L’ansia, una problematica sempre più diffusa che merita precisa attenzione e adeguato approfondimento. Ne parliamo con il dott. Elio Bava, noto medico specialista, odontoiatra d’eccellenza, attento giornalista in campo sanitario e culturale, accurato scrittore, che ha studiato, approfondito attentamente e poi trattato la materia nei suoi scritti, con precisione e chiarezza, fornendo info e consigli efficaci, quale convinto sostenitore dell’importanza fondamentale di un rapporto ottimale tra medico e paziente, basato innanzitutto sulla presa in carico ad ampio raggio di quest’ultimo, da parte del “curatore”. Nel pieno rispetto del giuramento d’Ippocrate, fondamento imprescindibile per esercitare coscienziosamente la professione medica e mirare, quindi, al benessere globale della persona sofferente, in quanto bisognosa di cure efficaci, atte a sanarlo e non ad intervenire esclusivamente su una specifica patologia trascurando le altre problematiche, in primis quelle attinenti.
Prof. Bava, quale deve essere l’approccio del sanitario nei confronti dell’ammalato?
“Il primo incontro con il paziente deve essere un incontro umano conoscitivo, prima ancora di valutare la necessità che lo ha spinto dal medico. Soprattutto se il medico è un operatore chirurgico, come lo specialista in odontoiatria o in chirurgia plastica.”
Come riesce ad individuare in genere uno stato d’ansia nella persona che si rivolge a lei per essere curata?
“Nell’esposizione del racconto del paziente, sul motivo che ha determinato la visita, come il dolore, la sua localizzazione o la durata, si ravvisa frequentemente un disagio che va oltre una normale preoccupazione. Questo è uno stato d’ansia. Nel prosieguo del colloquio, è il paziente stesso a descriverlo attraverso le sue sintomatologie: sudorazione, senso di soffocamento, gastrite ecc.. E può subordinarle addirittura al motivo stesso che lo ha portato in clinica – chiarisce il professionista – come la necessità di sottoporsi a terapie odontoiatriche. Nell’ascolto, la persona riferisce che, ancor prima di venire in clinica, già l’impegno dell’appuntamento gli creava uno stato d’ansia.”
Cosa s’intende quando si parla di ansia e quanto deve destare preoccupazione essere ansiosi?
“Un normale stato di ansia possiamo dire che è necessario: eleva il nostro livello di attenzione e ci protegge, mettendoci in guardia da situazioni che possono essere pericolose. Ad esempio, attraversare la strada o sbrigare faccende domestiche. Altre volte, l’ansia interviene nel creare uno stato di normale tensione, per superare una prova, un esame, un colloquio di lavoro. Comunque, dopo tutto torna nella normalità.” – chiarisce il prof. Elio Bava, e precisa: “Alcune volte però questo sano e necessario senso di allarme aumenta e sfocia in un disturbo ansioso. Questo si sviluppa con una eccessiva preoccupazione, non soltanto riguardante eventi presenti. Pure su fatti futuri che potrebbero accadere, generando esagerate reazioni emotive.”
E, allora, in queste circostanze cosa succede?
“Accade che questo stato attivi il sistema nervoso autonomo, provocando un aumento del battito cardiaco e della respirazione, ed anche altri sintomi: una stretta allo stomaco, sudorazione, ecc.” Va detto che queste reazioni possono essere però particolarmente preoccupanti e, come spiega il noto specialista in campo medico: “Purtroppo, altre volte lo stato d’ansia aumenta, diventando patologico con disturbi che invalidano la vita sociale. In tal modo potremmo descrivere insonnia con risvegli frequenti; agorafobia, cioè paura di trovarsi in dei luoghi da dove non si può scappare. Allora, si cerca di dormire con le finestre aperte, o scegliere posti al mare o al ristorante che siano dislocati rispetto ad altri. Oppure, di evitare posti chiusi o viaggi lunghi in treno o in aereo.”
Professor Bava, esistono altri tipi di ansia diffusi?
“L’ansia sociale, ovvero il disagio di stare con altre persone per la possibilità di apparire inadeguati ed essere quindi giudicati negativamente; per non essere all’altezza o, semplicemente, per il timore di apparire imbarazzati.” – aggiunge il professionista, approfondendo la problematica nei suoi vari aspetti.
Quali possono essere le cause?
“Lo stato d’ansia patologico può essere indotto da emozioni soffocate e represse, dovute ad un’educazione molto rigida da parte dei genitori, o da forme estreme di perfezionamento su come si affronta la quotidianità. Ad esempio, l’eccessiva pulizia nei lavori domestici, un ordine troppo meticoloso, quasi maniacale etc.”
Quanto è da considerare grave l’ansia e soprattutto, cosa fare?
“L’ansia patologica non va sottovalutata, ma curata al più presto, perché può sfociare verso la depressione.” – avverte l’illustre professore. “Possiamo definire l’ansia come un’emozione al negativo. Credo che il responsabile delle forme ansiogene in gran parte dei casi sia l’attuale contesto storico, in quanto protagonista di un diffuso disagio sociale dominato dalla dipendenza tecnologica e dalla voglia di misurarsi a tutti i costi con la logica del risultato.” – afferma lo specialista, indicando le cause scatenanti principali individuate in tanti anni a contatto con soggetti sofferenti e continua: “Tutto ciò porta inevitabilmente all’insoddisfazione, che si impadronisce del sè e spinge la persona verso l’ansia.”
Come deve comportarsi il medico nel momento in cui si trova davanti ad un paziente ansioso?
“In questi casi, il medico deve in primis comprendere e aiutare il paziente verso l’approccio terapeutico, creando un rapporto umano e un clima di fiducia. Dall’ascolto emergeranno le condizioni per aiutarlo a sostenere le cure odontoiatriche, se necessario, anche attraverso il supporto farmacologico e psicologico. Davanti a situazioni dolorose e urgenti, si può inoltre fare ricorso ad un’anestesia leggera e cosciente, che è l’analgoanalgesia.” – precisa l‘eminente clinico, fornendo delle preziose indicazioni a riguardo. L’ansia si può definire un male dei giorni nostri? “Cito due riferimenti storici: quelli di Cicerone e di Seneca, in quanto l’ansia era ben conosciuta fin dai tempi dell’antica Roma.” Il prof. Bava si collega con precisione a fatti di grande interesse appartenenti ad epoche remote, oggetto di accurato studio, che dimostrano quanto sia remota l’origine dell’ansia. “Vorrei ricordare l’epistola 18, libro primo, di Cicerone, dove si fa riferimento all’angoscia: ‘multa sunt enim quae sollicitant anguntque’. Ossia: ‘molte sono infatti le cose che mi preoccupano e mi angosciano’, indicando così le svariate forme con le quali si presenta l’ansia”. E aggiunge, traendo saggiamente una efficace lezione di vita per la realtà attuale, da un importante insegnamento molto antico (61-65 d.C.), riguardo all’ “ansia d’attesa”, particolarmente diffusa al giorno d’oggi: “Seneca nella lettera a Lucilio, che scrisse quando si allontanò da Nerone, consigliò a tanti, che erano ansiosi e preoccupati dal momento politico, di non essere infelici perché i pericoli futuri non erano arrivati. Quindi, non c’era motivo di essere ansiosi di qualcosa che non c’era, indicando così una semplice condotta per evitare una forma di ‘ansia d’attesa’, oggi molto attuale”. Dalla conoscenza del passato, ancora una volta giunge la soluzione per un presente migliore.
Teresa Lucianelli
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