La Casta chiude la mensa di San Macuto e 350 lavoratori rischiano il posto di lavoro. I Questori della Camera dei Deputati non snobbano le critiche e secondo voci sarebbero stati stanziati dei fondi per realizzare tre appartamenti proprio per loro. Continua a perdere il pelo ma il vizetto la Casta non vuole proprio perderlo. “Fanno finta di ridurre i costi della politica ma buttano in mezzo alla strada centinaia di lavoratori”. Lo sfogo è di uno dei 350 dipendenti della società ‘Milano ’90’ che ora rischia di perdere il posto. L’azienda, che fa capo all’imprenditore romano Sergio Scarpellini, fornisce (tra le altre cose) servizi di mensa, lavanderia, posta, ‘fornitura’ commessi e cuochi, a Camera, Senato, regione Lazio e Consiglio di Stato. Una settimana fa sono arrivate le prime lettere di licenziamento per 350 dei 540 dipendenti della società perché dal il 31 dicembre chiude la mensa di San Macuto e la Camera disdice l’affitto di Palazzo Marino, anche questo ‘gestito’ da Scarpellini che ne è il proprietario. Così molti dipendenti risulterebbero ‘in esubero’: quelli attualmente impiegati alla mensa sono circa un centinaio. I 350 lavoratori a rischio di licenziamento però non ci stanno e annunciano proteste. “Siamo pronti anche ad occupare i locali della mensa, se necessario”. “Non si può far finta di ridurre i costi della politica sempre sulla pelle di chi lavora”, sbotta un addetto al servizio mensa. Anche perché i lavoratori della Milano ‘90 hanno già uno stipendio piuttosto ridotto: circa 980 euro al mese. E “senza che ci sia un contratto – precisa una lavoratrice – perché siamo qui da anni sempre grazie ad un regime di proroga”. Al posto della mensa con vista sui tetti di Roma (Pantheon e Quirinale compresi), si apprende dagli stessi dipendenti e da alcune fonti di Montecitorio, potrebbero essere realizzati degli appartamenti-ufficio che, almeno secondo quanto fanno trapelare fonti sindacali, potrebbero essere destinati a quei Questori i quali, lamenta un altro dipendente a rischio licenziamento, “sinora non ci hanno neanche voluto ricevere”. Ma non finisce qua. All’incontro sindacale che era stato convocato dall’Usb (Unità sindacale di base), per avviare un piano di proteste comune, “Cgil, Cisl e Uil non si sono fatti vedere”, spiega il sindacalista Pio Congi. E dai Questori “non è arrivata ancora alcuna risposta”. Mercoledì i lavoratori si riuniranno in un’assemblea al Collegio del Nazareno per decidere il da farsi. “E per venerdì – aggiunge Pio Congi – abbiamo chiesto un tavolo sindacato-azienda per aprire un confronto”. “Non è chiudendo una mensa aziendale che sforna in media 400 pasti al giorno e buttando in mezzo alla strada 350 lavoratori che si riducono i costi della politica”, commenta M.G, dipendente del ristorante di S. Macuto da oltre 10 anni. Anche perché ogni pasto della mensa costa 14,20 euro e la Camera deve metterci ‘solo’ la differenza tra i prezzi che vengono applicati ai dipendenti (5 euro) e agli ‘esterni’, come ad esempio gli agenti in servizio, (7 euro). Sicuramente un costo inferiore a quello che potrebbe essere speso per i lavori di restauro per realizzare i tre appartamenti dei Questori.
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