Dopo la condanna a sette anni per Dell’Utri arriva una buona notizia. E’ stata infatti respinta dalla Corte d’appello di Palermo, la richiesta d’arresto immediata avanzata ieri dalla Procura generale per scongiurare il pericolo di fuga per l’ex senatore del Pdl.
Nel provvedimento di rigetto dell’istanza la Corte, presieduta da Raimondo Lo Forti, scrive: “Si esclude il pericolo di fuga (che era alla base della richiesta del pg, ndr) in ragione del comportamento dell’imputato che ha partecipato alle udienze dibattimentali e non ha mai voluto sottrarsi all’esecuzione della pena”.
La condanna. La Corte d’Appello di Palermo ha condannato Marcello dell’Utri, ex senatore del Pdl, a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Il verdetto potrebbe essere emesso tra questa sera e domani mattina. Il pg Luigi Patronaggio, alla fine della requisitoria, aveva chiesto la condanna a 7 anni di carcere per l’ex senatore, presente in aula.
Secondo l’accusa, l’ex uomo forte di Publitalia e braccio destro di Silvio Berlusconi, avrebbe avuto rapporti con personaggi di spicco di Cosa nostra facendo anche da “mediatore” di una sorta di accordo protettivo stretto tra l’ex presidente del consiglio e le cosche. Un patto costato fiumi di denaro all’ex premier che, pagando, avrebbe tenuto al sicuro sé e i suoi familiari dalle minacce mafiose.
La lunga vicenda giudiziaria di Dell’Utri comincia nel 1994 con la sua iscrizione nel registro degli indagati. Il 26 novembre del 1996 ha inizio l’udienza preliminare. L’ex senatore del pdl viene rinviato a giudizio. Il 5 novembre dell’anno successivo prende il via il dibattimento che si conclude l’11 dicembre del 2004 con la condanna dell’ex uomo forte di Publitalia a 9 anni di carcere. L’appello, cominciato nel 2006, riapre l’istruttoria dibattimentale: nel processo entrano, tra l’altro, le dichiarazioni del nuovo pentito Gaspare Spatuzza. Il verdetto arriva il 29 giugno del 2010: una nuova sentenza di condanna, stavolta a 7 anni. Dell’Utri è colpevole, ma solo per le condotte antecedenti al 1992, anno a partire dal quale non risulterebbero più provati, per la corte, i suoi rapporti con la mafia. La sentenza della Cassazione, emessa il 9 marzo del 2012, è una sorpresa: la decisione del secondo grado viene annullata con rinvio. I magistrati romani ritengono provate le collusioni mafiose dell’ex manager fino al 1977. Per le accuse relative al periodo che va dal ’77 al ’92, è tutto da rifare. I supremi giudici fissano rigidi paletti entro i quali la nuova corte d’appello a cui rinviano il processo dovrà muoversi e rivalutare le imputazioni. In particolare la Cassazione evidenzia lacune nella motivazione della sentenza di secondo grado per le contestazioni relative al periodo che va dal 1978 al 1982 e dal 1982 al 1992. Confermata, invece, l’assoluzione per le accuse successive al 1992 per le quali la sentenza è definitiva.
Le dichiarazioni spontanee. Prima della sentenza, Dell’Utri aveva reso delle dichiarazioni spontanee in cui aveva negato di aver aiutato la mafia, pur rivendicando ancora una volta i rapporti col boss Vittorio Mangano, lo “stalliere di Arcore” da lui definito “una persona normalissima”.
La sentenza. “La Corte, decidendo in sede di rinvio disposto dalla Cassazione con sentenza del 9 marzo 2012 e in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo, e +tenuto conto dell’assoluzione irrevocabile proncunaitab dalla Corte di appello di Palermo con sentenza 29 giugno 2010 con riferimento alle condotte contestate per il periodo successivo al 1992, e avuto riguardo alle condotte contestate fino al 1992, ridetermina in anni sette di reclusione la pena”. E’ quanto hanno scritto i giudici nel dispositivo della sentenza letto in aula dal presidente Raimondo Lo Forti. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.
Dell’Utri pensa a prescrizione. Dopo la condanna, Marcello Dell’Utri pensa alla possibilità della prescrizione: “Se arrivasse la prescrizione direi come Andreotti e cioè sempre meglio che niente. E’ una possibilità e staremo a vedere. Io attendo, gli altri facciano i calcoli. Per quel che mi riguarda speravo in un’altra sentenza, ma è arrivata questa condanna: il mio romanzo criminale. Ma accetto il verdetto”.