Mafia. 30 anni dopo fatta luce su omicidio maresciallo Di Bona

Fu il sanguinario capo mandamento di Tommaso Natale, Rosario Riccobono, scomparso per lupara bianca, a volere la morte del Maresciallo degli Agenti di Custodia dell'Ucciardone di Palermo, Calogero di Bona, sequestrato e ucciso nel 1979. Le indagini hanno permesso agli inquirenti di acquisire ulteriori elementi probatori nei confronti de: capomafia Salvatore Lo Piccolo, 70 anni, ergastolano, e del boss Salvatore Liga, 81 anni, anch'egli all'ergastolo e attualmente agli arresti ospedalieri, entrambi ritenuti autori del sequestro, dell'omicidio premeditato e dell'occultamento del cadavere del Maresciallo Di Bona. A far luce sull’accaduto e ad individuare i colpevoli,  sebbene a distanza di oltre 30 anni, è stata la Direzione Antimafia di Palermo. Di Bona, come tante altre vittime della mafia, fu strangolato e poi bruciato. 

 

 

Cosa successe 33 anni fa. Gli uomini d’onore non si toccano neanche con un dito, figuriamo se li si pestano di botte. Fu proprio questo il motivo per cui la vita del maresciallo fu stroncata per mano della mafia: l’uomo fu ritenuto responsabile di un ipotetico pestaggio subito in cella da un uomo d’onore, Michele Micalizzi, già legato da vincoli sentimentali alla figlia del boss Riccobono. Era il 6 agosto del 1979, quando una giovane guardia carceraria, alle prime armi, fu dirottata presso la famigerata IV sezione del carcere dove si trovavano ristretti numerosi uomini d’onore ritenuti maggiormente pericolosi, che al tempo stesso fungeva da infermeria. Ma per l’agente, i carcerati si ‘muovevano troppo liberamente’ e decise di richiamarli ‘all’ordine ed alla disciplina’, ma ai detenuti questo non andò giù e si  aggredirono violentemente l’uomo. Da qui iniziarono un escalation di episodi intimidatori nei confronti degli appartenenti all’Istituto Penitenziario cittadino, nell’ambito di una vera e propria contro-offensiva, che culminerò, nel sequestro e successivo omicidio del sottufficiale, ‘portato’ al cospetto di Cosa nostra.

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