre nuovi scenari politici”. Senza Afd di mezzo, il dialogo politico è di sicuro facilitato. L’altra importante notizia di giornata è infatti che l’ufficio di presidenza del Gruppo Identità e Democrazia al Parlamento europeo ha deciso di escludere con effetto immediato la delegazione tedesca di Alternative fur Deutschland (AfD).
Il candidato di Renew Europe Sandro Gozi (Italia Viva) è entrato nel vivo della questione, manifestando il timore che il Ppe possa fare asse con i conservatori anziché con i liberali, destinati a essere scavalcati secondo i sondaggi dall’Ecr. “Non capisco come mai il Ppe sia disposto a collaborare con Vox, con Giorgia Meloni e con l’Ecr, che sono contro l’Europa e vogliono smantellare l’Europa dall’interno. Non ci si può aprire a questi movimenti. Nel Parlamento Ue ci sono due estreme destre: l’Ecr e l’Id”. insomma Gozi batte e ribatte sul tasto dell’allarme democratico. Un’arma spuntata. Soprattutto dopo le ultime evoluzioni del partito di le Pen e dopo l’esclusione di Afd dal gruppo Identità e Democrazia.
A mano a mano va dunque componendosi, almeno negli auspici delle forze in campo, la maggioranza alternativa alla maggioranza Ursula. Un progetto che andrebbe coronato dall’elezione di un presidente della Commissione conservatore. Un’ipotesi percorribile secondo Giorgia Meloni anche se l’Ecr non ha indicato un suo spitzenkandidat. In quest’ottica FdI invia messaggi a Manfred Weber, leader del Ppe, tramite Nicola Procaccini: “Leggo con un po’ di sconcerto che il mio collega Weber vorrebbe insistere nell’alleanza europea con i socialisti. Un patto scellerato che nell’ultima legislatura, dati i numeri in parlamento, era pressoché inevitabile per il Ppe, ma che nella prossima invece rappresenterebbe un tradimento delle ragioni politiche popolari, nate come alternative a quelle della sinistra europea”.
“Siamo alla vigilia di un voto decisivo, nel quale i cittadini italiani ed europei saranno chiamati a scegliere tra due modelli d’Europa. Da una parte, un gigante burocratico che pretende di regolamentare ogni aspetto della nostra vita e che è nemico delle specificità nazionali. Dall’altra, un’Europa consapevole di se stessa e della sua proiezione geopolitica. Che concentra le sue risorse sulle materie nelle quali può dare un valore aggiunto, a partire dalla politica estera e di sicurezza comune. E lascia tutto il resto alla sovranità delle Nazioni, nel rispetto del principio di sussidiarietà sancito dai trattati. Noi crediamo in questo secondo modello, e stiamo lavorando per costruirlo”. Così la premier Giorgia Meloni in un messaggio al network Ditelo sui tetti confermando la strategica posta in gioco del voto dell’8 e 9 giugno.
Due opposte visioni dell’Europa che sarà. “L’Europa che abbiamo nella mente e nel cuore deve saper ritrovare il suo bene più prezioso: l’orgoglio della propria storia, della propria identità e delle proprie radici”. Quella di un’Europa che sappia ritrovare la sua anima che l’ha resa ‘faro di civiltà’ nel corso dei millenni è la stella polare di FdI e della famiglia dei conservatori guidata da Meloni. “Perché non dobbiamo dimenticare che l’Europa è la terra nella quale fede, ragione e umanesimo hanno trovato quella perfetta sintesi che ha fecondato il terreno nel quale è nata la separazione tra Stato e Chiesa. È cresciuto lo nato lo Stato sociale, si è formata una società che mette al centro la difesa della vita, la tutela della dignità umana e la cura per i più fragili e gli ultimi”.
Identità ma anche futuro. Un lungo passaggio del messaggio indirizzato a Domenico Menorello, coordinatore di “Ditelo sui tetti”, è dedicato alla sfida demografica. “Vogliamo impedire che quella di Vecchio continente da etichetta storica quale è diventi, anche, una prognosi infausta per il futuro. Se non riusciamo a ripristinare un equilibrio fra la popolazione attiva e la popolazione che ha bisogno di assistenza, nel giro di pochi anni i nostri sistemi sociali collasseranno. Per questo sono convinta che la spesa finalizzata a sostenere la natalità, i servizi, gli aiuti alle famiglie e la conciliazione vita-lavoro, sia quella che più di ogni altra possa essere considerata un investimento produttivo”.
“È un investimento sul futuro – continua la premier – perché garantire l’equilibrio di un quadriennio di bilancio servirà a poco se, nel medio-lungo periodo, sarà l’intero sistema a diventare insostenibile”. Se verrà meno – spiega – “quella Next Generation alla quale l’Europa ha intitolato i piani di ripresa post-pandemia ma che rischia di non esistere” Meloni auspica un’Europa coraggiosa, all’altezza delle sfide a cominciare da quella della denatalità. “Che chiama in causa il nostro passato, che vivrà finché ci saranno figli ai quali genitori e nonni potranno tramandare cultura, identità e tradizione. Ma anche il nostro futuro comune, perché un’Europa giovane è un’Europa prospera, vitale e che sa immaginarsi forte, autorevole e protagonista nel mondo”.