L’ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele è stato condannato a tre anni di reclusione con l’accusa di furto aggravato delle carte della Santa Sede. Il tribunale vaticano, però, viste le attenuanti, ha ridotto la pena a 18 mesi. Gabriele dovrà anche pagare le spese processuali. Risulta accolta solo in parte, quindi, la richiesta del promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi, che aveva inoltre proposto per Gabriele, l’interdizione “perpetua” ma “limitata” dai pubblici uffici nello Stato vaticano e dunque la proibizione a vita di lavorare in uffici “che comportano uso di potere”.
L’avvocato di Paolo Gabriele, Cristiana Arru, , si è detta soddisfatta: ” E’ stata una buona sentenza”, commenta all’uscita dal tribunale. Il legale di Gabriele non ha però escluso la possibilità di ricorrere in appello: “Valuteremo. Si è trattato di una sentenza equilibrata, dobbiamo leggere le motivazioni. Valuteremo tutte queste cose” . Inizialmente la difesa aveva invece chiesto il passaggio del capo di imputazione da furto a appropriazione indebita e il conseguente rilascio dell’imputato.
Ma il processo appena conclusosi, lascia molti punti interrogativi. In primis l’atto d’accusa, che la magistratura vaticana ha chiarito dovesse riguardare solo il reato di furto aggravato delle carte della Santa Sede. Non c’è stato quindi spazio per ogni altro possibile capo di imputazione, quale il delitto contro i poteri dello Stato, il vilipendio delle istituzioni dello Stato, la calunnia, la diffamazione, la violazione dei segreti. Per il secondo imputato, il tecnico informatico della segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti, l’accusa è stata sciolta nella prima udienza, e con lui i testimoni chiamati dalla difesa (tra gli altri, mons. Carlo Maria Polvani della segreteria di Stato).
Non c’è stato neppure l’accertamento del materiale informatico trovato a casa del maggiordomo. Sebbene la stessa requisitoria del ‘promotore di giustizia’ (pm) Nicola Picardi facesse intravedere il ruolo ambiguo svolto da altre persone – coperte da omissis nel dispositivo pubblicato ad agosto – il processo che si conclude oggi non ha riguardato i possibili complici di Paolo Gabriele, che è rimasto pertanto l’imputato unico del caso Vatileaks. Poco chiara anche la deposizione dello stesso maggiordomo. Non si capisce perché Gabriele, come lui stesso ha dichiarato, “si sia sentito suggestionatodalle sette persone che ha menzionato” (tra di esse due cardinali, Sardi e Comastri, quest’ultimo giovedì ha pranzato a Loreto con il Papa). Ambigua anche la posizione del confessore del maggiordomo, padre Giovanni, del quale il presidente del tribunale non ha voluto approfondire identità e ruolo.