Tensioni a Bruxelles contro la nomina di Raffaele Fitto come vicepresidente della Commissione UE

Marine Le Pen, Geert Wilders, Santiago Abascal e Matteo Salvini: il gotha del sovranismo europeo si è dato appuntamento a Bruxelles, per il suo primo pre-vertice, come vengono chiamate le riunioni delle grandi famiglie europee poche ore prima del Consiglio.

Fieramente uniti contro Ursula von Der Leyen e la sua nuova Commissione, si sono però detti pronti a votare a favore di Raffaele Fitto. Del resto, i Patrioti con 86 eletti, sono già la terza forza nell’Europarlamento.

L’anfitrione è stato il premier ungherese Viktor Orban, ancora per qualche mese presidente di turno del Consiglio, che per i suoi alleati ha aperto la sede della rappresentanza magiara. Matteo Salvini, dopo la riunione ha diffuso una nota dai toni trionfalistici: “E’ stato un vertice storico. Oggi più che mai, costituiamo il primo partito di opposizione dell’Unione europea”. Opposizione sì, ma anche molto attenti agli equilibri interni ai Paesi, come l’Italia, dove governa il premier di un partito, Ecr, che a Strasburgo siede a sinistra dei Patrioti. Da qui l’appoggio incondizionato al candidato commissario scelto da Roma: “Ovviamente voteremo per lui, è uomo eccellente e perfetto per questo lavoro in Europa”, ha annunciato sorridente Orban. Sulla stessa linea, anche se con meno entusiasmo, il lepenista Jordan Bardella: “Ci saranno le audizioni, ma Fitto è sicuramente il candidato naturale per la nostra famiglia politica”. Malgrado il via libera dei patrioti a Raffaele Fitto, il rebus della composizione della nuova Commissione è tutt’altro che risolto, e con i Socialisti e i Popolari sempre più distanti. A Bruxelles serpeggia ormai la convinzione che alla fine gli eurodeputati del Pd voteranno per l’ex governatore della Puglia. Tuttavia Elly Schlein ha tenuto a specificare la propria autonomia: “Noi non siamo come FdI. Noi – ha detto al Corriere – valuteremo attentamente le audizioni di tutti i candidati commissari, Fitto compreso, ma da Meloni non prendiamo lezioni”. Nella famiglia socialista, tuttavia, ci sono delegazioni ancora più scettiche nei confronti di Fitto e, soprattutto, del temuto abbraccio del Ppe con Ecr e Patrioti. Tra le file di S&D, di Renew e dei Verdi c’è ormai la certezza che Weber voglia giocare su più tavoli: quello della maggioranza Ursula e quello di una maggioranza Ppe-destre, che su tanti dossier potrebbe essere decisiva. Nelle audizioni – in programma dal 4 al 12 novembre – però ad essere necessario è il quorum dei 2/3 dei membri di ciascuna commissione competente. Il voto dei socialisti ma anche di Ecr sarà in ogni caso decisivo.

Le nomine dei commissari europei stanno creando frizioni all’interno del Parlamento UE, con tensioni particolarmente concentrate sulla figura di Raffaele Fitto, candidato italiano sostenuto dal governo Meloni. Giorgia Meloni ha accusato esplicitamente il gruppo dei Socialisti di manovre contro la nomina di Fitto, sottolineando che nelle ultime settimane è emersa una strategia volta a ritardare o bloccare la sua audizione. La premier ha parlato di “agguati politici” volti a mettere l’Italia in una posizione sfavorevole all’interno delle nomine europee.

Secondo Meloni, i Socialisti hanno cercato di spostare l’audizione di Fitto all’ultimo momento disponibile per indebolirne le chances di essere confermato. Questo, secondo lei, metterebbe l’Italia a rischio di perdere un’importante vicepresidenza esecutiva nella nuova Commissione europea.

Le tensioni sulle nomine in commissione giuridica

Il Parlamento europeo ha visto scontri accesi durante le audizioni preliminari dei commissari designati, soprattutto nella commissione giuridica (JURI). L’opposizione a Fitto arriva non solo dai Socialisti, ma anche da forze come i Verdi e The Left, che hanno abbandonato i lavori in segno di protesta. Questo clima di tensione rende incerta la definitiva approvazione di Fitto. Che necessita di ottenere il sostegno di almeno i due terzi della commissione di competenza.

Giorgia Meloni: il rischio di ritorsioni interne

Il rischio di ritorsioni politiche si estende anche agli altri vicepresidenti designati. Con una possibile ondata di bocciature nel caso in cui gli scontri tra le diverse fazioni politiche non si risolvano. Meloni teme che un clima teso e lacerato possa portare a un’escalation di ritorsioni e manovre sotterranee che metterebbero in pericolo la nomina di Fitto.

Sebbene il Partito Democratico, rappresentato dall’eurodeputato Nicola Zingaretti, abbia dichiarato che ascolterà Fitto senza pregiudizi, rimangono incertezze sulla reale posizione del gruppo socialista. L’incontro tra le forze socialiste, previsto nei prossimi giorni, dovrebbe chiarire se Fitto verrà sostenuto o se si tenterà di bloccare la sua candidatura con mosse politiche dietro le quinte. Come riportato da ilfattoquotidiano.it

“C’è grande sostegno da parte del Ppe per la vice presidente esecutiva di Raffaele Fitto. E’ stato ribadito anche nel corso del vertice dei Popolari, sono molto soddisfatto di questa scelta di sostenerlo con grande determinazione. I Socialisti, se non vogliono sostenere Fitto, perderanno il consenso del Ppe. Noi vogliamo garantire la stabilità delle istituzioni”, ha detto il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine della riunione pre-summit Ue del Ppe.

E nonostante le schermaglie con le opposizioni Giorgia Meloni tira dritto sul fronte europeo per blindare il suo fedelissimo Raffaele Fitto alla vicepresidenza esecutiva della Commissione europea. I meloniani si dicono soddisfatti del dibattito parlamentare di martedì nella quale Meloni non ha mancato di richiamare le opposizioni a fare il massimo per convincere le rispettive famiglie politiche europee a sostenere la conferma di Fitto nell’audizione che lo attende il 12 novembre prossimo.

Un affondo che  pare aver colpito nel segno soprattutto dentro al Pd, dove da tempo l’ala schleiniana e quella dei big di territorio eletti a Bruxelles (Bonaccini, Decaro, Nardella) si confrontano sul da farsi rispetto a Fitto: sostenerlo nell’ottica della coesione nazionale o lasciare che i socialisti europei continuino a martellarlo? In fondo, sussurrano i luogotenenti meloniani, è proprio per questo che Meloni non ha voluto sorvolare sul tema, anche a costo di esporsi a uno scambio di accuse e smentite sul comportamento tenuto cinque anni fa da FdI nei confronti del commissario designato Paolo Gentiloni.

La premier non ha gradito il tentativo della capogruppo socialista a Bruxelles, la spagnola Iratxe Garcia Perez, di collocare l’audizione di Fitto come ultima nel calendario, con il chiaro intento di tenere il commissario italiano in ostaggio fino all’ultimo minuto e, se necessario, provare ad impallinarlo. Un tentativo non andato in porto grazie alla copertura offerta al meloniano tanto dai Popolari quanto dai Patrioti.

E’ difficile pensare che i leader socialisti (Sanchez e Scholz su tutti) possano arrivare a far votare i loro eurodeputati contro l’avvio della nuova Commissione targata Ursula. La Spagna perderebbe le deleghe pesanti assegnate alla pasionaria rosso-verde Teresa Ribera e si entrerebbe in uno scenario mai verificatosi prima d’ora, che probabilmente non conviene a governi ormai deboli come quelli di Madrid e Berlino.

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