Il primo messaggio di Trump dopo l’attentato: ‘E’ stato Dio a impedire che l’impensabile accadesse’. L’ultima follia della sinistra: ‘L’attentato se l’è fatto da solo’

‘In questo momento è più importante che mai rimanere uniti e mostrare il nostro vero carattere di americani. Rimanendo forti e determinati e non permettendo al male di vincere’. In un nuovo post sui social, Donald Trump ha ringraziato i sostenitori dopo la sparatoria al suo comizio in Pennsylvania e ha affermato che ‘è stato solo Dio a impedire che l’impensabile accadesse’.

L’ex presidente degli Stati Uniti scrive un lungo messaggio sui social dicendosi impaziente di partecipare  alla convention nazionale repubblicana che si terrà nel Wisconsin. Lo ha annunciato lui stesso sul suo social media Truth Social. ‘Amo davvero il nostro Paese e amo tutti voi. Non vedo l’ora di parlare alla nostra grande nazione questa settimana dal Wisconsin’, ha scritto rivolgendosi ai suoi sostenitori. ‘Non avremo paura – ha scritto il Tycoon – ma resteremo resilienti nella nostra fede e sprezzanti di fronte alla malvagità. Il nostro amore va alle altre vittime e alle loro famiglie. Preghiamo per la guarigione di coloro che sono stati feriti e conserviamo nei nostri cuori il ricordo del cittadino che è stato così orribilmente ucciso’.

Infuriano le polemiche sugli omessi controlli dopo l’attentato a Donald Trump in Pennsylvania: il cecchino ha sparato ‘diversi colpi’, inspiegabilmente libero di colpire e, in queste ore, finisce sotto accusa il capo del Secret Service, Kimberly Cheatle. In una nota il portavoce dei servizi segreti statunitensi, Anthony Guglielmi, ha fornito il conto delle vittime: una persona nel pubblico è rimasta uccisa, mentre altre due sono gravemente ferite, oltre all’ex presidente Trump.

Nell’agosto 2022 il presidente Joe Biden ha nominato Kimberly Cheatle direttore dell’agenzia che protegge il presidente e tutte le maggiori personalità politiche americane. Fino a quella data Cheatle era stato un alto dirigente per la sicurezza della PepsiCo del Nord America.

Prima dell’esperienza nel colosso delle bevande aveva lavorato per 27 anni nel Secret Service, scalando tutti i gradini sino a diventare la prima donna nel ruolo di assistente del direttore per le operazioni di protezione. Era stata nella scorta di Biden quando era vicepresidente, come aveva ricordato lo stesso Biden in una nota, lodandone la sua ‘lunga e distinta carriera’ con ‘eccezionali capacità di leadership’. Una leadership che meno di due anni dopo viene pesantemente messa in discussione.

Dopo essere salito sul tetto, armato di fucile semiautomatico, un Ar-15 prodotto dalla Colt, il cecchino si è piazzato per mirare, senza che nessuno sia intervenuto per fermarlo. Dopo aver sparato i primi tre colpi, uno dei quali ha ferito Trump all’altezza dell’orecchio, si sono sentiti almeno altri sei colpi in rapida successione, probabilmente sparati dai cecchini dei servizi segreti che hanno neutralizzato l’attentatore. E, proprio sui servizi segreti Usa e le clamorose falle nel sistema di sicurezza si è scatenato il dibattito negli Usa. Proprio in queste ore la commissione di Controllo della Camera americana ha convocato il capo del Secret Service, Kimberly Cheatle, a testimoniare il 22 luglio. ‘Gli americani chiedono risposte sul tentativo di assassinare il presidente Trump’, ha scritto la commissione su X, sottolineando che la presenza della Cheatle sarà su base volontaria.

L’attentato, commesso da un ventenne di nome Thomas Matthew Crooks, originario di Bethel Park, Pennsylvania, è al centro di un’inchiesta dei servizi federali degli Stati Uniti. L’ipotesi riguarda errori o negligenze nelle misure di sicurezza adottate in vista del comizio dell’ex presidente, candidato alla Casa Bianca per i repubblicani in vista delle elezioni di novembre. Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, Crooks ha sparato più colpi verso il palco dove si trovava Trump ‘da una posizione elevata fuori dell’area del comizio’.

Un’analisi dell’Associated Press di oltre una dozzina di video e foto della scena del comizio di Trump, nonché di immagini satellitari del sito, mostra che chi ha sparato è riuscito ad avvicinarsi sorprendentemente al palco dove stava parlando l’ex presidente. Secondo alcuni giornalisti, il tetto su cui si era appostato era a meno di 150 metri dal palco, una distanza dalla quale un tiratore decente avrebbe potuto ragionevolmente colpire un bersaglio di dimensioni umane. Sarebbe infatti da chiarire come Crooks sia riuscito a raggiungere il tetto di un edificio adiacente all’area della manifestazione subito prima o proprio mentre Trump stava tenendo il discorso.

Il presunto attentatore di Donald Trump non aveva con sé documenti di identità. A quanto si sa, si chiamerebbe Thomas Matthew Crooks, secondo quanto scritto dal New York Post, che ha pubblicato anche le immagini del cadavere: sarebbe un maschio, bianco, dell’area di Butler. Secondo alcune ricostruzioni non ufficiali sarebbe vicino ai gruppi Antifa, termine che è una contrazione della parola ‘antifascista’ oppure insieme delle parole ‘azione’ e ‘antifascista’,  attivisti radicali di sinistra che non si riconoscono in un’unica sigla o partito politico e non hanno dei veri e propri leader o sedi ufficiali, anche se alcuni gruppi di militanti, come spiega Cnn, organizzano periodicamente incontri e riunioni. Sono organizzati in cellule locali autonome.

Dai primi riscontri è emerso poi che Crooks era registrato come repubblicano sebbene i registri federali di finanziamento delle campagne elettorali mostrino che ha donato 15 dollari al Progressive Turnout Project, un gruppo liberal per l’affluenza alle urne, tramite la piattaforma di donazioni democratica ActBlue nel gennaio 2021. A chiarire però le sue posizioni è stato l’attentatore stesso in un videomessaggio sui social: ‘Il mio nome è Thomas Matthew Crooks. Odio i repubblicani, odio Donald Trump’.

L’Fbi non aveva alcuna informazione su una potenziale minaccia prima del tentativo di assassinio contro l’ex presidente Donald Trump, ha dichiarato Kevin Rojek in una conferenza stampa il responsabile dell’ufficio dell’agenzia investigativa federale di Pittsburgh. ‘Dal punto di vista dell’FBI, no, non avevamo alcuna informazione specifica su minacce relative a questo evento’,  ha detto Rojek .

La polizia di stato della Pennsylvania ha dichiarato di essere a conoscenza di segnalazioni di attività sospette pochi minuti prima della sparatoria. Rojek ha confermato che gli inquirenti stanno trattando l’incidente come un tentativo di assassinio contro Trump e stanno ancora lavorando per identificare il movente del tiratore, che non aveva addosso documenti di riconoscimento.

‘Se l’è fatto da solo’. Ecco la nuova accusa che circola sui social contro Donald Trump. Con tanto di riferimenti a Pearl Harbor, ai due Kennedy e a una narrazione di sospetto paranoideo su tutto ciò che proviene dall’America, da sempre croce e delizia per i nostri connazionali.

Fra i tanti commenti che circolano su Facebook sull’attentato a The Donald, molti progressisti scrivono che in sostanza l’attentato sarebbe stato organizzato dall’entourage del candidato repubblicano per aumentare la popolarità e vincere le elezioni.

E a nulla serve far capire un ragionamento razionale: come si può organizzare un attentato in cui si fallisce l’obiettivo sparando da 150 metri e mancandolo per appena due centimetri ? E poi, organizzare un attentato significa ingaggiare chi spara, al quale nelle migliori delle ipotesi,  è destinato il carcere a vita? Ma la ragione perisce e muore davanti all’incombenza dei social.

Scrive un’elettrice dichiaratamente di sinistra: ‘L’attentato a Trump somiglia al finto attacco di Pearl Harbor. Allora gli Stati Uniti si fecero bombardare per poter iniziare la guerra’. Un altro ancora, un giornalista, rincara la dose: ‘Mi sembra la riedizione di Taxi Driver: tutto ciò che accade in America puzza sempre”.

C’è poi chi arriva addirittura al massimo della paranoia possibile: ‘Era tutto organizzato, lo staff aveva preparato tutto , con la complicità dell’attentatore’. Un altro ancora dice: ‘E’ un complotto organizzato dai repubblicani con l’aiuto di Putin per vincere le elezioni’ e l’elenco continua all’infinito chiamano in causa servizi segreti americani, russi, ucraini, israeliani e arabi.

Ma il massimo di queste farneticazioni è stato raggiunto da Gad Lerner, firma del Fatto Quotidiano ed eterno detrattore di Trump, che viene spinto  da Marianna Aprile e Luca Telese a ‘In Onda’, su La7, che si lascia andare nel solito comizio anti-Trump colmo di livore  e privo di solide basi storiche: ‘Sono colpito dalla reazione del tycoon – esordisce il giornalista – e sono consolato dal tweet in cui parla con calma di unire gli americani. Certamente questo lo favorisce ma per me resta un modello pericoloso. Credo che questa estrema destra galvanizzata anche dall’attentato in Pennsylvania tornerà a unirsi in questa ideologia dell’uomo forte’.

Per Lerner è sempre colpa dell’ex presidente americano. Dallo studio, arrivano le dovute precisazioni. ‘Hanno sparato a lui’, ricorda  il conduttore. Lerner, si auto-infila nel suo delirio:  ‘Voglio ricordare che hanno sparato anche a Hitler in passato. Questo però non ha fatto di lui un eroe’.

Paragonare Trump ad Hitler ci porta a consigliare a Gad Lerner di cambiare spacciatore….

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