Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha lasciato il suo incarico: le dimissioni, secondo quanto rivelato dal Corriere della Sera, sono state presentate giovedì mattina al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. In una lunga intervista alla stessa testata, Ruffini, 55 anni, alla guida dell’Agenzia delle Entrate dal 2017 per nomina del governo Gentiloni e prima ancora di Equitalia con il governo Renzi, ha smentito di voler scendere in campo, ma ha rivendicato il suo «diritto di parlare» e di occuparsi di politica «da cittadino», scagliando insieme una serie di accuse al governo, che suonano tanto come la preparazione del terreno esattamente per ciò che dice di non voler fare il federatore della sinistra.
«No», ha risposto secco Ruffini alla domanda diretta di Fiorenza Sarzanini che firma l’intervista. «Non scendo e non salgo da nessuna parte. Dimettermi è l’unico modo per rimanere me stesso, un avvocato che da tanti anni scrive e partecipa a incontri pubblici su ciò che ci unisce, come la Costituzione e l’uguaglianza, la mia unica bussola in questi anni è stata il rispetto per le leggi e per il mandato che mi è stato affidato, ho letto però che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l’incarico».
Le sollecitazioni sulle dimissioni in queste ore sono arrivate da Matteo Renzi e da Maurizio Gasparri, ma a leggere l’intervista sembra che Ruffini sia stato oggetto di un insostenibile fuoco di fila. In realtà, sull’ipotesi di una discesa in campo si è esercitato soprattutto un agitatissimo fronte progressista, sempre in bilico tra l’attesa dell’intervento divino e il timore che arrivi davvero qualcuno a occupare spazi oggetto di mire di tanti.
Ho taciuto sinora, per senso dello Stato. Attenzione però: se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato; tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l’Agenzia. Personalmente ho sempre pensato che a danneggiare i cittadini onesti siano gli evasori.
Ruffini rivendica i risultati della lotta all’evasione e delle politiche per il recupero tributario, conseguiti proprio con questo governo. Ruffini si è detto fiero «in primo luogo, del calo dell’evasione, che è scesa di circa il 30 per cento, e parallelamente dei record di recupero che abbiamo stabilito, fino a superare i 31 miliardi incassati in un solo anno. A volte – ha però aggiunto – sembra quasi che contrastare gli evasori sia una colpa e ci si preoccupi più di questo che degli ospedali che chiudono, delle scuole che non hanno fondi o della carenza di servizi perché le risorse sono insufficienti. Lo ripeto, se tutti contribuissimo in ragione della nostra condizione economica, tutti pagheremmo meno e avremmo la concreta possibilità di avere a disposizione servizi migliori».