Nuovo record per i Btp ‘patriottici’: 200 miliardi di dollari

Il ministro Giorgetti lo dice chiaramente a chiare lettere: “Rispetto ai gufi e corvacci che pronosticavano che il governo avrebbe portato il Paese in fallimento e che non avrebbe mantenuto le promesse elettorali, noi non solo non stiamo portando il Paese in fallimento, anzi incredibilmente abbiamo migliorato il rating e abbassato lo spread”.

Il ministero dell’Economia oggi può vantare un altro clamoroso record sui mercati finanziari e del risparmio, a conferma della solidità dei conti italiani: una domanda record da 200 miliardi di dollari (e di euro) per i cosiddetti “Btp tricolore”, o anche “patriottici”, con una richiesta mai così alta per un’emissione italiana e al secondo posto in Europa per i collocamenti ‘dual tranche’ in Europa dopo i bond ‘Sure‘ dell’Unione europea di quattro anni fa.

Il record dei Btp e la solidità italiana

Una grande performance, quella dell’emissione, annunciata ieri dal Tesoro, da 10 miliardi di euro sul nuovo Btp a sette anni novembre 2031 e tre miliardi sul trentennale 1 ottobre 2054: ordini che hanno totalizzato circa 206 miliardi complessivi. Un livello record in Italia che sbriciola il massimo storico di domanda, 130 miliardi, del mese scorso sul trentennale.

La solidità del rating italiano conquista i mercati

A incoraggiare gli investitori la volontà di assicurarsi rendimenti interessanti prima dei prossimi tagli Bce, ma anche la decisione di Fitch di alzare a ‘positiva’ da stabile la prospettiva sul rating dell’Italia. I dati del Tesoro disegnano una corsa degli investitori ad accaparrarsi i succosi rendimenti del debito italiano, prima che questi vengano falciati da nuovi tagli dei tassi da parte della Banca centrale europea. Lo spread Btp-bund era partito stabile a circa 122 punti base, mettendosi alle spalle la forte tensione vista ieri, quando una pioggia di vendite si era abbattuta sui titoli di Stato europei – incluso il bund tedesco – facendo volare lo spread di oltre 10 punti base sul ridimensionamento dell’ipotesi di un taglio dei tassi da mezzo punto da parte della Bce a dicembre. Un collocamento che ha consentito al Mef di risparmiare qualcosa su un collocamento sindacato, tipicamente più costoso che nelle aste regolari: secondo le indiscrezioni sarebbe di appena sette punti base lo spread pagato sul sette anni rispetto ai tassi di mercato, e di nove sul trentennale.

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