Gdf. Maxi-frode internazionale di 17 società: iva evasa per 112mln

Le sedi legali erano in situate in paesi europei come Cipro, Francia, Gran Bretagna, Irlanda e Spagna, ma in Italia erano commercializzate migliaia di tonnellate di materie prime disattendendo qualsiasi obbligo fiscale. Così 17 imprese hanno evaso 112 milioni di euro di Iva, secondo quanto accertato dalle Fiamme Gialle di Bergamo in 3 anni e mezzo di indagini, necessari per ricostruire la commercializzazione in Italia migliaia di tonnellate di materie prime, soprattutto polimeri e cellulosa, per un valore di 560 milioni di euro. Nove i denunciati: tre inglesi, due francesi, un irlandese, un polacco, un tedesco e un italiano, da tempo residente all’estero. Con la contestazione di omessa o infedele presentazione della dichiarazione Iva ed occultamento o distruzione di documenti contabili sono scattati anche i sequestri dei beni degli indagati. Le società estere individuate, tutte comunitarie, sono risultate risiedere tra Cipro (3), Francia (3), Gran Bretagna (9), Irlanda (1) e Spagna (1): in particolare, quella formalmente domiciliata in Irlanda ma operante stabilmente in Italia, ha sottratto all’imposizione diretta (Ires e Irap) un imponibile di oltre 62 milioni di euro. Il sistema di frode alla base della maxi evasione prevedeva l’improprio utilizzo delle partite Iva italiane che, a richiesta delle società comunitarie, sono attribuite dal Centro operativo di Pescara dell’Agenzia delle Entrate per consentire la diretta fatturazione delle operazioni commerciali effettuate in Italia senza il tramite di un rappresentante fiscale nazionale. L’operazione è stata chiamata ‘999’ perché queste partite Iva hanno la caratteristica di essere contraddistinte dalla serie numerica 999 prima dell’ultima cifra. Le società in questione, pur avendo fatturato transazioni commerciali in Italia, hanno per lo più omesso qualsiasi obbligo fiscale: tenuta dei registri e delle fatture emesse, presentazione della dichiarazione Iva, versamenti d’imposta. In altri casi, invece, alcune società coinvolte, contemporaneamente titolari di partite Iva attribuite da altri Paesi comunitari, hanno approfittato della circostanza veicolando le transazioni effettuate in Italia sulle partite Iva estere. 

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