Il 70% dell’interscambio commerciale nel Nord Est è realizzato da imprese residenti che hanno proprie filiali oltreconfine, oppure sono partecipate da gruppi multinazionali esteri. È il segno di un riposizionamento delle imprese trentine, venete e friulane verso funzioni a maggior valore aggiunto e, allo stesso tempo, di un modello sempre più complesso di organizzazione internazionale della produzione. Di questo e altri trend si è parlato al “Roadshow per l’internazionalizzazione del Sistema Nord Est”. L’incontro, organizzato dalla Provincia autonoma di Trento, si è svolto in Sala Depero e ha visto la partecipazione di un centinaio tra imprenditori, professionisti, ricercatori e rappresentanti delle associazioni di categoria.
Ad aprire i lavori è stato l’assessore provinciale allo Sviluppo economico, lavoro, università e ricerca Achille Spinelli, che ha commentato: «Questo è il primo appuntamento pubblico nell’ambito del Sistema Nord Est per l’internazionalizzazione che ospitiamo in Trentino. Questo progetto ci vede impegnati, assieme ai territori vicini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, per dare supporto concreto alle imprese che intendono intraprendere un processo di crescita sui mercati esteri. La sinergia tra i nostri territori e le agenzie di sviluppo ci permetterà di conseguire delle economie di scala per offrire alle nostre aziende nuove opportunità di collaborazione e innovazione che le aiutino ad approcciarsi con maggior efficacia ai mercati esteri».
Il progetto “Sistema Nord Est” opera al fine di realizzare progetti comuni per lo sviluppo sostenibile e il miglioramento della cultura d’impresa, per lo sviluppo di strategie di valorizzazione e della digitalizzazione delle imprese, per promuovere eventi ed iniziative di conoscenza dei mercati attraverso missioni economiche, corsi di formazione, incontri di business e individuare occasioni di investimento per le PMI del Triveneto. Una particolare attenzione viene data allo sviluppo di nuove reti e occasioni di incontro e collaborazione sui mercati di prossimità, ovvero i Balcani e la Mitteleuropa.
«Pur in un quadro di crescenti tensioni geopolitiche – ha spiegato il professor Giancarlo Corò dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, tra i relatori dell’evento – l’interscambio globale ha mostrato una sostanziale tenuta, a conferma delle forti interdipendenze che legano, attraverso complesse catene del valore, le diverse regioni dell’economia mondiale». Il professore ha poi evidenziato come la battuta d’arresto del commercio nel 2023 – con un segno negativo nelle esportazioni che ha coinvolto anche l’Italia e l’area Nord Est – appaia in realtà in via di superamento nel 2024.
«Tuttavia – continua – anche se non dobbiamo sottovalutare il rallentamento strutturale degli scambi di beni manifatturieri, andrebbe oggi dedicata maggiore attenzione al commercio internazionale di servizi che, anche nel 2023, sono cresciuti a un tasso di quasi il 10%. Particolarmente dinamico è stato il mercato dei servizi distribuiti digitalmente, come finanza e assicurazioni, servizi editoriali e di informazione, amministrazione e consulenza alle imprese, nonché audiovisivi, intrattenimento e altri servizi culturali. Negli ultimi dieci anni il commercio internazionale di questi servizi è cresciuto a un tasso doppio di quello dei beni e dei servizi tradizionali, con previsioni di ulteriore aumento».
In questo quadro le imprese del sistema Nord Est hanno confermato anche rispetto al periodo pre-Covid la forte vocazione internazionale, con una significativa crescita degli scambi – tra 2019 e 2023 le esportazioni del Friuli-Venezia Giulia sono aumentate in valore del 23%, quelle del Veneto il 26%, nel Trentino il 33% – grazie anche a uno spostamento verso prodotti più sofisticati e settori a maggior contenuto di tecnologia.
«Nel complesso del Nord Est – gli fa eco il ricercatore Sebastiano Cattaruzzo, sempre di Ca’ Foscari – due imprese su tre hanno potuto aumentare i prezzi medi delle esportazioni grazie anche a prodotti più sofisticati e a strategie di diversificazione dei mercati. Queste imprese esportano mediamente in dieci mercati, contro meno di cinque per quelle sottoposte a concorrenza sui prezzi. Per le imprese che hanno migliorato il posizionamento sui mercati esteri la maggiore diversificazione si conferma anche dal lato delle importazioni. Da sottolineare inoltre come l’articolazione geoeconomica dell’interscambio si stia muovendo in due direzioni apparentemente opposte, con la crescita del mercato unico europeo nelle destinazioni dell’export, mentre le importazioni vedono aumentare i flussi dall’Asia».
Il professor Marco Mutinelli dell’Università di Brescia si è invece concentrato sul tema dell’internazionalizzazione attiva e passiva tramite investimenti diretti esteri delle imprese del Nord-Est. «Per quanto riguarda il Trentino – spiega – a fine 2022 vengono censite 127 imprese presenti all’estero con proprie filiali o joint-venture; le partecipate estere sono 369, con oltre 11.400 dipendenti. Si tratta per lo più di filiali commerciali e talvolta produttive di imprese manifatturiere, operanti soprattutto nei settori nella chimica, nei prodotti in gomma e plastica, nell’abbigliamento, nell’industria cartaria e nella metallurgia. Non mancano alcuni casi interessanti nel terziario, in particolare nei servizi di informatica e nella logistica. Le iniziative si concentrano nei paesi UE, mentre debole è la presenza trentina in Nord America e in Asia. Dall’altro lato, sono 168 le imprese controllate o partecipate da gruppi esteri, con circa 7.400 dipendenti, con una crescita molto accentuata nel periodo più recente». Tra i settori maggiormente interessati dagli investimenti dall’estero spicca la metalmeccanica, mentre tra i paesi investitori predominano gli USA, che precedono nettamente Germania, Francia, Regno Unito e Canada.
«Gli scenari presentati oggi a Trento – conclude Eros Goi, direttore di Finest Spa, l’ente coordinatore del progetto “Sistema Nordest” – confermano la nostra esperienza quotidiana: nonostante le dinamiche globali siano diventate meno elastiche, la spinta delle imprese trivenete verso i mercati esteri resta forte, posizionandosi spesso su aree più vicine e stabili attraverso strategie di nearshoring e friendshoring. La vivacità nordestina si riflette bene nei numeri di Finest: degli oltre 450 milioni di euro di finanza straordinaria che la società ha allocato a favore dei progetti internazionali in 30 anni di attività, 100 milioni sono stati investiti solo negli ultimi 5 anni, principalmente nei Balcani e in economie europee in crescita, come la Polonia, o avanzate, come Francia e Spagna, e recentemente anche in realtà emergenti del Nordafrica come Tunisia e Marocco. Tuttavia, le attuali sfide dei mercati esteri rendono essenziale avere una squadra di supporto per le aziende, soprattutto le PMI. Istituzioni come Finest e i partner presenti a Trento devono fornire non solo strumenti specifici, ma anche la competenza tecnica necessaria per affrontare investimenti e processi complessi, lavorando in sinergia alla crescita della nostra economia, anche sui mercati mondiali».
All’evento sono intervenuti anche Amedeo Teti del Dipartimento per le Politiche per le Imprese del Ministero delle imprese e del Made in Italy, Andrea Pompermaier della Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese – Attrazione Investimenti Esteri del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Stefano Schiavo dell’Università di Trento, Annalisa Bergamo dell’UMSe Internazionalizzazione e relazioni economiche della Provincia autonoma di Trento, Alberto Turchetto di Trentino Sviluppo, Franco Conzato di Venicepromex, Lucio Penso del Servizio risoluzione crisi aziendali e transizione industriale della Regione Friuli Venezia-Giulia e Alessandra Proto dell’OCSE.