Finita l’euforia per aver inoltrato in tempo i progetti sui fondi del Pnrr ed aver concluso con successo le trattative con l’Ue, i partiti, gli apparati burocratici dello Stato, i sindacati, saranno chiamati ad una sorta di crash test per mettere da parte interessi di casta e logiche corporative. Il governo si accinge a varare una serie di riforme, volute e imposte dall’Ue per ottenere i 208 miliardi, che se approvate segneranno una svolta epocale per l’Italia repubblicana. Sono queste riforme che danno forza al Governo e soprattutto al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, perché imposte dall’UE. Rispetto all’esecutivo precedente, Conte 2, il cambio di passo è visibile sia nella forma che nella sostanza. A parte il piano vaccinale che ha imboccato la strada giusta, il punto di svolta è proprio sui Recovery plan che ha riempito il ‘buco’ lasciato dal precedente esecutivo. I provvedimenti del governo stravolgeranno l’assetto complessivo nazionale. Il decreto semplificazioni, ad esempio, rappresenterà la base su cui si costruirà la modernizzazione del Paese, la base di revisione della pubblica amministrazione, le infrastrutture, la digitalizzazione ecc. A seguire i provvedimenti sulla concorrenza, che l’UE ha indicato come priorità e che andrà a incidere sulle categorie che sono ancora ferme all’assetto corporativistico, ma che inevitabilmente andrà a cadere anche sui serbatoi elettorali dei partiti. Il Premier è conscio del rischio che si corre nel Paese, perché le riforme all’apparenza tutti le vogliono, ma a patto che non vadano a toccare i propri interessi. Ma i miliardi che arriveranno dall’UE saranno lo strumento che gli permetteranno di accelerare la svota epocale, con un cambio di passo necessario a rilanciare il Paese e ad affermare la crescita. Non esistono alternative e le forze politiche ne sono consapevoli e dovranno abbandonare le logiche di posizionamento e assumersi le loro responsabilità in sede parlamentare. E i partiti saranno chiamati alla prima prova del nove quando ai primi di luglio il disegno di legge delega con il quale si dovrà riformare la giustizia giungerà in Parlamento, altra riforma che l’UE ci chiede e ci impone quale conditio sine qua non, per accedere ai fondi. Ad oggi tutti sembrano d’accordo ma vedremo alla prova dei fatti quali reazioni susciterà in un mondo che ha fatto della conservazione il suo unico scopo. Le riforme non saranno una passeggiata, ma siccome non ci sono alternative, sarà l’unica strada da percorrere per riformare un Paese, ad oggi, irriformabile.
Andrea Viscardi