A Non è l’arena, il programma di Massimo Giletti in onda su La7 dove, nella puntata di ieri, domenica 31 maggio, la super-intervista era quella a Luca Palamara, l’ex magistrato del Csm nella bufera per una serie di intercettazioni. E nelle carte della procura spuntano anche Luca Lotti e Cosimo Ferri, con cui Palamara andò a cena. Incontri sospetti e al vaglio degli inquirenti. Chiamato a commentare quel rapporto, in particolare quello con l’ex ministro del Pd, Palamara spiega: ‘A proposito di quelle cene non posso negare che in quel momento ho commesso un doppio errore di sottovalutazione. Avevo sottovalutato il ruolo di Lotti nei confronti della procura di Roma’.
In studio si torna a parlare del caso deflagrato alcune settimane fa proprio a Non è l’Arena, ossia le dichiarazioni di Nino Di Matteo, il quale aveva rivelato a Giletti la piroetta di Bonafede circa la sua nomina al Dap, un caso dalle molte ombre e che ha fatto molto discutere. E i due che vengono affondati dalla singola frase di Sallusti sono proprio il ministro della Giustizia grillino e la toghe: “Il caso Bonafede-Di Matteo mi sembra uno scontro tra due mitomani. Di Matteo si è inventato che Berlusconi è il capo della mafia…”, ricorda Sallusti.
Luca Palamara risponde alle domande di Massimo Giletti, sugli intrecci tra magistratura e politica emersi da migliaia di intercettazioni: ‘Prima di svolgere le funzioni al CSM, ho svolto il lavoro di pm in Calabria, poi sono arrivato a Roma e l’inchiesta che mi ha reso famoso è stata Calciopoli. Le correnti ci sono sempre state, fa comodo a qualcuno indicarmi come il male assoluto. So chi, ma non lo dico. Non volevo offendere Salvini, era solo un pensiero sintetizzato in maniera frettolosa’.
Mi chiamavano tantissime persone per la mia funzione di rappresentanza, non per il compimento di atti illeciti, ma perché la mia mediazione avrebbe smussato gli angoli. Non c’è un solo Luca Palamara, ce ne sono tanti però il trojan nel telefono lo hanno messo solo a me’. Giletti chiede: ‘Perché la chiamavano per avere una nomina in Cassazione? Il caso Sturzo, le sembra normale?’ e Palamara: ‘Quando ci sono tante domande per un solo posto è inevitabile che i curriculum dei magistrati siano paritari quindi la scelta è difficile. Si cerca di avere un contatto diretto con il consigliere. Avevamo tanti esponenti delle correnti che stazionavano fuori alla stanza a perorare la loro causa. Ma non dobbiamo demonizzare tutto, i cittadini devono essere rassicurati che nei posti più importanti ci sono le persone più importanti. E’ vero però che chi non appartiene alle correnti è penalizzato’.
Giletti affonda il colpo: ‘Sembra il mercato delle vacche’, ma Palamara spiega: ‘Non risponde a verità. Nessun suk delle nomine o mercato. E’ stato il carrierismo sfrenato a portare a questa situazione. Oggi devo essere io a giustificare le 1000 nomine però se avessero messo il trojan ai miei colleghi avrebbero trovato gli stessi accordi fisiologici. Lotti era inquisito? Non posso entrare nel merito di alcuni colloqui a causa dei procedimenti disciplinari a mio carico. Io ho commesso un doppio errore di sottovalutazione: non sapevo che vestivo i panni dell’indagato e non avevo valutato bene il ruolo di Lotti alla Procura di Roma credendo fosse già finita. Se mi sentivo onnipotente? No, la mia attività era finalizzata a rappresentare le esigenze dei colleghi. La rottura con il giudice Pignatone? Per me era un punto di riferimento, ma ci sono state situazioni sulla mia persona che mi hanno amareggiato e mi sonoGiletti vuole saperne di più delle chat in cui Palamara dice: ‘Anche se ha ragione, Salvini va fermato’. Il giudice cerca giustifiche: ‘Quando comunicavo lo facevo in base all’art.11 della Costituzione cioè pensando che fossero telefonate private, ma ci sono situazioni, come in questo caso, in cui un giudizio espresso in maniera frettolosa o sintetica o errata diventa di dominio pubblico. Ora riconosco che era sbagliato, non rispecchiava il mio pensiero. Anche quelle su Salvini, l’espressione sintetizzava in maniera frettolosa un ragionamento. Quando l’intercettazione viene fuori è decontestualizzata. Nella comunicazione stringata si tende a strozzare i concetti. In effetti l’immigrazione è un tema sensibile all’interno della magistratura, c’è un attento dibattito politico. Il senso della frase era che i magistrati andavano tutelati comunque, la magistratura faceva quadrato intorno a se stessa, non c’era l’intento di offendere Salvini’. Nella Rete dell’ex presidente dell’Anm sono finiti tutti: colleghi giudici, politici e finanche il Colle. Uno scandalo tutto italiano che ricordiamo deriva dall’intercettazione di tipo informatica con il Trojan che per mesi ha monitorato il cellulare di Palamara. Una situazione, quella della magistratura politicizzata, su cui si dibatte da anni, ma che ora risulta più torbida per il coinvolgimento di giornalisti e, come annunciato nel mese di febbraio 2020 con una esclusiva dal blog Matricedigitale del data journalist Livio Varriale, circa l’affiliazione di magistrati al mondo dell’intelligence sia italiana che straniera, le forti pressioni che le spie esercitano sulla magistratura stessa.