In scena fino al 14 novembre presso il Teatro Sala Umberto di Roma, ‘Vorrei una voce’ è una straordinaria opera di Tindaro Granata, un monologo poetico e intenso che esplora il potere salvifico del sogno e della musica. Con le canzoni di Mina in playback a fare da filo conduttore, Granata racconta la storia di una persona ex carcerata, intrecciando la propria narrazione con quella di un gruppo di detenute con cui ha lavorato al teatro Piccolo Shakespeare nella Casa Circondariale di Messina, all’interno del progetto “Il Teatro per Sognare” diretto da Daniela Ursino.
Granata costruisce una drammaturgia che tocca corde profonde, un racconto di chi ha smesso di sognare, ma attraverso la musica riesce a ritrovare una speranza di libertà. In questo senso, le canzoni di Mina diventano più che semplici intermezzi musicali: sono metafore della fuga e della rinascita. La stessa Mina, con la sua voce inconfondibile, ha vissuto una forma di “evasione” artistica, scegliendo di ritirarsi dalle scene e cantare lontana dalle telecamere dopo essere stata estromessa dalla televisione italiana a seguito della sua relazione con Corrado Pani. Come l’artista, che ha usato il canto per evadere dalla “gabbia” della censura, il protagonista del monologo di Granata trova nella musica un varco per respirare e reinventarsi.
Sul palco, Tindaro Granata esibisce una straordinaria capacità interpretativa, mettendo in luce una personalità complessa e sfaccettata, in bilico tra mascolinità e femminilità, che aggiunge al personaggio una forza drammatica unica. La sua interpretazione ha saputo commuovere e coinvolgere il pubblico in sala, composto anche da volti noti del mondo dello spettacolo, rendendo la rappresentazione una vera esperienza condivisa.
Il design luci di Luigi Biondi e i costumi di Aurora Damanti contribuiscono a creare un’atmosfera intima, quasi sospesa, mentre la regia sottile e attenta permette a Granata di alternare con naturalezza il racconto alla rappresentazione vera e propria, senza mai perdere il ritmo. La sua storia di rinascita è, infatti, quella di chi ha ritrovato la gioia di vivere grazie alla musica, un viaggio che parte dal buio e si apre verso la luce, lasciando gli spettatori profondamente toccati.
La produzione, curata da LAC Lugano Arte e Cultura con la collaborazione di Proxima Res e il supporto del Gruppo Ospedaliero Moncucco, dimostra una qualità artistica impeccabile, rendendo Vorrei una voce un’opera imprescindibile per chi ama il teatro di impegno civile. Lo spettacolo non si limita a rappresentare una storia personale, ma riflette sul concetto di libertà, un bene che, come ci ricorda l’autore, è intimamente legato alla capacità di sognare.
Un’opera potente e toccante, che merita di essere vista e che non dimenticherete facilmente.
Marco Zucchi