Pranzo al Quirinale tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni. Un faccia a faccia che si è tenuto nelle ore calde dell’incidente parlamentare al Senato sul decreto fiscale e dello scontro durissimo tra Antonio Tajani e Matteo Salvini. In realtà un incontro di routine che si tiene riservatamente di media una volta al mese.
I due, si apprende, hanno discusso delle scadenze legate alla legge di bilancio, ma anche del profilo del successore di Raffaele Fitto al ministero del Pnrr. Un tema caldo, che sta a cuore al capo dello Stato perché anche da quella sfida dipende l’immagine di affidabilità del Paese nei confronti dell’Europa e dei mercati.
Era programmato da almeno una settimana, non è stato un “bilaterale” a sorpresa, né un incontro eccezionale dovuto alle fibrillazioni parlamentari di queste ore, come insinuano certe ricostruzioni giornalistiche. Il pranzo tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni, ‘raccontato’ per primo dal Corriere della Sera, rientra negli incontri ‘quasi automatici” quando ci sono missioni all’estero di rilievo, puntualizzano fonti di Palazzo Chigi. Si è trattato di un incontro “cordiale e collaborativo”, confermano dal Colle.
Al centro del colloquio, durato circa un’ora, le questioni di politica estera, la manovra e le vicende legate all’Unione europea. Sul tavolo, come detto, anche l’imminente addio del ministro Raffaele Fitto dopo la nomina vicepresidente esecutivo della Commissione Ue. Il nuovo incaricato del ministro è stato “sponsorizzato” non poco dal capo dello Stato nei giorni dell’impasse sulle trattative europee, quando aveva blindato Fitto definendolo “importante per l’Italia”. Praticamente le stesse parole utilizzate dalla premier Meloni da Cagliari in occasione della firma del patto di coesione. “La vicepresidenza esecutiva della Ue con Fitto – ha detto – è un risultato di cui l’Italia deve andare fiera. Un risultato che pone la nostra Nazione in una condizione di centralità nella prossima Commissione europea”.
Il pranzo al Quirinale utile anche ai temi caldi dell’agenda politica, specie in un periodo di fine anno che comporta decisioni importanti da parte del Palazzo. In primis la manovra finanziaria, che sia Camera sia Senato dovranno approvare definitivamente entro il 31 dicembre, con tutte le misure economiche che il governo ha messo in cantiere.
Il ministro uscente Raffaele Fitto, pronto a fare le valigie per Bruxelles, genera interrogativi e ragionamenti su quale sia il modo migliore per sostituirlo. Da considerare che il superdicastero guidato da Fitto -Affari europei, Sud, Politiche di coesione e Pnrr- era stato tagliato esclusivamente per Fitto e sarà difficile mettere qualcun’altro al suo posto.
L’idea della premier resterebbe, dunque, quella di tenere l’interim e ‘ripartire’ il pacchetto di deleghe che fino ad ora Fitto ha gestito in solitaria puntando innanzitutto su Palazzo Chigi, dove la presidente del Consiglio può contare su due sottosegretari come Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, con il primo in funzione di ‘regista’. E giocando più avanti la carta di un sottosegretario ad hoc – due i posti venuti meno nel sottogoverno con le dimissioni di Vittorio Sgarbi e Augusta Montaruli – creandone uno agli Affari europei.
“Il mantra è: lasciare ogni cosa al suo posto. E, se proprio necessario, toccare il meno possibile”. Per lo stesso concetto caro a Giorgia Meloni -“squadra che vince non si cambia”- non c’è un ‘dopo Fitto’ nei disegni futuri del governo, anche perché “per fare un Fitto ne servirebbero tre”, la battuta che rimbalza.
“Di nuovi ministri – assicurano le stesse fonti – al momento non se ne parla”, e questo nonostante continui a circolare il nome di Elisabetta Belloni, “se poi più avanti cambieranno le cose è chiaro che un ministro di Fdi va sostituito con un ministro che veste la stessa maglia”. Vale a dire, nessuna concessione per Fi e Lega, tanto più alla luce degli affondi tra i due alleati