Il governo in Francia di Michel Barnier è caduto dopo solo tre mesi con una mozione di sfiducia dell’Assemblée Nationale. A sfavore del premier hanno votato 331 deputati su 574, evento questo che non si verificava in Francia dal 1962 quando ad essere sfiduciato era stato il governo di Georges Pompidou. Ed è un fatto!
Il Presidente della Repubblica Emmanuel Macron vorrebbe ora accelerare la nomina di un nuovo premier in vista dell’incontro con il neo eletto inquilino della Casa Bianca Donald Trump, che sarà a Parigi per la riapertura di Notre-Dame. Qualunque sarà la scelta dovrà passare per il benestare di Marine di Le Pen che vanta ben 143 deputati.
Qualche settimana fa si è scoperto che i giudici francesi, che sono sotto il controllo del Ministero di Giustizia, chiedono che Le Pen venga esclusa dai pubblici uffici per 5 anni per un uso presumibilmente illegittimo dei fondi europei. Avrebbe pagato i collaboratori, anziché i “dipendenti” del partito. Questione di lana caprina. La sostanza è questa: Le Pen capisce che il ministro socialista Didier Migaud stia complottando per renderla incandidabile alle prossime elezioni presidenziali. Perché mai avrebbe dovuto continuare a sostenere l’esecutivo senza avere un proprio ministro, né il riconoscimento formale di soggetto politico e con il tintinnio di manette agitato dalle parti di Matignon? Così arriviamo al voto di censura, che ha portato alla caduta del governo. Vengono invocate da destra e sinistra le dimissioni di Macron che afferma che si parla di “fantapolitica”, perché non contemplate nei suoi pensieri, attaccando, al contempo, “estrema destra e estrema sinistra” colpevoli di essersi “unite in un fronte antirepubblicano”, visto che Michel Barnier è stato sfiduciato “malgrado le concessioni” fatte dal suo governo. Rifiuta di prendersi la colpa della crisi: “So che alcune persone sono tentate di incolparmi per questa situazione. È molto più comodo”. Non mette mai in discussione lo scioglimento dell’Assemblea nazionale deciso dopo il trionfo del Rassemblement National alle Europee, ma si limita ad assumersi la responsabilità del fatto che “non sia stato compreso” escludendo ancora una volta le proprie dimissioni. Il presidente francese Emmanuel Macron parla in tv il giorno dopo la caduta del governo più breve dal 1958. E ai connazionali annuncia che costituirà un nuovo esecutivo “di interesse generale”.
Il nome del primo ministro sarà svelato in seguito, anche se si fa il nome del leader centrista François Bayrou, ricevuto all’Eliseo qualche ora prima. L’incarico, dice, sarà di formare “un governo ristretto al vostro servizio”, composto dall’insieme delle forze politiche disponibili a non sfiduciarlo. Parla della mancata approvazione della legge finanziaria da 60 miliardi, punto centrale su cui si è consumata la sfiducia, assicurando che “entro metà dicembre sarà presentata in Parlamento una legge finanziaria speciale per la continuità dei servizi pubblici e della vita del Paese come previsto dalla Costituzione”.
La legge di fatto autorizzerà l’avvio dell’esercizio provvisorio: vale a dire che il bilancio 2024 sarà applicato anche al 2025. Non è una soluzione di lungo periodo: significa non tagliare il deficit, destinato a salire verso il 7%, e – cosa che più interessa i contribuenti – non adeguare gli scaglioni fiscali all’inflazione. Col risultato che “18 milioni di francesi pagheranno più tasse”.
D’obbligo i ringraziamenti all’ex premier e commissario europeo “per la sua dedizione e la sua combattivit. Nel suo discorso alla nazione, Macron scandisce: “Il mandato che mi avete democraticamente affidato è di cinque anni e lo eserciterò fino in fondo. La mia responsabilità è quella di assicurare la continuità dello Stato, il buon funzionamento delle nostre istituzioni, l’indipendenza del nostro Paese e la protezione di tutti voi”. Fino al 2027, continua, “abbiamo 30 mesi davanti: siano d’azione”.
Chiude l’intervento invitando a “ricostruire la nazione” ripristinando “la saggezza dove c’è rabbia, insulto” e l’unità “dove c’è divisione”.
Francia con il fiato sospeso dopo la caduta del governo Barnier, sfiduciato con 331 voti e durato poco meno di tre mesi. Il premier è salito oggi all’Eliseo per rassegnare le dimissioni, resterà in carico per la gestione degli affari correnti fino alla nomina del nuovo primo ministro, di cui ancora non c’è traccia. Emmanuel Macron, che aveva promesso una scelta rapida (al massimo 24 ore) non è ancora pronto ed è sempre più solo. Poco prima del suo discorso alla nazione già è chiaro non avrebbe annunciato in serata il nuovo premier. E così è stato, se ne parlerà nei prossimi giorni, ha detto. “Non possiamo permetterci l’immobilismo. Nei prossimi giorni nominerò un primo ministro che unisca le forze politiche” dice aggiungendo che dovrà fare una legge speciale, la legge di bilancio che sarà “la priorità”. Macron vuole, aspira a un “governo di interesse generale”. “Darò istruzioni al primo ministro affinché formi un governo di interesse generale. Lui dovrà svolgere le sue consultazioni e formare un governo compatto al vostro servizio”, che sarà composto da tutte le forze politiche. Non manca il paragone a effetto della nazione francese con Notre Dame. Il presidente esorta a un progetto di governo “chiaro” come lo è stato quello per la cattedrale ricostruita dopo essere andata a fuoco cinque anni e mezzo fa.
Adesso si prospettano ore molto difficili per l’Eliseo, a cominciare dalla scelta del primo ministro. Secondo indiscrezioni dei media, Macron starebbe pensando all’ex premier Bernard Cazeneuve e agli attuali ministri delle Forze armate e dell’Interno Sébastien Lecornu e Bruno Retailleau. Ma in pole position ci sarebbe François Bayrou, leader del partito centrista Modem, molto vicino all’inquilino dell’Eliseo, che è stato ricevuto a pranzo da Macron. Sono pronti a dare ancora battaglia i gauchisti: la leader dei deputati di France Insoumise, Mathilde Panot, ha avvertito che il suo partito sfiducerà “ovviamente” qualsiasi primo ministro che non sia del Nuovo Fronte Popolare. La fotografia della Francia dopo 7 anni di Macronite la scatta bene un ex gilet giallo come Jacline Mouraud.
“La mozione di sfiducia votata contro il governo risponde alla stanchezza monumentale che c’è all’interno della società francese. Quello che è successo non è legato a Barnier, i francesi vogliono che Emmanuel Macron se ne vada”.