Giustizia: separazione carriere e Anm

Tra pochi giorni arriverà in Parlamento la legge per la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti (i pm) e giudicanti (i giudici). È un passo fondamentale verso una riforma sostanziale del sistema giudiziario, qualcuno sostiene addirittura che si tratti di un passo epocale senza il quale qualsiasi altro aggiustamento non produrrebbe gli effetti sperati. Magistrati e sinistra, detti ‘toghe rosse’, sono sulle barricate e annunciano segnali di guerra.

Il Ddl costituzionale sulla separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti approderà in Aula a Montecitorio il prossimo 26 novembre, e già governo e Associazione nazionale magistrati intensificano lo scontro. “In attesa delle riforme peggiorative dell’attuale assetto, si prova a impaurire i magistrati”, denuncia il sindacato delle toghe. Il tema della separazione delle carriere – da sempre controverso – risulta incandescente dopo l’offensiva dell’esecutivo contro le mancate convalide dei trattenimenti dei richiedenti asilo da “Paesi sicuri”: sicuri per il governo ma non secondo la Corte Ue.

“Separazione delle carriere e riforma del Csm fanno parte del mandato che ci hanno affidato gli elettori, quindi non è neanche un nostro diritto ma un nostro dovere portarlo a compimento”, rivendica il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Da un lato il Guardasigilli ripete “il cronoprogramma” con possibile “doppia lettura entro luglio” e successiva indizione del “referendum evitabile solo con maggioranza qualificata”; dall’altro lato riconosce che “in una materia così sensibile e controversa è giusto dare parola al popolo”.

Rappresentare “agli occhi dell’opinione pubblica la magistratura come un organo fazioso – spiega –, è come dire ai cittadini: i magistrati non sono magistrati perché un magistrato fazioso non è un magistrato”. Risulta “grave” anche etichettare “un magistrato come anti-italiano”, in una narrazione che lo antagonizza. E ancora più assurdo “è dire che i magistrati smontano il lavoro del governo”. “Noi – ricorda Santalucia – non siamo chiamati a completare il lavoro del governo, ma a far rispettare diritti e garanzie delle persone”.

Chi per primo parlò apertamente della necessità di separare le carriere di pm e giudici fu Giovanni Falcone che, in merito, elaborò un testo che il giornalista Mario Pirani che le pubblicò su La Repubblica del 13 ottobre 1991: «Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri.
Chi richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il pm sotto il controllo dell’esecutivo.

Il comizio del presidente dell’Associazione nazionale magistrati va in onda in diretta, per fortuna non ancora a reti unificate: su La7. A spiegare che i magistrati non sono “politicizzati” e che sbaglia il governo a parlare di toghe rosse. A parlare è Giuseppe Santalucia, 60 anni, da sempre iscritto a Magistratura democratica, corrente rossa della magistratura. Per cinque anni, in via Arenula, ha lavorato all’ufficio legislativo con l’allora ministro Pd della Giustizia, Andrea Orlando, di recente trombato alle elezioni regionali in Liguria.

‘Si pensa di risolvere i problemi della giustizia aumentando l’incidenza della politica ma io dico che non è la strada da percorrere. Non che la magistratura non abbia sbagliato ma fatta una diagnosi bisogna vedere se la terapia che si mette in campo risponde ma io dico che questo aggraverà il problema”, afferma il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Giuseppe Santalucia, nel corso della sua audizione alla commissione parlamentare Affari Costituzionali. Santalucia, ha aggiunto che la separazione delle carriere “è un grande passo indietro” e “non si rafforza l’autonomia e l’indipendenza né della magistratura giudicante né della inquirente. Nei Csm saranno in maggioranza numerica i magistrati inquirenti: si rafforzerà il pm a danno del giudicante, e questo creerà uno squilibrio nei fatti, con una magistratura inquirente che sarà autoreferenziale”.

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