Il nuovo “Giorno della rabbia” si tinge di sangue in Egitto. Gli scontri tra l’esercito e i sostenitori del deposto presidente Mohammed Morsi infiammano l’intero paese. E si allunga sempre di più la lista dei morti. Cinque sostenitori del deposto Presidente Mohamed Morsi e un poliziotto sono rimasti uccisi oggi in Egitto, nel “venerdì della rabbia” indetto dai Fratelli musulmani contro il “massacro” dei loro sostenitori di due giorni fa, costato la vita a quasi 600 persone. Cinque manifestanti sono morti in scontri con le forze di polizia nella città di Ismailiya, sul Canale di Suez, mentre al Cairo un poliziotto è morto in un agguato teso da uomini armati a un checkpoint. Altri scontri sono avvenuti nella città di Tanta, nel nord, dove la polizia è impegnata ad allontanare i manifestanti da un edificio governativo. Scontri violenti si registrano anche nella città di Tanta, con gli agenti impegnati a respingere con gas lacrimogeni e colpi di avvertimento i manifestanti diretti verso un edificio del governo. L’esercito e la polizia egiziani stanno, dunque, reagendo con fermezza nei confronti di chiunque violerà la legge. I sostenitori Morsi sono scesi in strada anche nella città settentrionale di Alessandria, a Beni Sueif e a Fayoum, a sud del Cairo, e nella città ‘turistica’ di Hurghada, sul Mar Rosso.
Scontri a Il Cairo: spari sui manifestanti. Ma gli occhi di tutto il mondo sono punti sulla capitale dove in ogni angolo della città sono in corso scontri tra le forze dell’ordine ed i manifestanti. Migliaia di sostenitori del presidente Mohammed Morsi si sono riuniti in piazza Ramses al Cairo al termine della preghiera del venerdì nell’adiacente moschea di Tawheed. Ed è qui che dovrebbero convergere i manifestanti provenienti dalle varie moschee della capitale anche se le strade che portano alla piazza, come riferisce la Bbc, sono state bloccate dai militari. Inoltre sulla piazza sorvolano elicotteri dell’esercito. Le forze dell’ordine hanno anche bloccato i vari accessi alla simbolica piazza Tahrir, l’icona della rivoluzione del 25 gennaio 2011 che ha portato alla deposizione di Hosni Mubarak.
Le vittime. Gli scontri a piazza tra le forze di sicurezza e i manifestanti a piazza Ramses, nel centro del Cairo, stanno lasciando sul selciato decine e decine di morti: secondo un bilancio provvisorio almeno 30 persone avrebbero perso già la vita. Ma purtroppo il numero è destinato ad aumentare. I cadaveri sono stati portati nella moschea vicina. Ma si contano morti ovunque. A Ismailiya, a nord de Il Cairo, è salito ad almeno 10 morti il bilancio dei violenti scontri tra polizia e dimostranti pro-Morsi. Mentre a Fayyoum, a sud della capitale, si contano almeno 3 morti e 40 feriti. Ma sono tutti bilanci provvisori.
Le mosse dell’Ue. I leader europei, preoccupati delle tensioni in atto in Egitto, chiedono un immediato ritorno al dialogo democratico e alla fine delle ostilità. Il presidente francese Francois Hollande e il cancelliere tedesco Angela Merkel hanno chiesto una “consultazione urgente a livello europeo” sulla sanguinosa crisi in Egitto. I due leader hanno rivolto “un appello a una cessazione immediata delle violenze” ed hanno chiesto un summit europeo affinché “i ministri degli Affari esteri dell’Unione europea si riuniscano rapidamente, la prossima settimana”. Frenetica anche l’attività del presidente del consiglio italiano, Enrico Letta, che sta facendo un giro di telefonate con i suoi partner europei. In un colloquio con il presidente francese Hollande, il premier italiano ha ribadito la necessità di un azione comune dell’Ue e una cessazione immediata cessazione di ogni repressione e violenza.
Fratelli Musulmani: Usa coinvolti in golpe. I Fratelli Musulmani hanno preso le distanze dalla posizione critica espressa dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama rispetto alla violenta repressione messa in atto dall’esercito egiziano per disperdere i sit-in pro Morsi. “Gli Stati Uniti sono stati coinvolti nell’organizzazione del golpe militare, che è stato condotto con il sostegno Usa”’, ha detto il portavoce dei Fratelli Musulmani Ahmed Aref all’agenzia di stampa Anadolu. Gli egiziani, ha aggiunto, “sono in grado di mettere fine al colpo di stato militare da soli, con le loro manifestazioni pacifiche e consegnando alla giustizia coloro che hanno commesso più di dieci massacri contro di loro”.