Elly Schlein è sempre alle prese con l’impresa di porsi come nemica e alternativa unica e possibile della premier Giorgia Meloni. L’incontro immaginario Meloni-Schlein prosegue all’Auditorium di Confindustria. dove si assiste alle stoccate in punta di fioretto della premier.
Partiamo dalla nomina di Raffaele Fitto in Ue con la segretaria Pd che inviava ultimatum e moniti replicando all’appello della Meloni che invitava alla compattezza le forze politiche italiane per il sostegno al candidato del governo in lizza nella commissione europea, rispondendo: «Difenderemo le priorità del Pd».
Il vicepresidente Fitto, riconosciuto a livello internazionale per competenze e per capacità e la scelta di Ursula von der Leyen conferma la stima europea di cui gode l’attuale ministro del governo italiano. Non solo. L’ufficializzazione della nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della commissione europea con delega alla Coesione e alle Riforme si presenta subito, e indiscutibilmente, come una vittoria di Giorgia Meloni.
La premier, nonostante il “no“ al bis di Ursula von der Leyen, ha ottenuto un riconoscimento tangibile e ben visibile a tutti, da parte della stessa presidente della Commissione europea. Un risultato che disorienta chi fino a ieri – a partire appunto dai partiti di opposizione – denunciava il rischio di «isolamento» per l’Italia a causa delle posizioni assunte dalla presidente del Consiglio.
Il Pd ed Elly vanno in affanno e prendono tempo anticipando che il voto dipenderà da quanto Fitto dirà durante le audizioni. Un modo dilatorio per provare a digerire quella che inevitabilmente appare come una “indigesta” vittoria di Meloni.
La premier interviene all’Assemblea di Confindustria all’Auditorium Parco della Musica di Roma, subito dopo il discorso introduttivo del presidente dell’associazione industriali Emanuele Orsini, e al cospetto, tra gli altri, della segretaria del Pd Elly Schlein. Dei vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, dei presidenti di Camera e Senato Fontana e La Russa, presenti in platea. E l’asse si sposta su un altro campo di battaglia: quello più ostinatamente interno. Ed è dal palco capitolino dell’Auditorium che ospita Confindustria, e dal terreno di scontro sulla Manovra, che si consuma l’ultimo atto della immaginaria sfida.
«Dobbiamo essere insieme soddisfatti per i risultati che abbiamo raggiunto considerando il contesto in cui abbiamo operato in questi due anni. Un quadro che avrebbe fatto tremare i polsi a chiunque, e che qualcuno aveva sperato potesse contribuire a un repentino fallimento dell’attuale governo», sottolinea con legittima soddisfazione la premier, con la Schlein in platea.
«Le cose sono andate diversamente: l’Italia supera le difficoltà meglio di altre nazioni europee, il merito è delle imprese e dei loro lavoratori – rivendica Meloni con orgoglio –. Non è lo Stato che crea ricchezza, che invece deve fare la sua parte». Ne consegue, il riconoscimento istituzionale alla «capacità del nostro tessuto industriale, spesso sottovalutata», che offre a Meloni la possibilità di sottolineare ironicamente – ma neanche poi troppo –: «Fatemi dire da chi è abituato a essere sottovalutato, che arriva nella storia di tutti il momento in cui non conta più quello che si presuppone. Conta il valore che le persone hanno e quello che è, non quello che si vorrebbe».
E allora, sorvoleremo in questa sede, perché già lo abbiamo fatto in altri contenuti, sull’aumento della produttività. Sul boom dell’«emissione del nuovo BTp a 30 anni alla quale hanno partecipato oltre 400 investitori per una domanda complessiva che ha superato i 130 miliardi di euro a fronte degli 8 miliardi che offriva il Tesoro. Il valore della fiducia che viene riposta nell’Italia – osserva Meloni –. E un valore record che non si era mai registrato prima. Il ritrovato appeal dei titoli pubblici è uno dei dati che mi piace di più».
Fino alle spiegazioni su «una manovra di buon senso» che lo stesso presidente di Confindustria Orsini ha elogiato, e per cui ha ringraziato il governo. Passando per il rilancio delle riforme – «faremo quel che va fatto, nonostante molte opposizioni», e poi «decideranno gli italiani», ha sottolineato la premier all’Auditorium – perché gli obiettivi, e i traguardi, sono a portata a mano.