QUANDO L’ISTANTE SI FA VERSO
La poesia giapponese e la bellezza della brevità
● HAIKU
L’haiku è una forma poetica della letteratura giapponese del sedicesimo secolo di incredibile brevità. Ogni
componimento poetico è formato da diciassette sillabe divise in tre versi con questo schema: cinque, sette, cinque. Non ha titolo né punteggiatura. Viene spesso definito il componimento dell’anima per eccellenza. Gli haiki li troverete scritti in rosso.
● BAISHÙ
Si tratta di un componimento poetico di origine cinese, di grande purezza e raffinatezza, composto da
quattro versi e trentadue sillabe così divise: sette, nove, sette, nove. Una poesia zen, come l’haiku, contemplativa, ermetica e spirituale. Una manciata di parole di altissima densità di significato, che spesso lascia grande libertà di interpretazione. I baishù li troverete scritti in blu.
DI CARTA, INCONTRI E SGUARDI
di Sara Durantini
Difronte ad una nuova opera, che sia essa di natura artistica o letteraria, mi viene naturale, se non addirittura spontaneo, esprimere le emozioni provate durante la visione o la lettura, sottoporre al vaglio critico la mia stessa mente nel suo processo di analisi. Già all’inizio del Novecento Thomas S. Eliot rifletteva su questo tema nel suo saggio Tradition and the Individual Talent e mi accorgo che mi sovvengono le sue parole in seguito alla lettura dell’opera Siamo fatte di carta, scritta e realizzata da Floriana Porta e Anna Maria Scocozza.
Potrei soffermarmi sul senso storico delle coautrici, «ciò che rende uno scrittore più acutamente consapevole della sua posizione nel tempo, della sua propria contemporaneità», citando T.S.Eliot. Invece, sento l’esigenza di spostare la lente d’ingrandimento sul legame di questo libro con la tradizione dei livres pauvres, inserendolo, per giustapposizione e confronto, tra altre opere del passato.
Siamo fatte di carta ha la particolarità di porsi come un dialogo intimo tra la parola e l’immagine, un incontro tra poeta e artista. La sua semplicità materiale si contrappone alla ricchezza creativa, sfidando l’idea tradizionale di valore nell’arte. Forte del richiamo affettivo al genere dei livres pauvres, questo libro sembra volerci ricordare che l’arte non è definita dalla sua opulenza, ma dall’impronta unica dell’espressione umana, dalla connessione emotiva che evoca nell’osservatore, dalla valorizzazione della qualità artistica e umana al di sopra della quantità materiale.
L’immediatezza, la rapidità, la fulminea apparente frammentarietà della parola poetica di Porta condivide
il baluginio emotivo, il palpito luminoso, la cesellatura che innesca una trama narrativa con le opere di Scocozza realizzate con la carta e con materiali riciclati. Questo tipo di lavoro risente del legame con la tradizione, iniziata da Daniel Leuwers, del “libro povero” quale opera d’arte che trascende i confini convenzionali dove è intensa la collaborazione tra poesia e immagine, tra parola scritta e arte visiva. La sinergia tra poeta e artista, che si esprime su un semplice foglio di carta, porta alla creazione di un’opera da esplorare.
Le due coautrici, Floriana Porta, nelle vesti di poeta, e Anna Maria Scocozza, in quelle di artista, intrecciano le loro voci creando un connubio creativo in cui parole e immagini si influenzano e si arricchiscono a vicenda.
In questo processo emergono espressioni condivise che riflettono i loro sentimenti e il loro universo interiore, celebrando la forza della collaborazione artistica che sembra, in un qualche modo, ricordare il concetto oraziano «ut pictura poësis».
Sfogliando e leggendo Siamo fatte di carta rintraccio quello che ha affermato l’artista francese Mylène Besson a proposito della sua arte e del significato che ruota attorno alla realizzazione di un’opera a quattro mani.
«Réaliser à quatre mains un livre d’artiste, c’est partager un espace avec un(e) ami(e), c’est désirer ensemble un objet commun, c’est donner et recevoir, c’est transformer l’espace de la page en lieu d’une intimité partagée».
«Creare un libro d’artista a quattro mani è condividere uno spazio con un amico, è desiderare insieme un oggetto comune, è dare e ricevere, è trasformare lo spazio della pagina in un luogo di intimità condivisa».
Questo desiderio di condivisione e di trasformazione da privato a pubblico, questo bisogno di donare, si avverte e cresce in intensità con il procedere di ogni pagina.
Il progetto di Porta e Scocozza prende le distanze dalla tradizione dei livres pauvres proprio a questo punto della sua storia quando il bisogno di condivisione esce dallo sguardo di pochi intimi per accogliere le mani e gli sguardi di un pubblico più ampio che può leggere e fare proprio il libro stesso.
Come scrive Recalcati a proposito del bambino, che solamente «se si vede guardato dall’Altro, se si rivede
nel volto dell’Altro, potrà autorizzarsi a guardare il volto del mondo», analogamente l’artista richiede di essere accolto dall’Altro, necessita dello sguardo altrui per costruire quel dialogo con l’Altro da sé.
L’artista, come il bambino, ha bisogno di edificare un incontro, proprio come nell’amore.
E dall’amore per l’arte e per la condivisione, dalla passione per la poesia e per la creazione con carta e materiali riciclati nasce Siamo fatte di carta, un progetto che sfida le convenzioni e celebra la creatività artistica come un’esperienza profondamente personale e significativa. Un progetto al quale auguro l’incontro con tanti sguardi e tante mani.