Afghanistan, Di Maio: “Quando gli Usa lasceranno Kabul andremo via anche noi”

Roma seguirà Washington. Quando i soldati americani lasceranno l’Afghanistan saranno immediatamente seguiti da quelli italiani. La conferma arriva dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. “Dopo che gli americani avranno lasciato l’aeroporto di Kabul non sarà comunque possibile, né per noi né per alcun Paese dell’Alleanza, mantenere una qualunque presenza all’aeroporto”.

L’Italia non è stata in Afghanistan “invano” ha detto Di Maio, sottolineando che “in questi 20 anni abbiamo contribuito a mantenere la stabilità regionale, contrastare il terrorismo, favorire più istruzione, diritti e libertà per il popolo afghano”.

“È proprio questa consapevolezza a spronarci a fare il possibile perché quei diritti non vengano ora brutalmente cancellati”, ha detto il ministro, ringraziando “i tanti italiani che hanno lavorato instancabilmente e persino sacrificato la loro vita per offrire un futuro migliore all’Afghanistan”.

“Abbiamo portato in Italia quasi 2.700 afghani, principalmente collaboratori delle istituzioni italiane, a partire dal nostro contingente militare, e loro familiari”, ha aggiunto Di Maio, sottolineando che il numero “è destinato a crescere, considerati circa mille afghani già in sicurezza in aeroporto e previsti imbarcarsi sui prossimi voli italiani”.

“E’ chiaro – ha poi sottolineato il ministro – che crescerà la domanda di accoglienza di rifugiati e migranti dall’Afghanistan, in primo luogo nei Paesi limitrofi, ma anche per l’Europa. È altrettanto evidente che non possono esistere soltanto soluzioni nazionali a un’emergenza di tale ampiezza. È perciò necessario che l’Unione Europea, al di là della gestione dell’emergenza, metta a punto una risposta comune, in stretto raccordo con i partner della regione”.

“Realizzare corridoi umanitari dallo stesso Paese d’origine dei rifugiati necessita della non scontata collaborazione delle autorità locali e può esporre al pericolo proprio coloro che vorremmo proteggere, perché i Talebani avrebbero le liste con i loro nomi”, ha continuato Di Maio, sottolineando come “l’Italia deve essere orgogliosa dell’operato dei suoi diplomatici, militari e cooperanti. Servitori dello Stato e del bene comune che hanno aiutato il popolo afghano in questi venti anni e che in queste ore stanno continuando a dare il massimo a Kabul, nonostante condizioni drammatiche”.

“La nostra presenza congiunta, con l’ambasciata italiana a Kabul, l’agenzia di cooperazione allo sviluppo, le organizzazioni non governative e il nostro contingente a supporto di queste attività, ha consentito di poter svolgere numerosi progetti a sostegno delle donne e per la scolarizzazione dei bambini, per la costruzione di pozzi, scuole, strade e reti elettriche – ha rivendicato il titolare della Farnesina – Li abbiamo realizzati con un approccio unico al mondo, quello che tutti definiscono l’’Italian Way’. Voglio ringraziare ogni singolo operatore italiano per il lavoro fatto e per il lavoro che sta ancora facendo in quell’area”.

“La messa in sicurezza di quanti hanno collaborato a vario titolo con la comunità internazionale e di personalità che si sono esposte a favore dei diritti umani e civili è un dovere morale e deve rimanere al centro dei nostri sforzi”, ha detto ancora. “La crisi in Afghanistan è tanto drammatica quanto complessa. Non vi sono risposte immediate né facili. Ma una cosa è certa: abbiamo il dovere morale di non voltare le spalle al popolo afghano”, ha rimarcato il titolare della Farnesina.

“A tempo debito, non potremo e non dovremo esimerci – come Occidente, come Europa, come Nato – da una riflessione approfondita sulle lezioni da apprendere. Una riflessione che deve partire dal riconoscimento obiettivo delle nostre responsabilità, ma anche dalla consapevolezza di non essere stati in Afghanistan invano”, ha detto ancora il ministro, secondo il quale “la fragilità delle istituzioni afghane, la liquefazione istantanea delle forze armate locali, l’inaffidabilità delle previsioni sulla loro tenuta sono sotto gli occhi di tutti. Ma è anche vero che in questi 20 anni abbiamo contribuito a mantenere la stabilità regionale, contrastare il terrorismo, favorire più istruzione, diritti e libertà per il popolo afghano. È proprio questa consapevolezza a spronarci a fare il possibile perché quei diritti non vengano ora brutalmente cancellati”.

Nella visione italiana, “l’approccio della comunità internazionale, a cominciare dall’Europa, dovrebbe articolarsi attorno a cinque priorità: protezione dei civili, tutela dei diritti umani, gestione dell’impatto migratorio, accesso umanitario, contrasto al terrorismo. La priorità più urgente è quella di realizzare il maggior numero possibile di evacuazioni e proteggere i civili”, ha spiegato quindi il ministro.

“La presenza occidentale – ha detto ancora Di Maio – ha garantito in questi 20 anni importanti passi avanti per il popolo afghano. L’immagine straziante delle donne afghane che lanciano i propri figli oltre il filo spinato, affidandoli ai soldati occidentali, dice del loro terrore, ma anche della fiducia che continuano a riporre in noi. Il grido di dolore degli afghani ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica l’importanza della cooperazione allo sviluppo e dei corridoi umanitari. All’emozione che tutti noi proviamo devono seguire fatti. Spero davvero che il Parlamento possa rispondere concretamente a questa immane tragedia approvando l’aumento delle risorse della cooperazione allo sviluppo”.

“Nonostante il precipitare degli eventi a Kabul, con le milizie talebane che stavano entrando in città e prendevano il controllo delle principali strade verso l’aeroporto, l’Italia è stata tra i primi Paesi ad attivare un efficace ponte aereo”, ha spiegato.

“Non possiamo permettere che il Paese torni ad essere un rifugio sicuro e un terreno fertile per gruppi terroristici, una base da cui pianificare attacchi e una minaccia alla sicurezza internazionale”, ha quindi rimarcato il ministro. “Dovremo trovare alleanze e coinvolgere tutti gli attori, specie quelli della regione, che condividono questa stessa preoccupazione, oltre a Russia e Cina”, ha aggiunto.

“La presenza in territorio afghano di gruppi affiliati ad Al-Qaeda e a Daesh e l’incertezza sull’atteggiamento della leadership talebana nei loro confronti sono elementi che destano preoccupazione nella Comunità internazionale”. E’ l’avvertimento lanciato dal ministro degli Esteri, sottolineando come “Al Qaeda, pur indebolita, è ancora viva e può contare sull’ambiguità del rapporto coi Talebani e sulla loro incapacità di controllare efficacemente l’intero territorio afghano. Daesh, al contrario, si è sempre mantenuto su posizioni antagoniste”.

“Sta tornando di moda una narrazione semplicistica e parziale della realtà, che punta il dito contro un unico Paese: gli Stati Uniti. E oggi contribuisce a fomentare pulsioni antioccidentali, anche nell’opinione pubblica europea. Peraltro, in un momento di grande fragilità collettiva legata alla pandemia”, ha quindi aggiunto Di Maio.

“Chi indebolisce la comunità euro-atlantica deve essere consapevole che ad essa non vi sono alternative. Finita questa Alleanza non ve ne sarà un’altra”.

“L’Occidente deve evitare di lasciare un vuoto, che altri protagonisti geopolitici possano occupare indisturbati, alimentando oltretutto una propaganda che punta a minare la credibilità delle nostre democrazie”. Ed ha aggiunto. “L’Occidente ha commesso errori ma anche conseguito risultati, come l’affermazione dei diritti civili e sociali, soprattutto delle donne, diritti che oggi si scontrano con la radicata e radicale intolleranza del movimento talebano”.

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