Caritas: in aumento i ‘nuovi poveri’, record al Sud

Hanno un lavoro e risiedono stabilmente in una casa ma versano in gravissime condizioni economiche. Nell’Italia meridionale il fenomeno raggiunge cifre impressionanti e colpisce soprattutto i giovani: quasi sette su dieci. Sono i nuovi poveri italiani che nell’ultimo triennio sono aumentati del 13,8%. E’ questa la drammatica fotografia scattata nell’11esimo rapporto Caritas-Fondazione Zancan, intitolato “Poveri di diritti”. I nuovo poveri sono soprattutto giovani: il 20% delle persone che si rivolgono ai Centri di ascolto ha meno di 35 anni. E dal 2005 al 2010 la percentuale di coloro che non studia né lavora è passato al 76,1%. Nel 2005 era ferma al 70% . Nell’ultimo triennio le richieste di aiuto economico ai ai Centri di Ascolto delle Caritas Diocesane è salito all’80,8%. Nel Mezzogiorno la percentuale arriva al 69,3%.

Il rapporto Caritas-Fondazione Zancan, presentato oggi, ricorda che l’Istat fissa nel2010 a8.272.000 le persone povere e nel 2009 erano solo 7.810.000. In Italia si è registrato l’incremento maggiore delle persone che si sono rivolte ai centri mentre nei paesi stranieri si è aumentato solo del 13,9%. Fra i problemi segnalati come causa di tale miseria al primo posto c’è la povertà economica, seguono i problemi occupazionali ed abitativi; al quarto posto, quelli familiari. Nel complesso, in 4 anni è aumentata dell’83,1% la richiesta di coinvolgimento di soggetti esterni (come gruppi di volontariato, enti pubblici o privati, persone o famiglie, parrocchie).

Forte anche l’impennata delle richieste di sussidi economici (+80,8%) e di consulenze professionali (+46,1%). Diminuiscono invece le richieste di sostegno socio-assistenziale (-38,6%) e qulle di lavoro (-8,5%). Rispetto alle risposte fornite dalla Caritas, aumenta il coinvolgimento di soggetti terzi (+90%) come anche l’erogazione di sussidi economici (+70%) e di beni primari (+40,8%). A cambiare è anche il volto della povertà che ora coinvolge ”pesantemente l’intero nucleo familiare: tutti si trovano a vivere, in modi diversi, una condizione di stress e di sofferenza, anche se le donne e i giovani pagano il prezzo più alto”. Mentre nel 2004 il 75% dei problemi si riferiva ai bisogni di carattere primario (casa, cibo, sanità, ecc.), nel 2010 tale valore ha raggiunto l’81,9%.

Le problematiche post materiali (come disagio psicologico e dipendenze) invece passano dal 25 al 18,1%. La questione abitativa infine diventa un’emergenza i cui problemi in 4 anni sono aumentati del 23,6%. C’è da segnalare inoltre che secondo un campione degli operatori della Caritas, il disagio maggiore è fra gli immigrati che vivono da soli in Italia, soprattutto di sesso maschile, con età compresa fra i 25 e 44 anni. In genere hanno problemi di lavoro (66,4%) e situazioni di povertà economica (62,5%).

Secondo la Caritas i soldi pubblici spesi per contrastare la povertà “sono spesi male e danno scarsi risultati”. La politica dei trasferimenti monetari “è fallita”.
“Gli enti locali continuano a investire tante risorse assistenzialistiche nel contrasto alla povertà ma con scarsi risultati” e le politiche contro la povertà “non sono riuscite a incidere sul fenomeno. Serve un netto cambiamento di rotta”, ha scritto la Caritas.

Il rapporto ha suggerito che un modo per aumentare il rendimento della spesa sociale è la “professionalizzazione dell’aiuto”. A oggi infatti gli oltre 100 miliardi di euro di raccolta fiscale destinati ai servizi sanitari sono trasformati in centinaia di migliaia di posti di lavoro; se questo fosse applicato alla spesa per servizi sociali, si potrebbe ipotizzare un risultato occupazionale di altrettante migliaia di posti di lavoro di cura: molte donne e giovani sarebbero occupati lavorando a servizio degli altri.
Un’altra fonte di risorse riguarda i 17-18 miliardi di euro oggi destinati alle indennità di accompagnamento e assegni familiari. Questi potrebbero essere investiti in lavoro di servizio garantendo ai beneficiari un rendimento superiore a quello attuale.

Dal rapporto emerge anche che Roma è la capitale degli sfratti. Tra i capoluoghi che superano il milione di abitanti nella capitale subisce uno sfratto un nucleo familiare su 191, mentre a Milano il dato segna uno su 691 e a Torino uno su 451. La maggior parte degli sfratti avvengono per morosità: nel 2009 i dati dell’Osservatorio del ministero dell’Interno rilevano un numero tre volte superiore a quelli per finita locazione. Alcune stime parlano di circa 200 famiglie sottoposte a sfratto ogni giorno in Italia, 28 solo a Roma. A fronte dell’aumento degli sfratti nella capitale cresce anche il numero dei proprietari di immobili: tra il 2001 e il 2009 sono cresciuto da 667 mila a circa 900 mila.

GS

 

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