Consulta: “Nessun conflitto con pm Palermo”, accolto ricorso di Napolitano

La Corte costituzionale  ha dato ragione a Napolitano ed ha accolto il ricorso presentato dal Capo dello Stato, dichiarando che non rientrava nei compiti della Procura “valutare la rilevanza delle intercettazioni né di omettere di chiederne al giudice l’immediata distruzione ai sensi dell’articolo 271 del codice di procedura penale”.  Di conseguenza, le intercettazioni che hanno coinvolto il Capo dello Stato devono essere distrutte.

 Il conflitto tra Quirinale e pm palermitani,  nasce in merito ai presunti rapporti del Capo dello Stato con l’ex ministro Nicola Mancino, le sui utenze erano state messe sotto controllo su mandato dei pm palermitani che indagano sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.

Bisognerà tuttavia attendere il deposito della sentenza per conoscere le motivazioni della decisione della Consulta.  Da quanto comunicato dalla Corte al termine della Camera di Consiglio, però, emerge che la Consulta ha ravvisato un’omissione da parte della Procura di Palermo per non aver attivato la procedura prevista per le intercettazioni vietate dall'art. 271 del codice di procedura penale. E da questo discende che i magistrati palermitani dovranno ovviare a questa omissione, chiedendo al giudice di distruggere le intercettazioni.

“La Corte costituzionale – informa la Consulta – in accoglimento del ricorso per conflitto proposto dal Presidente della Repubblica ha dichiarato che non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo di valutare la rilevanza della documentazione relativa alle intercettazioni delle conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica, captate nell’ambito del procedimento penale n. 11609/08 e neppure spettava di omettere di chiederne al giudice l'immediata distruzione ai sensi dell’articolo 271, 3° comma, c.p.p. e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del loro contenuto, esclusa comunque la sottoposizione della stessa al contraddittorio delle parti”.

“Non credo che si debbano fare commenti allo stato. Aspettiamo di leggere il provvedimento”. Lo ha detto il procuratore di Palermo Francesco Messineo, che non ha voluto fare dichiarazioni sulla decisione della Corte Costituzionale. Messineo, questa mattina, ha partecipato all'udienza in cui si è discusso il ricorso.

“Vado avanti nel mio lavoro con la coscienza tranquilla ritenendo di aver sempre agito nel pieno rispetto della legge e della Costituzione”. Così il pm Nino Di Matteo, uno dei magistrati titolari dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia, ha commentato la decisione della Consulta che ha accolto oggi il ricorso del presidente della Repubblica sul conflitto di attribuzioni con la Procura di Palermo.

 “E’ un tema complesso e l’intervento della Consulta ha fatto chiarezza su una situazione non regolata da una norma specifica del codice di Procedura Penale e che si prestava a diverse interpretazioni”. Così il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli dopo la sentenza della Consulta sul conflitto di attribuzioni tra il Capo dello stato e la Procura di Palermo chiarendo però di non commentare le sentenze a maggior ragione quando si tratta di una sentenza della Consulta della quale non si conoscono le motivazioni.

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