epaselect epa06762314 Former movie producer Harvey Weinstein arrives at a New York City police department precinct to turn himself in to face multiple charges related to allegations of sexual assault in New York, New York, USA, 25 May 2018. According to reports, Weinstein will be facing charges of first-degree rape and third-degree rape in one case, and with first-degree criminal sex act in another case. EPA/JUSTIN LANE

A un anno da Weinstein uno tsunami di cambiamenti

Harvey Weinstein rovinato e in manette, Bill Cosby con la tuta arancione delle prigioni federali, Woody Allen a secco di finanziamenti e forse arrivato all’ultimo film. Il vertice di Cbs decapitato con la cacciata di Les Moonves, Roman Polanski espulso dall’Accademia degli Oscar.

Il 5 ottobre 2017, giusto un anno fa, lo scoop del New York Times sulle molestie e gli stupri dell’ex capo di Miramax ha scatenato uno tsunami di reazioni culminate nell’audizione al cardiopalma al Senato di Christine Blasey Ford, l’accusatrice di Brett Kavanaugh, giudice designato da Donald Trump per la Corte Suprema.

Mai più messe a tacere. Mai più in silenzio. In 12 mesi il cimitero del movimento #MeToo si è riempito di croci di vip accusati e anche processati per molestie sessuali. E’ una vicenda che non conosce confini in cui a volte le accusatrici sono state messe nel banco degli imputati come nel caso di Asia Argento, protagonista dello scoop parallelo del New Yorker che con il New York Times ha condiviso il Pulitzer.

Le donne che hanno rotto il silenzio diventano in dicembre la Persona dell’Anno di Time, giusto in tempo per salutare l’uscita di scena del senatore democratico Al Franken. Dai ‘palazzi’ alle cucine: lo chef Mario Batali viene estromesso da Eataly.

Intanto Amazon congela l’uscita di ‘A Rainy Day in New York’ di Woody Allen. In un ritorno di fiamma delle accuse della figlia adottiva Dylan, il regista non riesce a trovare fondi e il suo ultimo inedito potrebbe essere anche l’ultimo film. La rivoluzione è epocale: finora l’onere della prova stava nelle donne, adesso è più facile per le donne – o più in generale le vittime – essere credute. E se ormai in California per legge le “boardroom” devono essere al 50% “in rosa”, Hollywood fa l’esame di coscienza e si trova cambiata: “Si è creata la percezione che certe cose non sono più accettabili e che quando ti trovi in un sistema in cui succedono puoi e devi alzare la voce e denunciare”, ha detto l’avvocatessa dell’entertainment Nina Shaw, tra le fondatrici del gruppo di advocacy Time’s Up.

 

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