Affitti Brevi, cambiano le regole: ecco cosa aspettarsi

La direttiva europea DAC7 ha introdotto delle novità che rischiano di ritorcersi contro gli operatori professionali. Ma come si sta muovendo il mercato? E quali sono le prospettive?

Arriva un consolidamento per il mercato degli affitti brevi dopo il boom registrato durante la pandemia, quando la necessità di tenersi lontani da luoghi troppo affollati ed il grande successo del turismo di prossimità avevano spinto la domanda di appartamenti in affitto per brevi periodi ed il proliferare di host desiderosi di mettere “a reddito” la seconda casa. Ma come stanno le cose oggi? Quali chance offre oggi questo mercato?

Il comune di Milano ha annunciato di recente un giro di vite sugli affitti brevi.

La ripartenza del turismo

La ripartenza del turismo alberghiero ha indubbiamente frenato i boom degli affitti brevi, che stanno ora consolidando la loro posizione nell’ambito delle varie soluzioni offerte per il turismo. Il numero di soluzioni abitative a disposizione per l’affitto breve/turistico è quasi raddoppiato nel 2022 rispetto all’anno prima, ma risulta ancora inferiore del 31% rispetto al periodo pre-Covid (anno 2019).

Secondo Idealista oltre agli effetti di coda della pandemia, sarebbe emersa una certa “stanchezza” da parte dei proprietari che, dopo gli entusiasmi iniziali, si sono resi conto che la gestione degli immobili in short rent è impegnativa, se non faticosa, e i rendimenti non sono stellari come sperato.

Di qui la spinta verso gli operatori specializzati. Il mercato degli affitti brevi è infatti composto da tre soggetti: le grandi piattaforme web come Airbnb o Booking.com, che lucrano una commissione del 15-20%, gli operatori professionali come Halldis e Cleanbnb, che garantiscono maggiori servizi (accoglienza, pulizie, ecc) e si riconoscono una commessione più alta attorno al 20-30% ed, infine, gli bost privati che rappresentano circa il 75% del mercato vacanziero.

Per approfondire il tema degli affitti brevi e delle procedure per gestirli leggi questo articolo.

Un mercato da 600 mila immobili

Secondo i dati raccolti dall’Ufficio studi di Locare su un totale di 6,6 milioni di seconde case disponibili per una gestione alternativa, tipo short rent,  circa 579mila sono offerte in affitto breve, ossia l’8,87% del totale; e di queste 212mila circa, cioè poco più di un terzo del totale, sono gestite tramite agenzie immobiliari o società specializzate.

Anche Halldis, storica società italiana attiva negli affitti brevi, attiva in più di 120 località italiane ed europee, stima che il mercato degli immobili destinati ad affitti bevi in Italia sia composto da circa 600mila immobili (elaborazione Halldis su dati Istat e Scenari Immobiliari 2021) ed il valore delle compravendite online del comparto extralberghiero nel nostro Paese, la terza piazza mondiale del mercato degli affitti brevi, preceduta solo da USA e Francia, si aggiri attorno ai 3 miliardi di euro (fonte: Osservatorio Digitale Politecnico Milano, 2021). Un comparto in cui si stima che operino 25mila gestori professionali, il cui giro d’affari valore è pari a circa 1,2 miliardi di euro.

Ma quanto costa un appartamento in affitto breve?

Considerando un bilocale con quattro posti letto, che risulta essere la dimensione più richiesta per l’affitto breve, Idealista segnala che, nelle località turistiche, l’affitto settimanale medio richiesto possa variare da 800 a 2.400 euro la settimana a seconda della località.

I rendimenti, in media, sono compresi in un range fra 4,6 e il 6,7% lordo annuo.

Per l’anno in corso i principali operatori di settore si attendono un incremento dei canoni medi richiesti in linea con l’andamento dell’inflazione, attesa attorno al 6,3% nel 2023.

Cambiano le regole

Le regole del settore stanno cambiando, non solo dal lato fiscale, dove vi sono nuovi obblighi di comunicazione all’Agenzia delle Entrate, quanto dal punto di vista della gestione amministrativa. La nuova direttiva europea sulla cooperazione amministrativa (DAC7) annunciata a novembre 2022 prevede infatti che chi affitta una proprietà su una piattaforma (Airbnb, Booking, ecc.) debba comunicare all’apposito registro nazionale di ciascuno Stato membro il proprio transato (per il 2023 la comunicazione dovrà arrivare entro il 31 gennaio 2024). I dati così raccolti confluiranno in un unico database europeo.

Una scelta che preoccupa i gestori professionali di immobili, che temono di vedersi tassare molto più di quanto effettivamente incassato. “Sarà compito del legislatore nazionale definire bene le regole attuative della normativa comunitaria e su questo punto analizzare bene il mercato e dare un senso concreto ed equo a questa iniziativa “, sottolinea Vincenzo Cella, managing director di Halldis.

“L’attività di property management è un business a bassa marginalità e quindi impone la scalabilità di processi e dimensioni per fare ricavi e coprire costi fissi. La possibilità di scalare richiede un quadro normativo incentivante, stabile, non frammentato”, spiega  Michele Diamantini, CEO di Halldis, aggiungendo “è importante non frenare un settore in forte crescita che riesce a dare valore agli investimenti immobiliari, creare posti di lavoro, avere forte ricadute sul territorio”.

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