Quelle accuse di concorso con la mafia, il bacio con Riina e l’omicidio Pecorelli

Due anni dopo la nomina di senatore a vita (1991), onorificenza conferitagli dal presidente Cossiga, nel marzo del 1993 arriva a palazzo Madama  la richiesta di autorizzazione a procedere per concorso in mafia avanzata dalla Procura di Palermo nei confronti di Giulio Andreotti. E nel luglio 1995 la Procura di Perugia chiede l’autorizzazione a procedere per il sette volte presidente del consiglio con l’accusa di omicidio nei confronti del giornalista Carmine Pecorelli. Nel 1999, precisamente il 26 settembre, inizia nell’aula bunker dell’Ucciardone, a Palermo, il “processo del secolo”. L’accusa si è trasformata in associazione mafiosa. I Pm chiedono l’ergastolo per tutti gli imputati, al processo Pecorelli.  E il 24 settembre dello stesso anno, dopo oltre 100 ore di camera di consiglio, arriva il verdetto per l’ omicidio Pecorelli: tutti assolti per non aver commesso il fatto. Al processo di Palermo Andreotti è assolto con la formula “dubitativa”.
Nel 2001 inizia il processo di appello a Palermo e dopo un anno esatto e qualche mese la Corte di Assise di appello di Perugia condanna a 24 anni di reclusione Giulio Andreotti e Tano Badalamenti per l’omicidio Pecorelli. Dieci anni fa, il 2 maggio del 2003,  la Corte di appello di Palermo conferma, con alcune modifiche, la sentenza di assoluzione per Giulio Andreotti dall’accusa di associazione mafiosa. La Cassazione annulla senza rinvio la sentenza sull’omicidio Pecorelli: di fatto è l’assoluzione piena da qualsiasi responsabilità per Andreotti e Badalamenti che sono estranei alla uccisione del giornalista avvenuto il 20 marzo 1979. E’ ancora la Cassazione nel 2004 a confermare  la sentenza di assoluzione nel processo per mafia: la sentenza di Palermo diviene così definitiva. Prescrizione per il delitto di associazione a delinquere fino alla primavera del 1980 e l’assoluzione per il reato di associazione mafiosa dal 1980 in poi. I magistrati annotano che è dubbio il ruolo di Andreotti per i rapporti con Cosa Nostra prima del 1980, visti anche gli incontri con il boss Stefano Bontade, i legami con Vito Ciancimino e con i cugini Nino e Ignazio Salvo: ma la questione non può essere approfondita dato che i fatti sono coperti da prescrizione. E di quel bacio di Andreotti a Riina, fu Baldassare di Maggio, esponente di Cosa Nostra, a rivelare che il boss Salvatore Riina baciò rispettosamente il presidente del Consiglio Giulio Andreotti, quando si incontrarono nel 1987. Il pentito affermò in una testimonianza agli inquirenti di Palermo:  Sono assolutamente certo di aver riconosciuto Giulio Andreotti, perché l’ho visto diverse volte in televisione. Ho interpretato il bacio che si scambiarono Andreotti e Riina a come un gesto di rispetto”.

Poi a queste parole aggiunse che, durante un incontro nella casa di Palermo di Ignazio Salvo, (accusato ufficialmente di avere rapporti con Cosa Nostra), che: “Quando siamo entrati erano presenti l’onorevole Andreotti e l’onorevole Salvo Lima. Loro si alzarono e diedero la mano e baciarono Ignazio Salvo. Riina salutò invece, tutti e tre baciandoli”. Andreotti smentì tutte le accuse a suo carico chiamando Di Maggio bugiardo. Un grande giornalista quale Montanelli, dubitò delle rivelazioni dicendo che: “Andreotti non bacerebbe mai i suoi bambini. La credibilità di Di Maggio è stata scossa nelle settimane finali del processo di Andreotti, quando ammise di aver ucciso un uomo sotto protezione dello Stato”. I giudici della corte di Appello rigettarono le testimonianze di Di Maggio sul bacio che il presidente avrebbe scambiato con Riina.

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