Con lo scenario istituzionale che si profila all’orizzonte dopo i voti degli italiani l’Italia sarà ingovernabile. E a gettare altra benzina sul fuoco sono le scadenze del futuro Parlamento. Nella storia della nostra Repubblica, questo, espresso dal voto del 24/25 febbraio è già stato eletto come il Parlamento meno governabile della storia della Storia della Repubblica. I prossimi impegni: dall’elezione dei presidenti di Camera e Senato alla scadenza del settenato di Giorgio Napolitano. L’ingovernabilità, l’assenza di una maggioranza al Senato, l’incognita sulle mosse del Movimento Cinque Stelle: potrebbero portare l’Italia politica nel caos e aumenta sempre di più il rischio di avere un Paese in piena turbolenza politica per i prossimi tre mesi.
La prima riunione delle nuove Camere è fissata per il 15 marzo, venerdì prossimo. Prima di allora, un lungo lavorio per arrivare alla proclamazione degli eletti: dalla valutazione delle percentuali e dei resti fino alle problematiche legate alla presenza di “candidature multiple” e alla relativa rinuncia dei parlamentari eletti in più di un collegio. I nuovi deputati e senatori potranno registrarsi nella rispettiva Camera d’elezione dal prossimo 12 marzo. Una sorta di periodo di decantazione, in cui le forze politiche cercheranno, si presume, di ovviare al quadro politico poco chiaro emerso da queste consultazioni.
I presidenti delle Camere. Primo atto delle nuove Camere, l’elezione della seconda e della terza carica dello Stato, il presidente del Senato e quello della Camera. Per chi siede sullo scranno più alto di Montecitorio, l’elezione prevede un quorum dei due terzi dei deputati per le prime tre votazioni. Quorum che si abbassa alla “maggioranza semplice” dal quarto scrutinio in poi. Il procedimento per l’elezione del presidente del Senato prevede al massimo quattro scrutini. Nei primi due basta ottenere la maggioranza semplice. Nel terzo, si viene eletti se si ottiene la maggioranza dei voti espressi dai presenti. Nel quarto, si procede a un ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto più voti. Insomma, per il 20 marzo al massimo, dovremmo avere i due presidenti.
Le consultazioni e il Quirinale. Da quel momento in poi si aprono le consultazioni per la formazione del nuovo Governo. E qui le nubi più dense. L’incarico viene affidato dal Presidente della Repubblica, dopo una prima fase di incontri con i rappresentanti delle forze parlamentari. Un processo che, dati gli attuali equilibri, potrebbe essere abbastanza lungo e non è detto che giunga a una conclusione positiva. Gli scenari possono essere molteplici. E comunque incombe un ulteriore scadenza: il 15 aprile, infatti, iniziano le procedure per eleggere il successore di Napolitano il cui mandato scade il 15 maggio. E negli ultimi sei mesi del suo mandato, il capo dello Stato non può sciogliere le Camere. E’ quindi sicuro che sarà il Parlamento uscito da queste elezioni ad eleggere il nuovo inquilino del Quirinale.
Scenario. Tempi stretti, strettissimi. E l’ingovernabilità di fondo non aiuta. Uno scenario critico, denunciato, del resto, più volte dallo stesso Napolitano. Che alla fine dell’anno scorso, nel suo discorso alle Alte Cariche dello Stato, aveva auspicato che “la legislatura si fosse conclusa alla naturale scadenza dei cinque anni e le elezioni si fossero svolte nell’aprile 2013”.
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