Occhi negli occhi con l’uomo che sparò suo padre. Nessuna parola, ma uno sguardo che racconta molto di più. Parla di rabbia, rancore, e soprattutto dolore, perché bersaglio di quel proiettile non doveva essere un uomo che ha fatto della salvaguardia della vita altrui il proprio lavoro. Martina Giangrande oggi in Aula ha assistito all’udienza del processo contro Luigi Preiti, l’uomo che il 28 aprile scorso, giorno di insediamento del Governo Letta, sparò contro suo padre e i carabinieri di scorta davanti Palazzo Chigi. Il gup Filippo Steidl, al quale i difensori hanno chiesto di giudicare Preiti, (accusato di tentato omicidio, porto abusivo d’arma e ricettazione), con il rito abbreviato condizionato all’esecuzione di una perizia psichiatrica, ha ammesso come parti civili i carabinieri Giuseppe Giangrande, tuttora ricoverato all’ospedale di Imola e Francesco Negri, il quale porta ancora i segni delle ferite ad una gamba. Ammessi anche il ministero della Difesa e l’associazione Vittime del dovere. Non ha chiesto di costituirsi parte civile, invece, il quarto carabiniere che schivò un proiettile sparato dal piastrellista calabrese gettandosi a terra. Il gup è ora in camera di consiglio per decidere sulla richiesta di perizia psichiatrica. Il pm Antonella Nespola si è detta contraria ritenendo che Luigi Preiti, al momento dei fatti, era perfettamente capace di intendere e di volere.
Carmela Iovino