Referendum Cgil sul Jobs Act: raccolte oltre le 850mila firme

Traguardo sempre più possibile per il referendum abrogativo del Jobs Act di Matteo Renzi che la Cgil ha fortemente voluto. Dopo aver già ottenuto il numero necessario di firme, non si ferma la raccolta delle adesioni del sindacato per portare di nuovo gli italiani alle urne, con l’obiettivo di eliminare dall’ordinamento giuslavoristico la legge che porta il volto e la firma di Renzi.

Un tentativo già ci fu, nel 2017, quando il referendum promosso sempre dalla Cgil, in particolare per l’abolizione del buono lavoro e sull’escussione preventiva negli appalti, già fissato per il 28 maggio di quell’anno, venne annullato a seguito dell’abolizione delle norme contestate tramite decreto legge del Governo.

Quante firme servono per il referendum abrogativo

Iniziamo col dire che il referendum abrogativo in Italia può essere richiesto in 3 modi:

direttamente dagli elettori, con la raccolta di almeno 500mila firme

da 5 Consigli regionali

da un quinto dei membri di una delle due Camere.

Per il referendum serve il quorum, cioè un numero minimo di elettori che devono andare a votare perché il referendum sia valido, e quindi per abrogare la legge oggetto del referendum: in particolare, deve votare la maggioranza degli aventi diritto al voto e deve essere raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

Per il referendum contro il Jobs Act, la Cgil ha già depositato i 4 quesiti presso la Corte di Cassazione, essendo già stato superato lo scoglio delle 500mila firme necessarie, a distanza di un solo mese e mezzo dall’inizio della campagna referendaria, avviata il 25 aprile. Anche la leader del pd Elly Schlein ha firmato. Ma il sindacato non si ferma e continua a raccogliere le adesioni.

Il segretario della Cgil Maurizio Landini ha detto oggi che “siamo vicini alle 850mila firme, ne stiamo raccogliendo tante e continueremo a raccoglierne anche durante i mesi di luglio e agosto”. Obiettivo del sindacato è portare gli italiani al voto, per abrogare con il “sì” al referendum il Jobs Act di Matteo Renzi.

Ospite del programma Tagadà su LA7, Landini ha sottolineato che “questo governo ha scelto di non confrontarsi, di non riconoscere ai sindacati il ruolo di difendere i lavoratori; su temi come le pensioni, la sanità, la riforma fiscale, oggi un confronto vero non c’è”. Da qui il ricorso a “strumenti democratici come il referendum”.

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